Dai criteri e tecniche per rilevare le informazioni aziendali alla creazione di una vera e propria storia dell’apprendimento: il disegno di un enterprise portal, che si basa sulla memorizzazione e la consultazione dei documenti, deve essere improntato alla gestione della conoscenza
Propedeutica a un progetto di raccolta, gestione e
diffusione della conoscenza aziendale è una visione mirata alle future
necessità aziendali. Tramite un’analisi dettagliata di “dove l’azienda vuole
andare” si rilevano le competenze necessarie a percorrere la strada
prospettata e si impara come impostare gli strumenti di scambio di
conoscenza, come gli Eip. Fondamentale, quindi, è la rilevazione degli
attuali skill aziendali, per rilevare le inevitabili necessità
future.
Rilevare le competenze individuali, sia quelle correnti che
quelle potenziali, non è però così agevole: non è sufficiente analizzare le
attuali mansioni svolte da ognuno, è necessario anche riconoscere quali
sono le capacità insite in ogni persona: la diffusione di questionari
riguardanti, tra l’altro, anche le attività extra lavorative consente a
volte di scoprire di possedere già, nell’organizzazione, tutte o parte delle
competenze ritenute necessarie per sviluppi organizzativi futuri.
Là dove
le competenze cercate non risultano già presenti si presentano alternative
come sviluppare o riconvertire le risorse interne (in questo caso è
necessario verificare la disponibilità delle persone al cambiamento,
svolgendo, se necessario, opportune azioni di persuasione e coinvolgimento);
rivolgersi al mercato; modificare, ridimensionare o annullare parte dei
piani aziendali.
Delle tre casistiche elencate, la terza non è peregrina:
anzi, sempre più spesso le aziende devono ridurre o rimandare a un futuro
più o meno remoto i propri piani relativi a progetti “high tech”
(e-commerce, marketplace, supply chain integrata) proprio per la
strutturale carenza di risorse opportunamente skillate presenti sul
mercato nazionale.
In realtà, se è lecito spendere miliardi per risorse
hard (impianti, edifici, macchinari) con l’obiettivo di ottimizzare i
processi produttivi aziendali, è altrettanto lecito investire di più per lo
sviluppo di progetti soft, ad esempio quelli high tech già citati.
Ciò
in pratica si traduce o nell’effettuare massicce campagne di istruzione
interna o, di converso, remunerare di più le risorse critiche di progetto
rilevate all’esterno: da questo punto di vista però le imprese troppo spesso
nicchiano, vuoi perché non ancora pienamente convinte della necessità
dell’investimento vuoi perché il valore del know how umano è ancora troppo
spesso sottovalutato.
Le sempre maggiori necessità di skill portano alla
filosofia dell’apprendimento continuo, che, maturando a partire dalla
dinamicità del contesto in cui viene a operare l’organizzazione,
introducono il concetto di “learning organization”.
Con questo termine ci
si riferisce a una struttura organizzativa che nel complesso sviluppa delle
pratiche (ma potremmo anche dire una “cultura di lavoro”) volte a sviluppare
conoscenze e continue modifiche alle routine, al fine di assicurare
all’organizzazione stessa una migliore capacità di adattamento e di risposta
alle perturbazioni imposte dall’ambiente esterno.
Secondo la definizione
di Stuart Pedler, la learning organization è “un’organizzazione che facilita
l’apprendimento di tutti i suoi membri e continuamente trasforma se stessa”.
Non è sufficiente mobilitare risorse e investimenti formativi per poter
attribuire a un’organizzazione la definizione di organizzazione che
apprende: è “normale” vedere organizzazioni che investono parecchie
giornate/uomo per corsi di formazione che non sono in linea con la vision
aziendale ma che vengono svolti semplicemente per “rispettare il budget” e
dimostrare alle alte sfere dirigenziali che i piani di apprendimento
previsti a budget sono rigorosamente rispettati.
Cos’è la Learning history
Con
Learning History (Lh) si intende un documento che illustra la metodologia
utilizzata, in un generico processo, da uno o più “champion”, cioè persone
che hanno condotto alla conclusione, con successo, una determinata attività
all’interno dell’azienda.
La tipologia di azioni/processi considerata può
essere la più varia: da una metodologia di vendita a un processo decisionale
di acquisto, da un percorso seguito per un progetto a una serie di step
utilizzati per la valutazione del personale.
I criteri guida utilizzati
per determinare “cosa” storicizzare sono sostanzialmente i seguenti:
* Le
fasi del processo comportamentale in studio hanno avuto un esito
favorevole;
* Il processo non è univoco in ambito aziendale ma è
ripetibile da più membri dell’organizzazione;
* Il “champion” aziendale è
disponibile (cioè incentivato) a raccontare ad altri le proprie esperienze
di successo, analizzandone in dettaglio le fasi costituenti.
Una Lh si
presenta in genere come un documento di svariate pagine, anche più di 100
per processi particolarmente complessi, in cui è descritto un avvenimento
aziendale, narrato dalle voci di coloro che ne sono stati
partecipi.
Quali i vantaggi di tutto ciò? Un’organizzazione che decide di
memorizzare le proprie esperienze e di renderle condivisibili ottiene
come indiscutibile beneficio un “database della conoscenza aziendale”,
il che consente, là dove se ne presenta l’occasione, di sfruttare nuovamente
le esperienze passate senza dovere, ogni volta, ricominciare da zero. La
documentazione di processo lasciata dai “pionieri”, opportunamente
interpretata e interiorizzata, rappresenta un sentiero già tracciato che è
opportuno ripercorrere là dove si presenta un’analoga tipologia di
percorso.
Vediamo ora come potrebbe essere progettato un documento
adatto allo scopo. In genere si utilizza un formato a due colonne, in cui in
una i partecipanti raccontano come hanno gestito le loro fasi di
processo, descrivendo le loro assunzioni, percezioni, conclusioni,
mentre nell’altra i lettori aggiungono proprie osservazioni, dubbi,
perplessità, domande in modo da chiarire completamente le azioni
svolte.
Consultare i documenti
Il
valore intrinseco di una Lh nasce non solo dal documento scritto ma anche
dal processo di costruzione e di consultazione costruito attorno a esso.
Nella fase di stesura della documentazione, per esempio, la domanda da porsi
è: quali “notevoli risultati” sono stati raggiunti grazie alla history? Con
“notevoli risultati” si intendono sia quelli hard, come ad esempio una
diminuzione dei costi di manutenzione di periodo del 10%, sia quelli soft,
difficilmente misurabili ma ugualmente importanti per l’organizzazione:
maggior coesione di gruppo, incremento di leadership del capo progetto,
aumento del grado di “sicurezza” propria delle persone coinvolte.
Una Lh,
inoltre, può contenere anche differenti interpretazioni dei risultati
ottenuti, scritte dai diversi partecipanti al processo storicizzato. E
completato il documento, anche i membri dell’organizzazione esterni al team
sono in grado di apprenderne i principi cognitivi contenuti.
Fare una check list
Nello
sviluppo di una Lh l’impresa deve cercare di muoversi oltre il concetto
tradizionale di “lezione imparata” che in genere le si abbina. Un modello di
comportamento archiviato in un database consente di evitare il ripetersi di
vecchi errori e può costituire una pietra miliare nella storia
dell’organizzazione.
Ma questi report sono troppo spesso archiviati e
dimenticati: per evitare attività fini a se stesse è allora opportuno tener
presenti gli spunti che seguono e che caratterizzano una Lh correttamente
strutturata:
* utilizza solo gli eventi che sono considerabili
significativi.
Anche gli accadimenti che non hanno ottenuto esito positivo
possono essere considerati tali, però in questi casi risulta molto più
complesso definirne i contorni per l’ovvia ritrosia nel racconto che si
riscontra nei protagonisti. Per la gestione di quest’ultimo punto è
pensabile inserire un ulteriore paragrafo nel documento scritto in forma
anonima, senza la firma del relatore;
* è creata da un team di persone, sia
interne che esterne al gruppo del progetto. Quest’ultimo identifica i futuri
utilizzatori del documento, anticipandone dubbi e perplessità;
* è
disponibile per tutta l’organizzazione e quindi chiunque, in qualunque
momento, è in grado di prelevarne le informazioni ed eventualmente
aggiungere osservazioni proprie;
* il mansionario delle attività aziendali
contiene sia l’attività di stesura della learning history, sia la fase di
consultazione: un progetto significativo , quindi, deve iniziare con lo
studio delle memorie aziendali, ovviamente se esistono, e concludersi con la
loro stesura ex novo (in caso di “prima volta”) o con integrazioni e
modifiche di quanto già presente.
In conclusione, questa e altre tecniche
di gestione della conoscenza risultano valide solo se l’azienda dedica a
esse un interesse costante e continuo. La “fiammata” di entusiasmo iniziale,
seguita inevitabilmente da un più o meno rapido decadimento di interesse,
porta a prematuri abbandoni delle tecniche Lh, spesso prima ancora di
aver affinato le fasi di rilevazione delle attività e di averne
pienamente apprezzato i risultati.