Duello di architetture per il cuore dei server x86

Nel 2003, con il rilascio di Opteron, Amd ha fatto il proprio ingresso in un mercato, da sempre riserva incontrastata di Intel. Oggi le due società si confrontano con un’offerta che poggia su tecnologie diverse, ma con piani di sviluppo che vanno nella stessa direzione.

Quattro milioni e mezzo: questo è il numero dei server venduti nel 2003 con la tecnologia x86, ovvero il 90% dei server commercializzati nel mondo, almeno secondo i recenti dati pubblicati da Gartner Dataquest. Per quanto riguarda i processori, fino alla metà del 2003, questa manna era una riserva di caccia di Intel e dei suoi Xeon. In seguito, Amd si è lanciata nella battaglia con i processori Opteron, anch’essi in grado di eseguire il set d’istruzioni x86 a 32 bit di Intel, ma con la particolarità aggiuntiva di poterle estendere in modalità 64 bit, una funzionalità non supportata negli Xeon attuali.


Per accedere alla potenza dei 64 bit, Intel ha sviluppato un nuovo set d’istruzioni, Epic, con una nuova gamma di processori, Itanium. Ma il successo di questo processore resta molto limitato. Secondo Idc, nel terzo trimestre del 2003, sarebbero stati venduti un decimo di Itanium rispetto agli Opteron. Eppure la Cpu di Intel è commercializzata da tre anni, mentre Opteron è stato lanciato solo nell’aprile scorso.


La società di analisi ha anche ribassato le proprie cifre per quanto concerne il fatturato che dovrebbe generare Itanium nei prossimi tre anni, indicando 7,5 miliardi di dollari, invece dei precedenti 8,5 miliardi.


Come spiegare il successo così rapido di Opteron? Decisamente con il rapporto prestazioni/prezzo. La Cpu è, infatti, in grado di raggiungere delle performance molto vicine a quelle di Itanium, ben superiori a quelle di Xeon, a un prezzo identico a quest’ultimo.

Symmetric multiprocessing e Numa a confronto


A questo punto, Intel non poteva che reagire. I rumor su di un processore x86 compatibile con i 32 e con i 64 bit sono stati confermati, dato che Intel ha appena annunciato che il suo prossimo Xeon, nome in codice “Nocona”, che rappresenta un’evoluzione dello Xeon Dp destinato alle macchine biprocessore, supporterà la tecnologia Ct (Clackamas technology), indicata nel passato come “Yamhill”. Anche in questo caso si tratta di un’estensione a 64 bit del set di istruzioni x86 a 32.


Al di là di questo identico supporto, i processori Xeon e Opteron posseggono architetture completamente differenti. Intel propone un’architettura Smp (Symmetric multiprocessing), nella quale l’insieme dei componenti gioca un ruolo centrale e tutti i processi elaborativi vi fanno riferimento.


Il chipset gestisce le comunicazioni interprocessori, così come la memoria centrale, assicurando la coerenza delle memorie cache. Amd, al contrario, ha voluto evitare questo collo di bottiglia potenziale.


La società ha, quindi, optato per un’architettura Numa (Non-uniform memory access), inserendo un controller della memoria e la gestione multiprocessore all’interno di ciascun Opteron.

Tra frequenza e tempi di latenza


Di fatto, ogni processore Opteron dispone della propria memoria locale, che condivide con gli altri processori mediante collegamenti a grande velocità (6,4 Gb/s), applicando la tecnologia di bus HyperTransport.


Quanto a Intel, la società ha rimediato al problema di ingolfamento del suo chipset, aumentando la dimensione della memoria cache, di livello 3, che opera come tampone tra il processore e la memoria.


Una soluzione che, in aggiunta, assicura un miglioramento importante in termini di performance, non a caso Intel sta per lanciare una versione del suo Xeon Mp con una cache di L3 della dimensione di 4 Mb.


Naturalmente queste scelte architetturali hanno un impatto diretto sugli sforzi tecnologici delle due società. Intel punta sull’aumento rapido della frequenza dei propri processori e del suo bus di memoria, mentre Amd tende piuttosto a ridurre la latenza generale di un sistema multiprocessore, ma con un ritmo meno sfrenato di quello di Intel. Come risultato, il processore “Nocona” di Intel, lanciato all’inizio di quest’anno, risulterà inciso a 90 nm, contro i 130 delle attuali Cpu. A termine, il chip raggiungerà la frequenza di 3,8 GHz e gestirà un bus di memoria da 800 MHz, invece dei 533 MHz dell’attuale Xeon. In aggiunta, potrà integrare una cache di livello 3, fino a oggi assente negli Xeon Dp.


Tra la fine del 2004 e l’inizio dell’anno successivo, dovrebbe apparire, inoltre, il nuovo processore “Potomac”. Si tratta di uno Xeon Mp destinato ai server quadriprocessore. Il suo bus raggiungerà gli 800 MHz, mentre la sua cache di livello 3 arriverà a superare i 4 Mb.


Amd, da parte sua, si sta impegnando ad accelerare la propria tecnologia HyperTransport con lo scopo di ridurre la latenza e lanciare i suoi primi sistemi multiprocessore a otto Cpu. Entro la fine di quest’anno, la frequenza di esercizio dei processori Opteron raggiungerà i 2,6 GHz, grazie a un’incisione a 90 nm.


Tornando a Intel, l’evoluzione dei processori per i server porterà a inserire due nuclei di calcolo all’interno del medesimo chip, che, in questo modo, tratterà due flussi d’istruzioni simultaneamente, grazie alla tecnologia Hyperthreading. Il futuro Xeon, nome in codice “Tulsa”, sarà visto dal sistema operativo come un insieme di quattro processori e dovrebbe essere commercializzato verso la metà del 2005.


Questo sviluppo non preoccuperà Amd, se si convincerà che, nell’immediato, Opteron non ha bisogno di ricorrere al multithreading. Non vi è dubbio, però, che la società si stia orientando verso lo sviluppo di un processore Opteron a due nuclei elaborativi.


Per di più, oltre ai processori, anche i bus d’input e output subiranno un’evoluzione nel corso dell’anno. In primo luogo il bus Pci-X a 64 bit vedrà passare la sua frequenza da 133 a 266 MHz, per raggiungere, poi, i 533 MHz. Tuttavia, l’adozione del Pci-X da parte dell’intero settore rimane molto lenta.

L’avanzata dello standard Pci Express


Di questo ritardo potranno beneficiare i promotori del nuovo standard Pci Express, ovvero di un bus seriale, funzionante punto a punto, che offre capacità di flusso di 1 Gb/s (versione 4x), 2 Gb/s (versione 8x) e 4 Gb/s (versione 16x). Si tratta di performance apparentemente modeste se confrontate ai 4,26 Gb del Pc-X 533.


Ma, se il Pci-X è un bus parallelo la cui capacità di flusso è condivisa tra tutti i dispositivi collegati, il Pci Express la mette interamente a disposizione di ciascuna device. Peraltro, il bus richiede nuovi connettori, incompatibili con gli attuali connettori Pci, di dimensioni molto maggiori. Per contro, è assicurata la compatibilità software e i costruttori dovranno integrare delle interfacce tra i Pc Express e i Pc-X sulle rispettive motherboard o sulle schede di estensione, per mantenere l’operatività dei dispositivi Pci esistenti.


A partire da quest’anno, comunque, Intel lancerà le sue prime motherboard in grado di accettare il Pc Express nelle versioni 4x e 8x, mentre Amd farà lo stesso nel 2005. Anche per quanto riguarda le memorie, Intel e Amd presentano calendari di rilascio differenti. Un primo dibattito le ha opposte circa l’interesse riposto nella memoria Rambus. Alla fine Intel l’ha abbandonata per allinearsi ad Amd e, attualmente, supporta la Ddr (Double data rate).


Ormai, la discussione è sull’adozione a partire da quest’anno della Ddr-II. Secondo Amd, questo tipo di memoria non apporterà, in un primo tempo, alcun guadagno di performance alla sua piattaforma Opteron, già penalizzata da una latenza superiore a quella della Ddr. Amd preferisce, quindi, aspettare il prevedibile ribasso dei prezzi nel 2005, oltre al fatto che la Ddr-II raggiungerà frequenze pari a 667 oppure a 800 MHz. A questo punto, la capacità di flusso sarà talmente elevata da cancellare la latenza.


Quanto a Intel, la società ha annunciato il passaggio alla Ddr-II, per cui i suoi prossimi chipset ne supporteranno il formato. Questo passaggio era obbligato, perché aumentando la frequenza dei processori il costruttore impone al bus di memoria di incrementare la potenza mediante l’uso di memorie più veloci.


Inoltre, l’anno 2004 vedrà miglioramenti in materia di dischi fissi, anche qui con il ricorso a tecnologie seriali. Tutti i costruttori si apprestano a proporre dischi Ata seriali (ovvero Sata, Serial Ata), sui loro server delle fasce entry e di mezzo.


Quanto alla versione seriale di Scsi (indicata come Sas, Serial attached Scsi), più evoluta, verso la fine del 2004 sarà offerta con i server di fascia alta.


È da notare che la tecnologia Sata possiede un bus con la frequenza di 1,5 GHz, con una capacità di flusso di 150 Mb/s, tale da superare i 100 e i 133 Mb/s dei dischi Ata paralleli. In aggiunta, i dischi Sata collegati ciascuno a una porta del controller sono scambiabili a caldo. La loro ultima generazione, attesa entro l’anno, raggiungerà i 300 Mb/s.


La tecnologia Sas è ancora più potente. Già a partire dalla sua prima versione raggiunge i 300 Mb/s, comparabili con i 320 Mb/s dello Scsi Ultra320. Come nel caso del bus Pci Express, il Sas è un protocollo di trasmissione dati punto a punto. Pertanto, ciascun disco o periferica di tipo Sas dispone di un canale riservato con la portata di 300 Mb/s verso il controller. Questa tecnologia è compatibile sia con lo Scsi parallelo che con il Sata, con la capacità di accogliere un numero di gran lunga superiore di periferiche.

Il vantaggi offerti dai formati ridotti


Un altro atout: i dischi dispongono di due porte con lo scopo di assicurare una disponibilità d’accesso massima ai dati. Queste tecnologie seriali, più evolute e con maggiore capacità, consentono di sostituire con semplici cavi gli ingombranti nastri di collegamento, con il beneficio di facilitare la circolazione dell’aria di raffreddamento all’interno dei server, sempre più compatti e sempre più condizionati proprio dal problema della dissipazione del calore.


In aggiunta, per liberare ancora più spazio, i costruttori prevedono di utilizzare dischi da 2,5″, al posto di quelli attuali da 3,5. La transizione verso le tecnologie seriali e il formato da 2,5″ sarà finalizzata da qui al 2006 oppure al 2007.

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