È la Corte degli Stati Uniti a bloccare Napster

Secondo le disposizioni dei giudici, per poter riaprire il servizio di file sharing online deve poter assicurare che il download di ogni singolo brani avvenga nel rispetto del copyright

All’inizio del mese di luglio, Napster aveva momentaneamente interrotto il
servizio di file sharing dando appuntamento agli utenti da lì a poco. Un breve
annuncio diceva che era in atto un aggiornamento dei database per consentire il
supporto delle nuove tecnologie di protezione basata sulle impronte digitali dei
brani.


In un primo momento, questa era sembrata la via logica per dar vita a quella
che avrebbe dovuto essere la nuova via della comunità musicale su Internet,
basata sul download a pagamento. Tuttavia, l’interruzione del servizio da
temporanea è diventata permanente e il motivo è rimasto un mistero. Che però
finalmente è stato svelato: è la stessa Corte degli Stati Uniti a bloccare
Napster. E questo blocco durerà finché i nuovi filtri atti a impedire il trading
illegale di brani musicali non daranno prova di aver raggiunto il 100% di
efficienza, ossia finché non saranno in grado di impedire la condivisione non
autorizzata anche di una sola canzone.


I legali di Napster ammettono che la nuova tecnologia riesce a prevenire il
trade del 99,4% dei brani presenti nei database della società. Ma asseriscono
anche che arrivare al 100% non è solo arduo, è praticamente impossibile, perché
vorrebbe dire raggiungere la perfezione umana. E l’uomo non è perfetto. D’altra
parte, test sostenuti dall’industria musicale hanno messo in luce che su 950.000
brani protetti da copyright si è riusciti ad avere una gestione non legale di
solo 174 di questi, ossia dello 0,02%. Ma ciò alla Corte degli Stati Uniti non è
bastato e in modo perentorio ha dichiarato che Napster non riaprirà i battenti
fino a quando tutti i brani presenti nei database non saranno protetti: non ci
deve assolutamente essere la possibilità che si verifichi alcuna violazione del
copyright.


Il sistema di protezione attualmente usato da Napster, e installato un paio
di settimane fa, si basa sul confronto di parte della traccia musicale con una
lista di fingerprint prese dalle canzoni protette da copyright. La decisione di
impiegare un sistema così sofisticato è nata quando si è vista la totale
inutilità di filtri basati sul riconoscimento del nome dei brani o dei loro
interpreti.


La nuova tecnologia dovrebbe consentire di estrarre un breve contenuto audio
da un file e di inviarlo ai server centrali per il confronto con le informazioni
memorizzate in una master list: se il brano è autorizzato il download può
avvenire altrimenti l’operazione viene bloccata. Però tale master list non
esiste e nemmeno è mai esistita. Su questa lista sta lavorando Loudeye
Technologies, un’azienda che possiede i diritti di gran parte della musica
creata dalle major e dalle etichette indipendenti del Nord America. Loudeye sta
creando le “impronte digitali” dei brani che poi fornirà a Napster per la
catalogazione definitiva. Però occorre ancora un po’ di tempo affinché la lista
sia pronta e nell’attesa Napster può stare solo alla finestra a guardare i vari
Audiogalaxy, iMesh o LimeWire che vedono accrescere il numero di utenti di ora
in ora.

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