Direttore Veneto Bruxelles: clusters industriali per conquistare l’UE

a cura di Euroreporter.eu

Il Veneto è un esempio di eccellenza in Europa per la realizzazione dei cluster, ossia di distretti industriali. L’amministrazione regionale ha adottato nel 2003 un decreto per regolamentare e favorire la creazione di distretti industriali tra le Pmi. Gianlorenzo Martini, direttore della sede della regione veneto a Bruxelles, ci spiega in un’intervista quali sono state le dinamiche che hanno portato al lancio dell’iniziativa da parte della regione Veneto e quali sono le sfide che l’imprenditoria del Nord-est deve affrontare.

Nel corso della settimana europea delle piccole e medie imprese presso la sede della regione Veneto a Bruxelles si è parlato dei distretti industriali, vale a dire delle imprese che fanno gruppo per portare avanti un progetto di sviluppo insieme. Il Veneto ha approvato la prima legge regionale per regolamentare i cluster già nel 2003, come si spiega questa lungimiranza?
Bisognerebbe fare la storia dell’imprenditoria veneta, la mostra regione ha una grandissimo numero di piccole e medie imprese che nascono da una storia di una società agricola evolutasi nel tempo che ha portato alla trasformazione dell’operaio in imprenditore. Il rapporto tra dipendente e capo di un’azienda è un rapporto molto più facile e snello se comparato ad altre realtà territoriali. La regione Veneto ha visto il moltiplicarsi di 480 mila imprese in 15-20 anni, corrisponde in media ad un’impresa ogni 10 abitanti. Lei si stupisce del fatto che la legge è arrivata così in anticipo rispetto ai tempi, ma vede il legislatore veneto non ha potuto non tener conto delle dinamiche particolari delle piccole aziende , molte delle quali operano sugli stessi prodotti e negli stessi distretti. Spesso i legislatori stessi vengono da una realtà imprenditoriale e ne conoscono a fondo le dinamiche e la struttura. La legge è arrivata come iniziativa nel 2003 per poi essere modificata nel 2008 quando il cluster ha assunto una configurazione più operativa. L’iniziativa non garantisce finanziamenti a pioggia, ma finanziamenti delle attività quando c’è un progetto comune tra le imprese. E’ una legge molto evoluta che tiene conto delle aspettative e della vitalità del mondo imprenditoriale veneto. Speriamo che altre realtà con un sistema simile al nostro vogliano seguire il nostro esempio.

Secondo gli esperti uno dei problemi con cui l’imprenditoria veneta deve confrontarsi è il trasferimento delle attività. Perché è un tema di importanza cruciale per la realtà veneta? 
Spesso la fantasia imprenditoriale dei miei conterranei è legata ad un modus vivendi tipico della regione per cui si preferisce lasciare l’attività alla famiglia. Certo è meglio che entrino terzi a prelevare l’attività se l’alterativa dovrebbe essere la cessazione, ma la maggior parte delle volte in cui si cede un’attività si tratta di aziende fiorenti. Il trasferimento verso terzi, a volte verso altre società straniere, crea un dispendio di attività d’impresa. Bisogna quindi fare in modo che l’azienda resti in ambito familiare e la regione veneto supporta le attività di associazioni di categoria, che normalmente seguono da vicino questi processi, perché ha interesse che il capitale umano resti nella regione.

Come state operando per l’internazionalizzazione dell’impresa?
Ci sono migliaia di iniziative. Guardi 12 anni fa quando siamo arrivati a Bruxelles eravamo noi ad arrancare dietro i partner europei per collaborazione. Oggi è il contrario, sono loro a cercarci e a proporci progetti e cooperazioni.

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