Ecco i Virtual server di Ibm

Ormai è completa l’offerta di capacità di calcolo su richiesta di Big Blue e coinvolge tutta la gamma di server. Si paga un tanto all’ora per Cpu utilizzata. Il centro operativo, per ora, è negli Usa.

1 ottobre 2003

Ibm ha chiarito cosa comporta il servizio Virtual Server ufficialmente partito ieri e più volte anticipato, anche su queste pagine.


Si tratta della più alta e ampia espressione del computing on demand, da altri chiamato utility computing, oggi raggiungibile.


Lanciato, infatti, in forma embrionale nell’ultimo trimestre dello scorso anno solo per i propri mainframe con Linux, ora il servizio di virtualizzazione dei server contempla tutto il parco dei server eSeries, con i rispettivi sistemi operativi.


Quindi si parla di poter concedere ai clienti potenza elaborativa, ovviamente variabile a richiesta, su sistemi di proprietà di Ibm basati, oltre che su Linux, anche su Windows 2000 (sugli xSeries), Os/400 versione 5 release 1 e 2 (sugli iSeries), Aix 5l versioni 5.1 e 5.2, quindi Unix (sui pSeries).


In base al servizio Virtual Server tutti questi sistemi risiedono, per ora, in un unico data center, situato a Boulder, in Colorado. In futuro ne seguiranno altri negli Usa, in Europa e Asia.


Le aziende che decideranno di acquistare capacità dal centro operativo, pagheranno una quota di adesione una tantum e una tariffa per ora di utilizzo di Cpu. Altri dettagli sul sistema di pricing non sono per il momento noti.


Il modello concettuale che anima tutto il servizio, il computing on demand, è stato ideato da Ibm per far ridurre i costi del mantenimento dei sistemi ai propri clienti.


Per esemplificare i risparmi che i Cio potrebbero ottenere fruendo del virtual center di Ibm, i responsabili di Big Blue hanno portato un esempio, immaginando un’azienda con sei ambienti operativi server (quindi eterogenei dal punto di vista degli Os), al servizio di un parco applicativo, il cui Tco (Total cost of ownership) pesa mediamente 1,8 milioni di dollari su base triennale.


Portando già i sistemi in un ambiente host già esistente curato dalla Ibm Global Services (che comprende i servizi di networking, caching, firewall e di sicurezza), il costo dei sei server scenderebbe già del 16%, calando a 1,5 milioni di dollari.


Affidando il lavoro degli stessi sei server al centro di Virtual Server, intanto questi diventerebbero tre, a seguito di un’operazione di consolidamento, mentre i servizi di rete sarebbero virtualizzati. La sostanza: il costo scenderebbe a 1,1 milioni di dollari.


Facendo un confronto con la cifra iniziale, ciò significa che il costo di utilizzo e mantenimento dei sei ambienti operativi server scenderebbe del 39%, a parità di performance.


Mediamente, quindi, e realisticamente, Ibm si sente di promettere agli utenti che sceglieranno questa metodologia di fruizione della potenza di calcolo, un risparmio oscillante fra il 15 e il 30% sulla spesa abituale.

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