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Fare business con l’opensource, le sette regole chiave

L’opensource è oggi l’emblema della trasformazione digitale, perchè è, al tempo stesso, software, servizio e modello di business.

Oggi ogni azienda che vuole prosperare deve essere una società di software, si tende da dire, e chi fa software cresce, più del mercato, osservano gli analisti.

Quindi la testimonianza di un’azienda come Red Hat, che ha costruito la propria fortuna di business sui tre elementi di cui sopra (opensource, servizio e modello di business) e che è stata acquistata da Ibm per 34 miliardi di dollari, diventa importante.

Ancora di più lo è quando si sta aprendo un mondo di business in cui i legami fra software e Tlc sono sempre più stretti, come conferma il recente accordo che Ibm stessa ha fatto con Vodafone per il cloud al tempo del 5G.

Il livello di conoscenza tecnologica oggi richiesto a chi fornisce servizi è cresciuto notevolmente Grazie a un ecosistema sempre più diversificato e collaborativo si ha maggior libertà di scelta ma quale è il giusto equilibrio tra l’utilizzare al meglio le proprie risorse e rivolgersi all’esterno?

Susan James, senior director of telecommunications strategy di Red Hat

Susan James, senior director of telecommunications strategy di Red Hat, ci spiega quali sono le chiavi che hanno consentito alla società di puntare sull’opensource e costruire un modello di servizi.

Chiavi di lettura per certi versi possono intendersi anche indirizzate a Ibm, perché faccia sì che il modello di business iniziato da Red Hat possa continuare nel tempo.

Le sette regole del business opensource

La prima cosa è focalizzarsi sul core business.

«Esaminate con attenzione ciò che vi contraddistingue dagli altri e massimizzate queste caratteristiche. Quando conoscete i vostri punti di forza potete facilmente valutare cosa fare da soli e quali attività delegare a terzi», spiega James.

Poi bisogna diversificare.

La cronica carenza di skill (c’è sempre stata, ci sarà sempre) richiede che ci si apra a differenti tipologie di competenze e prospettive che potrebbero aiutare a comprendere quanto la nostra base clienti possa essere diversificata. «Non è necessario essere ingegneri per usare il software, o per svilupparlo. Questo approccio vale quando si assume, ma anche quando si è alla ricerca di un partner»

Terzo: scegliere i thought leader.

Chi è un thought leader? È una persona che non solo è in grado di risolvere gli attuali problemi tecnologici, ma riconosce l’esigenza di plasmare l’organizzazione al fine di disporre della capacità di cogliere future opportunità inattese. Come ha insegnato ai suoi collaboratori il Ceo di Red Hat, Jim Whitehurst, si deve creare un’attitudine di tipo organizing for innovation. Bisogna sviluppare un approccio e i meccanismi che abilitano un’azienda a muoversi e a cambiare più rapidamente.

Condividere la propria filosofia con i partner.

«Chiedetevi con quali partner volete essere associati – dice James – e quale la percezione desiderata sul mercato. E scegliete di collaborare con chi ha dei valori allineati con i vostri. Cercate un partner che sia complementare con ciò che volete per il vostro business».

Onestà in primo piano.

«Alcuni sostengono che la misura della vera amicizia sta nell’avere il coraggio di dire la verità, e lo stesso si applica negli affari -dice James -. Essere onesti e trasparenti consente di crescere insieme. Quando valutate un potenziale partner, determinate la loro partecipazione nelle comunità opensource e siate molto chiari sull’importanza di mantenere una comunicazione aperta».

Sesta regola: stabilire chiari modelli di partner engagement.

La relazione con un partner può avere molte sfaccettature. Collaborare nello sviluppo opensource è diverso che lavorare con quello stesso partner su temi business. «Le comunità upstream si focalizzano su iterazione rapida, creatività e innovazione. Portare un prodotto sul mercato invece ha a che fare con affidabilità, sicurezza e prestazioni – spiega James -. Quindi siate chiari sin dall’inizio in termini di engagement model e che cosa costituisce il successo in ogni area. Per entrambi la situazione deve essere win-win».

Ultima regola, ma forse la più importante: comprendere l’opensource.

Le tecnologie opensource possono essere sfruttate in modi diversi ed è importante comprendere come utilizzi diversi possono impattare il business.

Scegliere un software supportato, ossia una versione enterprise del software della comunità opensource, richiede il pagamento di una sottoscrizione a un software vendor, che si occupa di stabilizzarlo, certificarlo, renderlo sicuro e fornire indicazioni circa la sua integrazione in ambienti esistenti.

I vendor che non rendono disponibili i cambiamenti ai progetti upstream non sono più in sincronia con la community, di conseguenza non possono più sfruttarne l’innovazione. «Siate quindi aperti a competenze diverse e onesti con la vostra organizzazione e i vostri partner circa cosa funziona e cosa no – chiosa James -. Sono tutte strategie di lungo periodo che vi posizioneranno al meglio per il successo».

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