Donne e impresa: una su sette le fa funzionare

Il rapporto dell’imprenditoria femminile. La presenza femminile al vertice delela ziende cresce ma non di molto

Sono poche ma non pochissime anche se crescono poco rispetto a cinque anni fa. Secondo l’osservatorio sull’imprenditoria femminile Unioncamere- Infocamere su 5 persone che siedono nella stanza dei bottoni delle imprese italiane una è donna. E una su 7 le fa funzionare.


Le donne che rivestono cariche nelle imprese sono oltre 2 milioni, pari al 26,64% delle persone che detengono incarichi aziendali. Rispetto al 2003, l’incremento al vertice d’impresa è stato superiore a quello medio: +2,75% contro l’1,84% complessivo. Attualmente, nella cabina di regia delle aziende italiane, siedono 140.118 tra amministratori delegati, amministratori unici, consiglieri delegati, presidenti di consiglio di amministrazione e presidenti di consorzio con la gonna, pari al il 20,7% del totale. Rispetto al 2003, sono aumentate soprattutto le amministratrici uniche (oltre 26mila in più), quindi le donne a capo dei Cda (quasi 2.600 in più).


Procede anche l’incremento delle donne nelle cariche gestionali: dei 37mila incarichi d’impresa a fine dell’anno scorso, 5.300 sono stati affidati a donne manager, che rappresentano oggi 6% dei direttori generali, il 18% dei direttori ed oltre il 15% dei direttori tecnici.


Alla fine del 2007, le imprese femminili attive erano 1.243.192, poco più del 24% di tutto il sistema d’impresa. Si tratta di una quota ancora bassa, sostanzialmente stabile rispetto al 23,51% del 2003. Le imprese gestite dal donne sono aumentate, tra dicembre 2003 e dicembre 2007, del 5,84%, (il 2,25% in più rispetto alla crescita del totale delle imprese, pari al 3,59%), a conferma della maggiore dinamicità di questa tipologia di attività imprenditoriale.


Centro e Mezzogiorno restano le aree a maggior diffusione delle imprese “rosa”. Tuttavia si nota la tendenza a una diffusione anche nelle regioni settentrionali. Nel quinquennio, gli incrementi più significativi si registrano nel Lazio (+10,92%), in Sardegna (+7,88%), in Lombardia (+8,60%), in Campania (+7,66%), in Calabria (+6,64%), in Sicilia (+6,59%). Al contrario, le variazione percentuali negative più significative hanno interessato Molise
(-2,91%), Valle d’Aosta (-2,79%), Basilicata (-1,78%).


Se i tassi di femminilizzazione (la percentuale di imprese femminili sul totale) più elevati si registrano ancora in settori più tradizionalmente caratterizzati dalla presenza delle donne (Altri servizi pubblici, 49,34%; sanità e altri servizi sociali, 41,95%; alberghi e ristoranti, 33,65%; Agricoltura, 29,30%), forte è la tendenza da parte delle imprenditrici ad “invadere” anche ambiti tradizionalmente appannaggio degli uomini.


Le variazioni percentuali più elevate si registrano infatti nella produzione di energia (+59,39%) e nelle costruzioni (+34,50%), oltre che nella sanità (+34,53%). Bene anche i servizi alle imprese e attività immobiliari (+24,74%) e i trasporti (+23,32%).Rallenta l’incremento delle imprese manifatturiere (+1,15%) e di quelle del commercio (+4,01%). Si riduce ulteriormente l’agricoltura (-4,74%), ma ad un ritmo meno insistito di quanto avvenga nel complesso delle imprese (-6,70%).


La stragrande maggioranza delle imprese femminili (1.168.311) è stata costituita dopo il 1980 e oltre 430.000 nel decennio 1990-1999. 901 sono le imprese guidate da donne iscritte al Registro Imprese prima del 1940. Le più “mature” appartengono al settore del commercio. Risalenti invece al 1940-1949 sono poi 1.288 aziende, le più numerose delle quali operano nelle attività immobiliari. Al decennio successivo appartengono 4.598 imprese, delle quali 1.853 operano nel commercio, che nel complesso risulta essere è il settore imprenditoriale femminile più longevo.


Particolarmente significativo il contributo delle donne non italiane all’espansione delle ditte individuali guidate da donne. Le cinesi si confermano di gran lunga le più numerose (sono oltre 11mila, in crescita addirittura del 111% rispetto a cinque anni fa), seguite dalle marocchine (3.438 unità), dalle rumene (3429 unità).

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