Export, il 50% è trainato dalle Pmi

Il valore nei settori tradizionali del Made in Italy è addirittura prossimo al 70%. Lo afferma una ricerca realizzata dal Centro Studi Cna in collaborazione con il Centro Tedis della Venice International University.

Secondo una ricerca realizzata dal Centro Studi CNA, in collaborazione con il
Centro TeDIS della Venice International University, il contributo alle
esportazioni proveniente dalle imprese piccole e medie è pari al 50% del
totale. Tale valore,  nei settori tradizionali del Made in Italy, arriva al 70%.

Nonostante la limitata incidenza delle esportazioni rispetto al fatturato
totale, le Pmi presentano una proiezione internazionale che, a partire dal
segmento di imprese con meno di dieci dipendenti, appare notevole: nel 2008
circa 45.000 imprese con una media di 4,5 addetti hanno realizzato più del 20%
del proprio fatturato all’estero.

Anche la distanza geografica dei mercati di sbocco non sembra costituire un
vincolo insuperabile per le piccole e medie imprese italiane. Queste, infatti,
si trovano a operare anche in mercati extra-europei con quote di export
analoghe a quelle realizzate dalle imprese medio-grandi.

Tra le esportatrici, le aziende più piccole sono anche quelle che
hanno pagato il prezzo più alto alla recessione globale del 2009. Tra il 2008 e
2009 infatti, il numero di micro-imprese esportatrici si è ridotto di quasi 30
punti percentuali, una variazione che equivale a una riduzione di oltre 13mila
unità.

Le micro-imprese sono però quelle che meglio delle altre hanno contenuto la
caduta delle esportazioni e, anche per la maggiore flessibilità derivante
proprio dalla piccola dimensione, pur avendo patito in maniera più accentuata
gli effetti della crisi del biennio 2008-2009, hanno saputo approfittare al
meglio della ripresa del commercio mondiale del 2010, recuperando per prime i
livelli di export pre-crisi.

L’innovazione e la qualità, sono emersi come i fattori determinanti per
superare la crisi che ha investito il sistema delle imprese a partire dal 2008.
Le imprese che hanno investito nell’ultimo triennio sui mercati esteri appaiono
infatti le più performanti. L’innovazione di processo e di prodotto anche
attraverso il ricorso ai brevetti, l’investimento sulla qualità anche di tipo ambientale
hanno costituito il presupposto per ottenere risultati economici positivi sui
mercati internazionali.

L’adozione di modelli e strumenti innovativi di promozione, secondo la Cna, può aumentare
considerevolmente il numero delle imprese esportatrici e la quota di fatturato
realizzato sui mercati esteri, con positivi effetti sulla crescita del Pil. E’ necessario rinnovare le politiche e gli strumenti in grado di supportare
una vasta ed eterogenea platea di interlocutori con esigenze specifiche con
azioni di policy intese a rafforzare la posizione competitiva delle piccole e
medie imprese sui mercati internazionali che non possono rappresentare la
semplice “miniaturizzazione” dei tradizionali strumenti messi a disposizione
della grande impresa internazionale.

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