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Dimension Data: l’ibrido è il new normal

Il tema della digital transformation come priorità aziendale sta tenendo banco.

Fra le tante prese di posizione, è recente quella del Cto di Dimension Data, Ettienne Reinecke, che ha messo sul tavolo social, mobile, cloud, analytics, Internet of Things e l’IT bimodale come i trend che stanno sfidando le funzioni e i team IT delle aziende di tutto il mondo.

Ma si coglie, appunto, che  le forze agiscono per il raggiungimento di un obiettivo più ampio, la trasformazione in azienda digitale.

Dimension Data da tempo si è calata su questo terreno misto, in cui la tecnologia e le forme ibride stanno diventando la nuova normalità

Ne abbiamo parlato con Enrico Brunero, ItaaS BU Manager di Dimension Data Italia.

Cloud, analytics, mobile, social, big data e Internet of Things sono i pilastri della digital transformation. Qual è l’ordine di importanza per un CIO?

La domanda che bisogna porsi è che cosa è vicino al business e quali sono gli strumenti per raggiungere gli obiettivi di business. In questo senso, sicuramente le principali priorità viste da un CIO riguardano i temi del mobile, delle soluzioni per i social e degli analytics. Infatti, questi sono tre pilastri che cambiano la modalità di erogazione dei servizi agli utenti e il posizionamento dell’azienda da un punto di vista business e di interazione con clienti, dipendenti e partner.

Il mobile perché gli utenti ormai richiedono di poter fruire in mobilità dei servizi forniti dall’IT attraverso i più svariati device, non solo più all’interno del perimetro aziendale.

Il social è diventato uno strumento molto importante di condivisione oltre che di acquisizione delle informazioni. Gli analytics consentono di poter sfruttare un patrimonio di informazioni che non è più soltanto un patrimonio interno dell’azienda ma legato anche a molte informazioni generate e gestite fuori dal perimetro aziendale, di analizzarle e correlarle per ottenere dei risultati di business.

I temi del cloud e dei big data sono tecnologie, soluzioni e servizi che abilitano, di fatto, la fruizione di servizi in mobilità o la possibilità di fare degli analytics, per esempio attingendo da dati che derivano dal mondo social insieme alle informazioni legacy.

Il cloud diventa quindi un facilitatore per soddisfare le richieste di utenti che accedono ai servizi in mobilità su cui è difficile andare a definire a priori la dimensione dell’infrastruttura. Big data perché per fare degli analytics è necessario gestire e operare su grandi dimensioni di dati da correlare.

In questo scenario, il tema dell’IOT è, a mio parere, un discorso un po’ a parte. E’ chiaro ed evidente che tutto il colloquio machine to machine, e un numero di apparati che producono informazioni che devono essere gestite ed utilizzate, sta diventando un tema rilevante. Di fatto l’IOT è un grosso generatore di informazioni e di nuove modalità di elaborazione di queste informazioni. Ancora una volta anche questo è un paradigma all’interno del quale rientrano componenti di big data e di cloud per rispondere a questioni di flessibilità, scalabilità e agilità dell’infrastruttura.

In prospettiva l’IOT sarà un elemento di grande cambiamento con grande impatto sulle abitudini nell’utilizzo dell’IT sia a livello aziendale sia consumer. Ci sono delle realtà per cui sistemi sempre più automatici prenderanno decisioni sulla base di interazione di tipo machine to machine. Questo ha come grande effetto quello di richiedere, da una parte, un approccio network centrico sempre più importante, dall’altra parte, avere dei sistemi IT, o comunque piattaforme su cui questo genere di soluzioni si appoggeranno, che devono rispondere sempre di più a un modello di utilizzo molto variabile difficilmente predicibile. Ed è proprio in virtù di questa impredicibilità che l’approccio sarà basato sempre di più sul paradigma del cloud.

Con il cloud argomenti come performance dei sistemi, della rete, gestionali, sviluppo software sono passati di stato, se non addirittura in secondo piano?

Con l’avvento del cloud questi elementi non sono passati in secondo piano, anzi stanno acquistando nuovamente importanza: proprio perché il cloud è un abilitatore verso un nuovo modello di fruizione dei servizi IT, inevitabilmente, il tema dello sviluppo software è un elemento centrale. Con riferimento a questo ambito, infatti, quello che cambia è una forte trasformazione della metodologia e delle sempre più brevi tempistiche richieste nel ciclo sviluppo-test-produzione. Tutto ciò fa riferimento al modello platform-as-a-service ed alle diverse soluzioni già a disposizione per esempio di chi sviluppa software dovendo avere risposte agili e veloci a esigenze per il mondo mobile. Ma c’è anche un altro aspetto legato a questo tema. Come effetto collaterale del cambiamento del modello di fruizione delle infrastrutture basato su cloud, oggi, la necessità di chi negli ultimi 15-20 anni si è affermato con delle soluzioni software di mercato è certamente quello di adeguare il modello di licensing, in quanto quello tradizionale non si sposa più con il modello di fruizione dell’infrastruttura e dei servizi in pay per use.

Ci sarebbero ulteriori aspetti che varrebbe la pena approfondire. Primo fra tutti, qual è l’impatto sugli ISV tradizionali della nuove startup, che nascono “cloud based” e che quindi, sia per loro utilità sia per ciò che producono, hanno già un paradigma completamente centrato sul cloud? Certamente stanno producendo un effetto di accelerazione nella trasformazione dell’offerta degli ISV “tradizionali” che, per non vedere diminuire la loro rilevanza sul mercato necessariamente devono adeguare il paradigma di delivery delle loro soluzioni software.

Una cosa è certa: c’è tutta una parte dell’IT che si sta trasformando e impatta sul mondo dei software vendor che per dare delle risposte diverse e allineate al trend evolutivo dell’IT devono adattare il proprio modello di vendita del software.

Un commento meritano anche il tema della rete così come della sicurezza che diventano elementi critici nel momento in cui una serie di servizi o di informazioni vengono collocati su una piattaforma cloud esterna alla rete aziendale o si trasformando in un modello ibrido.

Quello che diventa fondamentale è una fase di analisi per stabilire o mitigare il possibile impatto della rete, in termini di prestazioni, nel momento in cui alcuni servizi vengono erogati esternamente. Ma esiste anche la situazione totalmente opposta, soprattutto quando parliamo di applicazioni per il mondo mobile: l’utilizzo di un servizio in cloud al di fuori del perimetro dell’azienda può generare dei benefici alle prestazioni e fruibilità del servizio rispetto a un approccio prettamente on premise. In aggiunta, sempre per il mondo mobile, non esiste applicazione enterprise mobile che non vada a interfacciarsi con applicazioni e dati all’interno del perimetro aziendale. In questo caso è evidente che un’adeguata analisi delle caratteristiche della rete geografica di interconnessione tra l’on premise e il polo cloud, da cui si fruisce di questi servizi, è un elemento fondamentale. Il tema delle prestazioni dei sistemi è sicuramente molto mitigato ed è molto meno rilevante perché le infrastrutture cloud hanno la caratteristica di garantire scalabilità teoricamente infinita. A seconda della tipologia di applicazione, ovviamente, ciò significa che io posso immaginare di avere una capacità computazionale infinita che garantisca le prestazioni alla mia applicazione.

Con chi un’azienda oggi deve parlare prima di cloud, con i clienti o con i partner?

Dipende dal tipo di azienda, da come è strutturata e dal proprio touch sul mercato. Nel nostro caso, come fornitore di servizi cloud, sono rilevanti entrambi.

Se pensiamo a come è fatto il mercato italiano, per realtà come la nostra diventa difficile avere un touch diretto sulle migliaia di Aziende del mid market e dello small business, tipicamente molto ben presidiate da realtà più piccole molto radicate sul territorio.

Cerchiamo pertanto di instaurare relazioni dirette solo su clienti della fascia medio-alta, che sono già oggi più sensibili a ragionamenti ampi di IT Transformation o Digital Transformation che portano ad approcci ibridi e progetti che coprono le diverse aree dell’infrastrutturali, inclusi networking e sicurezza, per i quali Dimension Data riesce a esprimere al meglio le sue capacità sia come System Integrator infrastrutturale che come cloud provider internazionale mettendo a disposizione Servizi Cloud gestiti e in pay-per-use sia in ambito Public che Private Cloud.

La relazione di partnership con operatori quali Service Provider, Community Provider, System Integrator, ISV, Reseller e Startup è altrettanto importante per poter ampliare il coverage e consentire a queste realtà di beneficiare fortemente di un approccio cloud-based senza doversi far carico di onerosi investimenti in infrastrutture, operation e continua evoluzione dei Servizi Cloud. Proprio a queste tipologie di aziende si rivolge il nostro programma OneCloud Partner Programme che permette ai partner sia di rivendere i nostri Servizi che di erogare Servizi Cloud ai propri clienti in modalità “white label”, in tempi rapidi, con un investimento limitato e commisurato al successo dell’iniziativa avendo a garanzia il supporto operativo e il “continuous improvement” dei Servizi che rimane responsabilità di Dimension Data.

Si dice che il cloud ibrido sia strumento di flessibilità. Fino a che punto cambia i workspace e la sicurezza?

Non è il cloud ibrido che cambia il workspace e la sicurezza. Indubbiamente, cambia la visione del perimetro della sicurezza e quindi il tema della sicurezza è impattato da un approccio cloud ibrido. Ritengo che il cambiamento del workspace sia una delle cause che portano alla scelta di utilizzo di cloud ibrido. Le scelte strategiche di un’azienda che per esempio mette i propri dipendenti nella condizione di accedere ai servizi IT, aziendali e di business indipendentemente dal device o dagli strumenti utilizzati e dal luogo in cui si trovano, stimolano l’utilizzo di un paradigma IT diverso. E dal momento che si ricorre a un altro modello IT senza confini, il tema della sicurezza non può più essere quello della sicurezza perimetrale ma deve essere una sicurezza end-to-end, che protegga anche i dati e l’endpoint utilizzato dall’utente, dentro o fuori dall’azienda.

Anche lo storage ha davanti una nuova vita nel cloud. Qual è il prezzo giusto?

È evidente che il concetto, il paradigma e i servizi di cloud storage subiscano degli effetti. Bisogna però scindere le conseguenze che questo ha sul mondo consumer da quelle sul mondo  business. E’ chiaro che per il mondo consumer lo storage in cloud ha una serie di benefici enormi comprensibili immediatamente. Ma ci sono delle situazioni di business per cui una serie di attività realizzabili con applicazioni mobile che passano attraverso il cloud storage verso la propria azienda vengono vissute ormai come strumento di uso comune.

Bisogna anche considerare un altro tema ovvero come oggi molte aziende intendono l’utilizzo dello storage in cloud. Tipicamente si fa riferimento al cloud storage per l’archiviazione dei backup. Questo però richiede quel minimo di progettualità che aziende come la nostra è in grado di dare.  In funzione della quantità e della frequenza di movimentazione dei dati, infatti, questo richiede, per esempio, anche delle analisi su quant’è la larghezza di banda di rete necessaria. Sicuramente per quanto riguarda i costi di archiviazione e la conservazione documentale, l’approccio cloud based diventa conveniente, anche nel caso in cui fossero necessari degli ulteriori costi volti al miglioramento della connessione di rete. Un altro aspetto legato al cloud storage è come questo diventa abilitante per l’attivazione di servizi di disaster recovery per aziende di fascia media, con capacità finanziaria e di investimento più bassa, che possono accedere a servizi di più alto valore a costi decisamente più contenuti, che precedentemente non erano pensabili.

Ipotizziamo un modello di calcolo riferimento per una strategia cloud. Come un CIO può stimare la spesa, su che base temporale, in funzione di quali parametri di valutazione del business, quali feedback richiedere e quali performance assicurare?

Quando si stima la spesa di una trasformazione IT da un modello tradizionale a un modello cloud-based o ibrido non è soltanto il costo delle risorse in cloud che deve essere preso in considerazione. Ci sono degli altri costi da valuitare e ci sono degli altri costi che vengono ridotti per effetto benefico dell’utilizzo di un paradigma diverso. Per esempio, non è infrequente che a fronte di una trasformazione verso un cloud pubblico per alcuni workload applicativi sia necessario prevedere dei costi aggiuntivi di networking, ma di contro ci sono voci di costo non direttamente IT che ne beneficiano, quali gli spazi fisici del data center, power, cooling, costi di operation. Ci sono cioè altre voci che devono essere aggiunti nella valorizzazione totale che includono la riduzione dei costi di operation e costi che devono essere completamente rimodulati in funzione di cambiamenti dei processi di approvvigionamento. Ci sono degli intangible che sono difficili da misurare come il beneficio che deriva dalla riduzione dei tempi richiesti per l’attivazione di un servizio applicativo. Quindi come fare a misurare l’agilità? Non è banale perché questo afferisce alla creazione di un’ipotesi di perdita di denaro nel caso in cui non si riesca ad attivare rapidamente un servizio. Questo si basa solo sull’esperienza dell’azienda e sul settore di servizio o di business che viene impattato da questo approccio.

Ci sono altri costi potenziali o di vantaggi che derivano dal cloud. Per esempio, la possibilità di spostare servizi critici per il business su un’infrastruttura completamente ridondata ospitata in un data centre di classe elevata che permetta di aumentare gli SLA e la qualità del servizio. Sicuramente questo è un valore ma la misurabilità non è così ovvia.

In termini di tempo, se ci si limita a misurare i ritorni in tempi molto brevi si è portati a considerare esclusivamente gli aspetti di riduzione dei costi comparando le tecnologie necessarie rispetto alle risorse che si consumano in cloud. Ma è soltanto una parte del possibile beneficio che si può ottenere. Su questo poi ci tengo a commentare la questione legata alla riduzione dei budget e della spesa IT da parte delle aziende. Quello che sta accadendo, e che stiamo rilevando, è che la ripartizione della spesa IT viene rimodulata ponendo maggiore attenzione su cosa realmente porta dei ritorni legati a tematiche di business rispetto a soldi spesi per le operation dell’infrastruttura interna.

Qual è il ruolo di Dimension Data in questo scenario che abbiamo appena delineato?

Per rispondere velocemente alle mutevoli richieste di business è necessario supportare le attuali attività aziendali, pianificando un percorso razionale che sia più agile, più efficiente, più sicuro e più mobile. Proprio per questo è estremamente importante scegliere un fornitore di Servizi adeguato capace di collaborare con l’azienda per pianificare e realizzare soluzioni innovative e, al tempo stesso, ottimizzare l’ambiente IT. Oltre alla competenza tecnologica Dimension Data si avvale di servizi professionali e di consulenza ICT a valore che supportano i clienti nel percorso di trasformazione attraverso una metodologia olistica in grado di esaminare, identificare le necessità del CIO,  riconoscere i punti basilari necessari e definire una roadmap verso una trasformazione di successo per abilitare iniziative di business e strategiche, che includano gli aspetti infrastrutturali e tecnologici in ambito networking, converged communications, mobile, cloud, sicurezza e data centre.

Quali sono le azioni che sta attuando in Italia?

Dimension Data in Italia è impegnata con azioni mirate per attivare dei processi di IT Transformation basati su un approccio di tipo consulenziale, importante nel guidare e affiancare i clienti nella definizione delle roadmap evolutive funzionali alla trasformazione di business a cui aspirano.

Questa attività di consulenza guida la trasformazione dell’IT, include frequentemente anche il paradigma del cloud, implica dei processi di trasformazione dell’IT on-premise e porta a liberare il cliente da una serie di incombenze sull’operatività quotidiana. Questo consente l’offloading di queste attività di cui noi ci facciamo carico attraverso un’offerta di servizi gestiti disponibile a livello globale in modo uniforme, con benefici non solo per i clienti nazionali ma anche per quelli che hanno operation a livello internazionale.

Nel momento in cui il processo di affiancamento consulenziale si trasforma in roadmap evolutive, che prevedono anche l’utilizzo di servizi in ambito cloud, Dimension Data si trova nella posizione di poter erogare come servizi sia infrastrutture di private cloud sia soluzioni basate su public cloud, che per noi vuol dire un network di 18 datacenter a livello internazionali. In questo senso Dimension Data può lavorare su infrastrutture realmente ibride, dando dal valore tangibile e misurabile, liberando l’IT dei clienti dal carico giornaliero delle operation e permettendogli di concentrarsi sul dare risposte rapide alle necessità che il business gli sottopone.

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