Elezioni Usa: il voto elettronico ha traballato

Il primo dato certo delle presidenziali statunitensi dice che la macchina elettorale elettronica va perfezionata.

Cominciamo con gli unici, per ora, dati certi delle elezioni americane (al momento in cui scriviamo, Bush ha due grandi elettori di vantaggio su Kerry, con gli stati dell’Ohio e dello Iowa a fare da ultimi arbitri).


I dati dicono che il 30% degli iscritti alle liste elettorali statunitensi, circa 45 milioni di persone, in 27 stati, hanno utilizzato la metodologia del voto elettronico per esprimere la propria preferenza.


Per farlo hanno utilizzato dei sistemi touch screen, il cui funzionamento è stato controllato dalla Verified Voting Foundation, dal centro operativo di Arlington, in Virginia.


Quella che è forse l’elezione che, nella storia recente dell’umanità ha catalizzato la più grande attenzione del pubblico mondiale ha dunque avuto un’anima tecnologica per un terzo (il resto dei consensi è stato espresso a mano, per posta, per scheda perforata o quant’altro, a testimonianza del fatto che l’America è proprio un grande paese).


E il responso che ha dato del funzionamento della macchina elettorale (nel vero senso della parola, in questo caso) non è positivo.


Due, sostanziali, ordini di problemi: tecnico-funzionale e formativo, del personale addetto alla fruizione dei sistemi touchscreen.


I casi di malfunzionamento di sono moltiplicati, stato dopo stato, e, se numericamente, rispetto al totale, sono in percentuale moderata, rappresentano comunque un fallimento del sistema, in quanto il voto in sé, come unità singola, doveva e deve essere garantito nella sua integrità.


Già alle due del pomeriggio della giornata elettorale, il centro di Arlington aveva registrato 500 casi di problemi con i sistemi elettronici di voto.


Di varia gravità, i malfunzionamenti vanno da alcuni sistemi di Philadelphia, che “buttavano” fuori risultati prima della chiusura delle urne alle batterie dei sistemi di Columbus, Ohio, che, troppo cariche, impedivano il boot dei sistemi al momento dell’inizio del voto; dai reclami della Lousiana relativi ai meccanismi di validazione dei certificati, a quelli provenienti dai sistemi bloccati in un quartiere di New Orleans; per chiudere con le code di 15-20 minuti nell’Ohio per esprimere il voto (una totale anomalia per quello stato).


Contraddittorie, poi, le notizie relative alla Florida, vera pietra dello scandalo nella precedente tornata elettorale, dove c’è chi dice che non ci siano stati problemi con le macchine per il voto elettronico, ma qualcuno ha raccontato di aver visto sul display, al momento del voto, una scheda già compilata.


Un po’ da tutte le parti, poim sono arrivate lamentele circa il personale volontario, che doveva istruire le persone su come fare uso del mezzo elettronico, e che è stato giudicato non formato adeguatamente a svolgere tale compito.


Insomma, se le elezioni americane dovevano essere anche un banco di prova per un sistema diffuso di utilizzo della metodologia elettronica per esprimere l’esercizio del voto, si può dire che è necessario perfezionare il meccanismo.


Ma, forse, non era proprio questo il responso che il mondo si attendeva.

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