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Facebook, dopo la privacy mette mano all’adv

Facebook limiterà la quantità di dati che mette a disposizione degli inserzionisti che acquistano annunci targettizzati sul social network.

Più specificamente, la società ha affermato che smetterà di utilizzare dati di aggregatori di dati di terze parti, cioè di aziende come Experian e Acxiom, per integrare il proprio set di dati per il targeting degli annunci, mentre per misurare l’adv continuerà ad affidarsi a partner esterni.

In precedenza Facebook permetteva agli inserzionisti di utilizzare dati da diverse fonti: dati provenienti direttamente dal social, che l’azienda raccoglie dall’attività e dai profili degli utenti; dati dell’inserzionista stesso, come le email dei clienti raccolte direttamente; dati provenienti da servizi di terze parti, come appunto Experian e Acxiom, che Facebook utilizzava per integrare il proprio set di dati.

Proprio questo terzo set di dati è principalmente utile agli inserzionisti, che potrebbero non disporre dei dati dei propri clienti, come le piccole imprese o le aziende di beni di largo consumo, che vendono i loro prodotti attraverso i retailer.

Ma ora Facebook cambia il suo rapporto con queste terze parti e l’operazione va inserita nel novero di quelle che sono iniziate dopo lo scandalo di Cambridge Analytica e che hanno riguardato direttamente la semplificazione delle impostazioni della privacy e, più lateralmente, il fact checking di foto e video.

Si pensa che Facebook abbia meno controllo su dove e come queste aziende raccolgono i loro dati, il che rende il loro utilizzo più rischioso.

Una dichiarazione attribuita al direttore marketing di prodotto, Graham Mudd riporta che Facebook vuole “far sapere agli inserzionisti che chiuderemo le categorie di partner. Questo prodotto consente a fornitori di dati terzi di offrire il loro targeting direttamente su Facebook. Anche se questa è una pratica comune del settore, crediamo che questo passo, che si concluderà nei prossimi sei mesi, contribuirà a migliorare la privacy delle persone“.

Peraltro, si osserva, se fosse stata presa in precedenza, la decisione di Facebook di smettere di utilizzare fornitori di dati terzi per il targeting non avrebbe influenzato l’esito dello scandalo di Cambridge Analytica, in cui l’azienda esterna ha raccolto i dati personali di circa 50 milioni di utenti di Facebook senza il loro permesso.

Piuttosto, l’azione è indicativa di uno sforzo più ampio da parte della società per ripulire le sue pratiche di dati restituiti da utenti, inserzionisti e investitori.

 

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