Cresce, ma rallenta anche: dopo l’incremento del 23% dello scorso anno, il commercio elettronico in Italia, secondo l’annuale rapporto dell’Osservatorio della School of management del Politecnico di Milano, diminuisce la velocità e sale “solo” del 21%. …
Cresce, ma rallenta anche: dopo l'incremento del 23% dello scorso anno, il commercio elettronico in Italia, secondo l'annuale rapporto dell'Osservatorio della School of management del Politecnico di Milano, diminuisce la velocità e sale “solo” del 21%. Colpa della crisi di Alitalia, della moderata crescita delle vendite all'estero, ma anche di un sistema d'offerta che non propone, tranne qualche raro caso, segnali di miglioramento. Oltre sei miliardi di fatturato (sette se contiamo gli acquisti italiani su siti esteri), sei milioni di clienti e 18,9 milioni di ordini (+21%), sono le cifre principali del settore che come sempre vede il turismo in testa alle preferenze degli italiani.Capofila del comparto servizi, che vale il 70% degli acquisti online, i viaggi totalizzano 3,4 miliardi di fatturato, con un aumento del 28% rispetto al 2007, al cui interno i viaggi low cost pesano per il 90% delle vendite. In forte crescita i prodotti informatici, che valgono il 40% in più degli ordini ma, stante il calo dei prezzi, solo il 15% in valore. 450 milioni di euro è il giro d'affari delle assicurazioni che hanno visto il debutto di nuovi player, 120 (+20%) quello dei libri e solo 57 milioni (+12%) il grocery, il grande assente. La sorpresa arriva dall'abbigliamento, che sale del 43% e tocca un giro d'affari di 250 milioni di euro, con 1,4 milioni di ordini e uno scontrino medio di 167 euro. L'arrivo di nuovi negozi online ha diminuito la concentrazione del settore con i primi cinque siti che realizzano il 60% delle vendite contro l'80% dello scorso anno.
Questa sfilza di numeri non cambia però la situazione del nostro commercio elettronico: 18 milioni di italiani usano la rete per avere informazioni sui prodotti, ma solo 6 milioni acquistano; un terzo rispetto ai francesi e un quarto rispetto a inglesi e tedeschi. Numeri che si riflettono anche sulla spesa media annuale, che in Italia è di circa 900 euro, inferiore del 15-20% rispetto a Germania e Francia e meno di un terzo rispetto agli inglesi. I sei miliardi di euro di acquisti valgono solo l'1% del totale del commercio contro il 6-7% dell'Europa. Poco attivo sul fronte dell'export con 850 milioni acquistati dall'estero, l'e-commerce tricolore realizza il 75% del fatturato totale con i primi venti operatori, saluta l'ingresso di nuove insegne come Feltrinelli, i buoni risultati di Mediaworld ed Esselunga, anche se la distribuzione rimane un settore poco presente. Quasi assenti arredamento, prodotti per la casa e ricambi per auto, che all'estero fanno invece buoni risultati. Nella Gdo food un'azienda su dieci è presente nelle vendite online, ma il numero sta calando. In quella non food, invece, siamo a una su quattro e la tendenza è verso la crescita.
«Il problema - ha sottolineato Alessandro Perego, responsabile scientifico dell'Osservatorio - è che in Italia si è creato un circolo vizioso difficile da scardinare: vi sono pochi Web shopper in quanto l'offerta online è deficitaria e nel contempo gli operatori del commercio più affermati sono restii ad andare online perché ritengono la domanda ancora immatura e numericamente non significativa».
Fra le soluzioni per uscire dall'empasse, Perego ha ravvisato un'accresciuta responsabilità per la distribuzione: «È decisivo che giochi la partita del commercio elettronico. Senza distribuzione moderna, lo dicono le esperienze straniere, non si colgono i due obiettivi primari: la crescita di fiducia del consumatore e la capacità di sfruttare le sinergie tra canale fisico e online. Poi, per tutte le categorie merceologiche del made in Italy, occorre puntare sui consumatori esteri. Non è un caso che i comparti con i più alti tassi di crescita in questi anni siano il turismo e l'abbigliamento, che fanno vendite significative fuori Italia».