Enterprise Portal, l’occasione per riorganizzare l’azienda

Il concetto di portale d’impresa sta conoscendo un vero e proprio boom. Non bisogna dimenticare, però, che la sua implementazione comporta la revisione delle logiche di processo. Gli elementi in gioco sfondano nel campo dell’Enterprise application integration

Troppa informazione uccide l’informazione. I decenni passati sono stati caratterizzati dal proliferare delle intranet aziendali, dato che ogni dipartimento tendeva a realizzarne una propria. Risultato: centinaia di intranet si sono trovate a coesistere in molte grandi aziende, spesso contenenti dati ridondanti. Queste vere e proprie “officine” hanno rapidamente fatto perdere ogni speranza di trovare l’informazione necessaria, in un tempo ragionevole, anche agli utenti provvisti delle migliori intenzioni.
Fondamentalmente, da questa constatazione è nata l’idea di offire, a partire da un semplice browser Web, un punto di accesso unificato sia ai dati strutturati (registrati in database) che non strutturati (contenuti in documenti Word, in rapporti, in pagine Web e via dicendo), subordinandoli a funzionalità di ricerca e categorizzazione. Il marketing, poi, ha fatto il resto.
La soluzione “miracolosa”, che di lì a qualche tempo sarebbe nata, ha preso infine il nome di Enteprise information portal, o Eip, in virtù di un rapporto del 1998 di Merrill Lynch, che, per la prima volta, faceva riferimento a questa terminologia.
Un portale d’impresa può prendersi in carico non solo la distribuzione dei contenuti, con regole di accesso più o meno ristrette, ma anche aggregare applicazioni aziendali o software di collaboration. A seconda del peso specifico di questi ingredienti, si tratterà di portale documentale, applicativo o decisionale. In generale, il portale ideale deve essere in grado di integrare contenuti provenienti dalle intranet, dai database, dai datawarehouse, dalle piattaforme di gestione elettronica dei documenti, dal Web.
Un’ulteriore distinzione generale che riguarda il mondo dei portali la si può fare in funzione della comunità di utenti di destinazione. Si parla, per esempio, di portale B2E quando è destinato agli impiegati, di B2B quando gli interessati sono partner e fornitori, di B2C se si tratta di clienti.
Dal punto di vista delle funzionalità e dei contenuti, dunque, anche numerosi siti di commercio elettronico si possono considerare veri e propri portali.


Un mercato conteso

A fronte di questa “infatuazione” generale, molti attori si propongono oggi come fornitori di tecnologia per realizzare portali. I produttori storici di software per la gestione elettronica dei documenti (come Documentum e FileNet), affiancati dagli specialisti della descrizione e classificazione documentale (Autonomy, Verity) e da quelli dei sistemi di supporto alla decisione (come Business Objects e Cognos). Alla lista si aggiungono società nate come produttori di infrastrutture per siti di e-commerce e di publishing (Vignette, BroadVision), gli specialisti di middleware di integrazione (Tibco) e, ancora, di application server (Ibm, iPlanet) e di lavoro di gruppo (Lotus, Microsoft). Identificati come “pure player”, sono via via emersi anche alcuni nuovi protagonisti: tre su tutti, Interwover, Epicentric, Plumetree.
Le previsioni effettuate da Merrill Lynch nel 1998, tuttavia, si sono dimostrate eccessivamente ottimistiche: partendo da un mercato che allora si stimava (già in eccesso) pari a circa 4,4 miliardi di dollari, si prevedeva che durante il 2002 ci sarebbe stato addirittura il sorpasso delle applicazioni Eip su quelle Erp. La cosa, ovviamente, non è accaduta.
Dopo una prima generazione di enterprise portal, comunque, all’inizio del 2000 ne è arrivata rapidamente una seconda.
È con questa nuova ondata che si sono cominciati a distinguere i portali di accesso alle informazioni e alle applicazioni aziendali, che permettono anche di collegare gli utenti tra di loro (consultazione di esperti, creazione di comunità), quelli che offrono software e contenuti specifici per un gruppo di lavoro e, infine, quelli che riuniscono tutti questi aspetti.
In questo contesto, a fronte del proliferare di piccoli attori, si è parallelamente innescato un fenomeno di concentrazione. Sap, per esempio, ha acquistato Toptier, Citrix si è assicurata Sequoia e, nel frattempo, si sono stretti molti accordi Oem con i quali i differenti attori hanno cercato di completare la propria offerta. È difficile, dunque, pronosticare chi si imporrà nella partita. Le origini di ciascun attore, tuttavia, forniscono elementi importanti per valutare gli specifici atout.
Gli specialisti del content management, per esempio, hanno certamente dalla loro parte competenze nella gestione dei processi documentali. Facendo perno sulle proprie piattaforme middleware, i fornitori di infrastrutture offrono, da parte propria, la possibilità di integrare differenti fonti applicative, generalmente quelle che fanno parte dei sistemi Erp.
Vi sono, infine, i “puristi” del portale, che propongono soluzioni pacchettizzate, agevolando il lato implementazione. Lo standard Xml costituisce il denominatore comune a tutte queste differenti tecnologie, uniformando sotto un cappello descrittivo “neutro” dati derivanti da fonti eterogenee.
Si tratta, in sostanza, del formato di scambio per eccellenza. La sua universalità assicura, inoltre, la portabilità delle informazioni verso dispositivi multipli (Pda, telefoni Wap e via dicendo). L’approccio del “metadato”, infine, apre nuove prospettive per l’utilizzo integrato della voce e dei media video.


Un progetto multidisciplinare

Se dal punto di vista tecnologico si può parlare di una certa maturità, le problematiche di implementazione del portale si spostano sul campo dell’organizzazione.
Di primo acchito, rispetto alla realizzazione di una intranet, l’enterprise portal consente di evitare sviluppi specifici, grazie alle soluzioni chiavi in mano che offre il mercato. Ma, per contro, è necessario gestire l’implementazione con una meticolosità superiore a qualsiasi altro “cantiere” progettuale. Oltre alle ripercussioni sul sistema informativo, il portale ha un impatto sociale.
La sua messa in opera associa, infatti, la tecnologia informatica, l’ingegneria documentale, la comunicazione, la direzione delle risorse umane e la direzione generale. La sfida, in questo senso, non è più rappresentata dalla diffusione dei contenuti, ma dalla capacità di modellare i processi di business permettendo di automatizzare i flussi.
Ma il tutto deve essere fatto nel rispetto della cultura aziendale esistente, dato che un portale, in sé, non è che un software di integrazione dei servizi informativi, e non può esistere se non ha come substrato altre applicazioni, come la gestione documentale e il workflow. Anche nel caso in cui le funzionalità di un portale siano circoscritte alla gestione documentale, deve essere totalmente rivista la circolazione dell’informazione in azienda, dato che ogni impiegato è, contemporaneamente, utente passivo e attivo (alimenta, infatti, egli stesso la base dati).
Gli ostacoli alla messa in opera di un portale provengono spesso dai livelli gerarchici aziendali intermedi e, più in generale, da tutte le persone che sono particolarmente “gelose” delle propria conoscenza. A questo proposito, il management deve essere il primo a dare buon esempio. Anche se la riorganizzazione dei processi è spesso radicale, è consigliabile procedere in modo progressivo: meglio partire da necessità ben identificate e allargare gradualmente il perimetro, piuttosto che buttarsi di getto su un progetto faraonico.
È opportuno, allora, che il progetto sia il più possibile dettagliato fin dall’inizio, per non rischiare di disorientarsi nella varietà dell’offerta e nei domini applicativi coinvolti. Gli analisti sottolineano che un portale deve andare incontro man mano al proprio bacino di utenza, senza creare frustrazioni. A questo obiettivo “sociale” fa da supporto la personalizzazione, che persegue l’idea di portale variabile. Ovvero, esistono tanti portali quanti sono gli utenti connessi.

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