Elio Catania (Ibm) “Il Paese non può tardare a fare le sue scelte”

Secondo il Ceo della filiale italiana, è necessario fare un salto di qualità per allinearsi ai meccanismi di crescita che l’economia globale ci impone e completare il percorso di ammodernamento dello Stato. Innovazione tecnologica, mobilità dei mercati e del lavoro, tra le priorità.

Il presidente e amministratore delegato di Ibm Italia, Elio Catania afferma convinto che il Paese è ormai a una svolta, alludendo ai passi da compiere per completare il percorso dell’ammodernamento dello Stato e portare definitivamente l’Italia nell’era della società dell’informazione che, di fatto, fa da sfondo a quella molto concreta, e per certi versi temibile, della globalizzazione dei mercati. La priorità spetta alla produttività che è il cuore della competitività, conferma Catania, in piena sintonia con Confindustria. "Ci siamo finalmente resi conto – dice – che il Paese deve fare un salto di qualità per allinearsi ai meccanismi di crescita che l’economia globale ci pone davanti. Da questo punto di vista la rivoluzione di Internet, le nuove tecnologie, la crescita vertiginosa delle dotcom, sono tutti eventi che hanno impresso una forte accelerazione, ma anche la correzione, necessaria e profonda, che ha fatto vacillare le Borse e fibrillare i titoli tecnologici, è stata salutare, perché "ci ha messo tutti di fronte alla realtà, facendoci capire che l’opportunità, per le imprese e per i sistemi economici, è grande, ma va colta lavorando in profondità su due o tre temi cruciali che sono: l’innovazione tecnologica, la flessibilità dei mercati e del lavoro e la "mobilitazione" di quei top manager che non sanno capire i nuovi stimoli dell’era Internet. Quest’ultimo, sottolinea il Ceo di Ibm, è forse l’elemento più critico, ma anche il più importante. "La trasformazione che stiamo vivendo è profonda. Il mix esplosivo di globalizzazione e tecnologie, impone alle imprese, ma anche all’Amministrazione pubblica e alle università, un cambiamento culturale e organizzativo che comporta nuovi modelli di business e formativi, che ci obbligano a chiedere alla gente di lavorare in modo diverso, agli insegnanti di insegnare in modo diverso, agli amministratori pubblici di instaurare un rapporto diverso con il cittadino.


I paesi che hanno già vissuto questo cambiamento, sottolinea Catania, dimostrano che c’è bisogno di rinnovare i vertici che spesso diffidano del cambiamento, temendo di dover acquisire competenze tecniche. "Ma non si tratta di questo, quanto piuttosto di capire – prosegue – cosa si possa fare con l’ausilio delle tecnologie per migliorare i rapporti con il cittadino e le imprese. Internet permette di collegare persone e organizzazioni in modo facile, e questa semplicità di incontro apre orizzonti molto ampi.


Un processo semplificativo che quindi, in primis, deve essere compreso e condiviso dai vertici. Vi sono poi altre due condizioni importanti. Secondo Catania quando parliamo di innovazione tecnologica, stiamo dicendo di rendere queste tecnologie pervasive all’interno dell’organizzazione, di dotare tutte le persone di tecnologie per metterle in condizione di lavorare in modo diverso e, soprattutto, di realizzare infrastrutture più potenti e aperte.


La flessibilità è finalmente sul tappeto, riprende Catania, ma deve essere vista con occhi diversi, "perché la nuova economia esige una dinamica più intensa, una capacità decisionale che permetta di aggregare e disgregare risorse, di accedere a capitali di rischio, di far nascere e morire rapidamente le imprese.


Un cambiamento da cui non può essere esentato lo Stato che deve "rappresentare il modello di riferimento dello sviluppo, il faro del nuovo cammino che il Paese e le imprese devono compiere. La Pa dovrà fare la sua parte, così come le imprese, per risolvere i problemi di fondo. Oggi la Pa non consente al sistema economico di avere la dinamicità e flessibilità necessaria, ma già la precedente legislatura aveva ben identificato questi problemi. Adesso si tratta di risolverli, ma con gran velocità, per crescere in fretta, per continuare a occupare e mantenere un ruolo di rilievo in Europa. Si possono, ad esempio, interconnettere le Pa comunitarie, come prospetta da tempo il segretario generale del ministero degli Esteri, ambasciatore Umberto Vattani. È un progetto realizzabile, se si parte "con gran pragmatismo, – sottolinea il manager – da applicazioni semplici, ma ad alto impatto. La chiave di volta è essere molto puntuali, avere una visione, ma anche realizzare cose semplici e concrete, che diano un risultato immediato. Collegare le tante Pubbliche amministrazioni cominciando da applicazioni semplici, sarebbe certo un buon inizio. Del resto, nella Pa è in atto il processo dell’e-government, che altro non è che l’e-business trasferito al pubblico. Ma a monte di questo si deve attuare la semplificazione di alcuni procedimenti, la formazione del personale, la revisione dei processi amministrativi, la velocizzazione delle risposte al cittadino e alle imprese. E l’integrazione a livello europeo potrebbe essere di grande aiuto al compimento di tutto questo.

Consentire la mobilità


Un altro punto da mettere in agenda è la semplificazione dei carichi amministrativi per il commercio tra paesi, la movimentazione di beni e servizi "perché – aggiunge Catania – non ci sarà mai un mercato unico se non si realizza la mobilità delle persone>. Cosa manca, in concreto? Un database comune per identificare con certezza la forza lavoro e consentire, di fatto, la mobilità. Basta poco per dare il senso del cambiamento e questo si può fare nell’ambito dell’infrastruttura europea, ma anche all’interno del nostro Paese.


L’allargamento a Est e il ruolo di ponte che l’Italia può svolgere nei confronti dei paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo sono temi cui guarda con attenzione il mondo dell’Ict. Catania conviene che è "proprio questo salto di tecnologie che ci permette di giocare un ruolo ancora più impegnativo e spiega: "A cosa penso? Alla logistica. Quando parliamo di tecnologie, di Internet, di e-commerce, di B2B, intendiamo affrontare un grosso problema logistico. Se siamo in grado di creare il network digitale, potenziando le capacità infrastrutturali, i porti, integrando le modalità di trasporto, sarà naturale che il mercato del Mediterraneo graviti sull’Italia. Ci sono già due o tre porti (tra i quali quello di Catania, ndr) che si stanno muovendo in questo senso. Ma solo chi arriva prima vince e se non saremo capaci di farlo noi, lo farà qualcun altro>. A chi gli domanda come s’inquadra Ibm in questo scenario, il Ceo di Ibm spiega che "cinque anni fa l’azienda ha fatto una scelta che sembrava una scommessa, ridisegnandosi con Internet e le tecnologie di rete. Inventammo apposta il termine e-business e oggi quella scommessa paga. Ma prima l’abbiamo implementata al nostro interno, ottenendo risultati formidabili, risparmiando centinaia di milioni di dollari in logistica, acquisti, e-learning, rapporto con i clienti, redazione degli inventari. Abbiamo veramente cambiato pelle. Ora stiamo portando quest’esperienza sul mercato. Quale sarà il futuro per l’industria dell’Ict? Secondo Catania, le direzioni possibili sono tre. La prima riguarda le tecnologie di supporto all’infrastruttura: "È il nostro mestiere creare piattaforme solide, sicure, capaci di gestire picchi di volumi inattesi. La seconda impegna il software che, in un mondo dove la necessità di integrazione è molto forte, gioca un ruolo importantissimo. "Stiamo riscoprendo il valore della sistemistica di trent’anni fa, rivisitandola con le conoscenze del 2000 – commenta Catania -. Abbiamo investito e continuiamo a investire miliardi di dollari proprio su software di integrazione, nostri e dei nostri partner, per realizzare il "collante" più innovativo per le piattaforme tecnologiche dell’infrastruttura. L’ultimo segmento di punta è la ricerca di forme più avanzate di servizi, un campo in cui anche le frontiere dell’outsourcing si spostano sempre più avanti. Se si mette insieme questi tre elementi, tecnologie complesse per l’infrastruttura, ruolo del software e servizi a 360 gradi, ecco Ibm che, intanto, ha cambiato policy perché "da soli non si va da nessuna parte e il mondo applicativo va gestito con un modello di business diverso – ammette il manager -. Abbiamo, perciò, scelto di operare nel settore delle integrazioni delle applicazioni e di dare vita a forti alleanze, con grandi partner mondiali e piccoli e grandi partner locali, per assolvere la funzione di un ecosistema che serva il cliente bene, velocemente e con soluzioni stabili nel tempo.

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