Export cooperativo, scelta vincente per competere all’estero

Per le imprese interessate a operare sui mercati esteri è importante aggregarsi per acquisire una maggiore taglia dimensionale e accrescere la produttività. Ma è anche bene seguire alcuni altri accorgimenti che possono assumere una rilevanza strategica.

I Brics
sono certamente un punto di riferimento, ma in Turchia esportiamo più che in Russia e in Egitto più che
in Brasile, sia come valore sia come numero di primati raggiunti
“. Con questa affermazione, Carlo Marinoni, senior
partner di Gea, vuole evidenziare come sia importante puntare sui paesi a forte cescita ma anche che questi non sono le uniche opportunità per chi intende puntare sull’export.

I Next 11 – aggiunge Marinoni – possono avere non solo una dinamica di crescita
futura comparabile con quella dei Brics, ma possono anche essere più coerenti
con la taglia della Pmi italiana
“.

Per operare su questi mercati, però, occorre conoscerli e prendere in
considerazione le possibilità offerte dall’export
cooperativo
per acquisire maggiore taglia dimensionale e per
accrescere la produttività e non aspettarsi risultati immediati
– ha spiegato
Andrea Carrara, managing partner di Gea -. Le aziende interessate
all’estero devono avvalersi della collaborazione di persone che abbiano una
proiezione verso l’export,
che f
acciano propria la cultura del cambiamento, che sappiano mettersi in
discussione e riadattare l’offerta
.

I punti di forza dei nostri prodotti sono
riconosciuti dovunque
– ha aggiunto Marinoni ma se esportiamo, dobbiamo mantenere
la nostra identità
, l’italianità, saperendo però andare incontro al
gusto locale e
facendoci capire.

Per esempio, in
alcuni casi, si dovrà rivedere il packaging, adattare le misure delle
confezioni e del prodotto alle esigenze di consumo del luogo dove si esporta
,
arrivando anche a cercare una traduzione del marchio.

Un punto irrinunciabile è lo studio del
paese di sbocco con tecniche economicamente accettabili. Un aiuto potrebbe arrivare dai cosidetti approcci crowd wisdom, che prevedono di sfruttare le
potenzialità espresse dalle comunità straniere già presenti in Italia.

Occorre
una strategia dell’innovazione solida, per
cui un sito internet in lingua, meglio se con custode
un service locale. “Oltre al prodotto – ha proseguito Marinoni – occorre
ripensare al business model e chiedersi se esistono
opportunità sul ciclo di vita del prodotto tra i paesi sviluppati e i Next 11 e forme di vendita e pagamento cautelanti,
che facilitano la transizione. Infine sarebbe bene ripensare la catena logistica della fornitura
“.

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