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La digitalizzazione del retail vale 2.500 miliardi di euro

Accenture ha rilasciato uno studio in cui si afferma che nel prossimo decennio il retail e il largo consumo, accelerando la trasformazione digitale, potrebbero generare un valore di circa 2.500 miliardi di euro (2.950 miliardi di dollari).

Un valore calcolato basandosi su due fattori: l’impatto delle tecnologie sul business, il risparmio di costi e tempi con l’aumento della produttività aziendale. Un fenomeno che riguarda anche l’Italia. Nell’indagine sono stati sentiti 1.501 consumatori italiani, che hanno assegnato alle tecnologie un ruolo decisivo.

L’analisi, condotta da Accenture Strategy, è basata su una metodologia creata per il World Economic Forum con l’obiettivo di identificare il valore potenziale della trasformazione digitale sui settori industriali e consumatori. I dati relativi ai consumatori italiani fanno riferimento all’ultimo report di Accenture Strategy Global Consumer Pulse Research, che ha coinvolto 25.426 persone in 33 paesi nel periodo compreso tra luglio e agosto 2016, inclusi 1.501 consumatori italiani.

Il 37% dei consumatori italiani si abbonerebbe a un servizio in grado di trovare i prezzi migliori per i beni o servizi desiderati: il 28% utilizzerebbe servizi digitali basati su tecnologie e sensori in grado di soddisfare le loro esigenze senza l’intervento umano; un ulteriore 25% si abbonerebbe a servizi che selezionano prodotti personalizzati in base a un’analisi dello storico degli acquisti, ed effettuano gli ordini in automatico.

Il report Painting the Digital Future of Retail and Consumer Goods Companies elaborato da Accenture ha quantificato l’impatto della trasformazione digitale sulle aziende del retail nel prossimo decennio, mettendo in luce la richiesta di nuove esperienze di acquisto da parte dei consumatori

Per approcciare con successo la prossima frontiera del commercio digitale, aziende del retail e produttori di beni di largo consumo devono guardare ad alcuni modelli di business innovativi e già di fatto apprezzati dai consumatori italiani.

Si parla allora di sharing economy: il 54% dei consumatori italiani ha dichiarato che sarebbe disposto a sottoscrivere un abbonamento per il noleggio di capi di abbigliamento da utilizzare in determinate occasioni e da restituire in seguito, al posto di effettuarne l’acquisto.

L’economia basata sulla personalizzazione, fatta di prodotti su misura selezionati con cura e consegnati in automatico trova il gradimento del 49% dei consumatori, che ha affermato di essere disposto a sottoscrivere questo tipo di abbonamenti nel settore dell’abbigliamento.

Quella basata sul riassortimento automatico, con ensori intelligenti che rilevano quando un prodotto sta per esaurirsi e procedono in automatico all’ordine e alla consegna piace al 65% dei consumatori per i prodotti per la casa come i detersivi. Un altro 60% lo prenderebbe in considerazione per alimenti freschi.

L’economia dei servizi che prevede l’esternalizzazione delle incombenze quotidiane convince il 51% dei consumatori per servizi di lavanderia: ritiro, lavaggio, piegatura e consegna a domicilio.

La trasformazione del settore implica cambiamenti anche per le persone e la società.

Bisogna ripensare gli spazi (con la diffusione del commercio digitale i punti vendita assumeranno un ruolo diverso, sempre più spinti verso luoghi di esperienza e intrattenimento), rqualificare la forza lavoro, con l’intervento di decisori politici e istituzioni scolastiche, assicurare la sostenibilità con l’impegno a minimizzare l’impatto ambientale.

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