È arrivata l’ora del marketplace aziendale

Mentre prende sempre più corpo la delusione generata dai modelli pubblici, che non sono ancora riusciti a decollare, si stanno facendo strada quelli privati, considerati come una sorta di Erp per l’impresa estesa che si orienta alle relazioni esterne.

Avete bisogno di acquistare 50 risme di carta da fotocopiatrice oppure 10mila tappetini per l’ultimo modello della Fiat? Non dovete fare altro che pubblicare la vostra richiesta d’offerta su un marketplace pubblico e i potenziali fornitori subito vi faranno eco, utilizzando il medesimo luogo virtuale per proporre la propria merce. I prezzi si abbasseranno e i tempi di negoziazione si ridurranno drasticamente. Questi erano i concetti circolanti non più di qualche mese fa, quando si pensava che le piazze virtuali avrebbero rappresentato la killer application del Web.


In realtà, il fenomeno si sta rivelando tutt’altro che di successo, almeno per il momento. Delle circa mille piazze attualmente operanti negli Stati Uniti, Forrester Research stima che solamente una cinquantina sopravviverà nel 2005. Nei primi sei mesi di quest’anno, circa 100 mercati Usa hanno già chiuso i battenti.


Secondo alcuni analisti esisterebbe un vizio di base, perché il modello di business che prevede la percentuale sulle transazioni non permette di generare entrate "stabili": una volta che il compratore e l’acquirente sono entrati direttamente in relazione, che necessità hanno, infatti, di continuare a utilizzare una piattaforma "terza"? Un ulteriore ostacolo riguarda, poi, la difficoltà di cambiare le abitudini delle imprese. E per le Pmi, a cui i marketplace pubblici rivolgono prevalentemente la propria offerta, si tratta di una missione quasi impossibile. Altro fattore: l’insicurezza spesso associata agli e-marketplace dal punto di vista della confidenzialità delle informazioni, che si aggiunge alla diffidenza sul ruolo "neutrale" del marketplace rispetto ai differenti attori. Senza contare lo scarso utilizzo proattivo che del Web fanno le piccole e medie aziende.


Le società impegnate del settore, tuttavia, non sono certo state a guardare. Dimostrando reattività oltre che fantasia, i marketplace hanno cambiato strategia, preoccupandosi innanzitutto di fidelizzare i clienti creando valore aggiunto. Da questo input è arrivato il fiorire dei servizi correlati con l’attività principale del marketplace: dalle analisi statistiche delle ordinazioni, finalizzate ad aiutare le imprese nell’ottimizzare le politiche di acquisto, alla gestione dei processi di fatturazione, fino alla logistica e alla consulenza fiscale e legale. Alcuni attori hanno anche riconvertito totalmente la propria attività, proponendosi come Web agency estese o service provider ( è il caso, solo per fare un esempio, della piazza italiana ConnectLife).


Ma per far evolvere le abitudini delle piccole realtà, o convincere quelle un po’ più grandi a integrare i meccanismi delle piazze virtuali con i propri sistemi di back end, i marketplace hanno ancora bisogno di tempo. E non è detto che, dal punto di vista finanziario, ciò sia loro consentito.


Tuttavia, il vocabolo marketplace non è caduto completamente in disgrazia, perché a risollevarne brillantemente le sorti ci stanno pensando le piazze virtuali private.


Non è un caso che i principali fornitori di piattaforme tecnologiche per realizzare marketplace (come Ariba e Commerce One) si siano recentemente "riconvertiti" verso applicazioni di destinazione aziendale.


Le stime degli analisti, del resto, sono a dir poco esaltanti. Amr Research e Jupiter Media Metrix prevedono, rispettivamente, un giro d’affari relativo alle infrastrutture per realizzare piazze private di 35 e 37 miliardi di dollari per il 2005. A titolo di paragone, si pensi che Idc ha valutato il mercato mondiale degli Erp in 21,5 miliardi di dollari nel 2000. Amr ha anche creato un acronimo ad hoc (Ptx, cioè private exchange), aggiungendo che le piazze private rappresenteranno presto il più importante mercato delle applicazioni software mai esistito.


Ma cosa rappresenta un marketplace privato e quali vantaggi apporterebbe alle imprese?


In realtà, soprattutto nel caso di grandi aziende, molti strumenti tipici del marketplace sono già utilizzati, anche se sotto altri "cappelli": i portali Web dove i fornitori seguono in tempo reale l’andamento degli stock o si informano sulle previsioni di vendita sono un esempio emblematico. I marketplace, tuttavia, comportano dinamiche di gestione dei processi differenti. Essi aggiungono al ruolo di "informazione" una "funzione", con lo scopo di coinvolgere il partner nella gestione del proprio ruolo.


Il marketplace privato, in sostanza, si propone come un vero e proprio software gestionale, aperto e delocalizzato, per l’impresa estesa. Esattamente come un Erp costituisce lo zoccolo del sistema informativo interno, una piazza privata realizza una federazione contenente tutte le applicazioni riguardanti la collaborazione tra imprese. Un marketplace, in sostanza, è il complemento di un Erp, con il quale deve essere necessariamente integrato.


Contrariamente ai rigidi sistemi Edi, adatti allo scambio di informazioni strutturate, gli e-marketplace consentono, grazie a Internet, di scambiare una quantità più vasta di informazioni . La flessibilità della tecnologia, inoltre, permette di considerare il marketplace come un punto di entrata unico per i partner sul quale possono incastonarsi, come moduli aggiuntivi, differenti applicazioni specializzate. Un marketplace privato, se ben concepito, può configurarsi come un vettore di fluidità, di produttività e di integrazione per l’ecosistema di un’impresa. Proprio come nel caso di un Erp, tuttavia, le problematiche coinvolte vanno ben aldilà dell’informatica, pretendendo l’analisi dei processi che hanno a che fare con l’esterno e la "rinegoziazione" dell’insieme di relazioni con fornitori e partner.

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