Dematerializzare? Sì, perché…

In Italia in media ciascun impiegato stampa 7 pagine al giorno. Di queste, il 20% finisce nel cestino senza neppure essere letta. Dematerializzare, quindi, è un imperativo. Ecco spiegati i benefici concreti.

Il concetto della spending review è stato coniato per la Pubblica Amministrazione, ma va esteso anche al settore privato: per restare sul mercato le aziende si trovano a dover necessariamente contenere i costi e incrementare l’efficienza. Per esempio con la dematerializzazione.
Ma in quale misura e dopo quanto tempo la dematerializzazione dei documenti può contribuire al raggiungimento di questo obiettivo?
Ce lo spiega Fulvio Re, Marketing Manager di Lexmark.

Dal momento che i documenti cartacei nel prossimo futuro diminuiranno sino a stabilizzarsi mentre quelli digitali cresceranno molto rapidamente, diventa sempre più importante per le aziende pensare, fa notare Re, a una razionalizzazione delle risorse economiche, producendo il documento cartaceo solo dove e quando effettivamente vi è esigenza.
In Italia, in media, un impiegato stampa 7 pagine al giorno (i dati sono di una ricerca Ipsos del 2010) e il 20% delle stampe effettuate finisce direttamente nel cestino senza essere letta. Inoltre, secondo una più recente ricerca di Lexmark, il 67% non riesce a quantificare i costi della stampa dei documenti.

Il ruolo delle stampanti
Le stampanti sono viste come commodity e non sono mai state incluse nella politica di riduzione costi; a questo si aggiunge il fatto che non sia ancora sufficientemente diffusa la conoscenza di come intervenire sulle abitudini di stampa in modo appropriato: molti credono infatti che basti stampare i documenti fronte e retro per consumare meno carta.

In certi casi, nota Re, la mancanza di un ambiente di lavoro ben strutturato è evidente e si può constatare dalla presenza di stampanti su ogni scrivania e macchine fotocopiatrici nei corridoi, e via discorrendo.
Inoltre, capita molto spesso che qualcuno recuperi erroneamente la stampa che un collega ha dimenticato nel vassoio della fotocopiatrice, costringendolo a inviare una nuova stampa. Secondo una recente ricerca di Lexmark, il 20% degli intervistati ha dichiarato di essersi ritrovato in questa situazione.

La logica output
Un’adeguata infrastruttura di output management consentirebbe alle aziende di ottimizzare la propria flotta stampanti e MFP e favorire l’utilizzo di documenti elettronici anziché cartacei, con il conseguente vantaggio di velocità di reperimento delle informazioni grazie all’indicizzazione, che ne facilita la ricerca.
Inoltre, viene semplificata enormemente l’integrazione con i partner esterni per quanto riguarda il flusso dei documenti.

Per Re spesso il problema reale è rappresentato dal pregresso: la manutenzione di un archivio è costosa, ma lo è anche la sua dematerializzazione; in più, una volta eliminata la carta, resta il dubbio se conservare comunque i documenti cartacei.
Al giorno d’oggi il documento nasce prevalentemente in formato elettronico, ma se si tratta di dover apporre delle firme si torna al cartaceo.

Il settore della PA mostra una maggior inefficienza rispetto al settore privato, spiegata in parte anche dagli obblighi normativi (legge 228/2012) che impongono gli acquisti all’ingrosso.
Infatti, ora, sono poche le amministrazioni che dopo il massiccio intervento della spending review possono sottrarsi all’obbligo di rifornirsi da una centrale di acquisto come Consip, (Concessionaria Servizi Informativi Pubblici) per forniture di beni e servizi di valore superiore alla soglia comunitaria (fino al 2014 pari a 130mila euro per le amministrazioni statali e a 200mila per le altre).
Questa normativa presenta però un limite nell’approccio, che si concentra esclusivamente sull’oggetto dell’acquisto e non sui processi di gestione. Inoltre, per quanto riguarda l’aspetto della gestione della carta e della dematerializzazione dei documenti, la Pa si è dotata in molti settori delle tecnologie adatte, ma fa fatica ad applicarle appieno anche per i cambiamenti dettati dalla politica, dal momento che le priorità e i progetti di razionalizzazione sono differenti a seconda di chi riceve il mandato.

Tutto questo, spiega Re, chiaramente non riguarda solamente la PA. Se è vero che mantenere magazzini per l’archiviazione dei documenti prevede un costo che può essere eliminato con la dematerializzazione, è altrettanto vero che non è detto che all’interno dell’azienda si abbiano le capacità per acquisire le tecnologie e le competenze per realizzare la dematerializzazione dei documenti in tempi ragionevoli.
In questo caso occorre avvalersi di servizi e aziende esterne, con tutte le questioni di privacy e di riservatezza delle informazioni contenute nei documenti da dematerializzare che questo comporta. La normativa in Italia sui documenti digitali con valore legale e fiscale è molto avanzata e dovrebbe permettere una efficace trasformazione dei documenti di rilievo legale e fiscale. Però le leggi sono continuamente oggetto di modifiche ed evoluzioni, inducendo gli operatori privati all’attesa di una definitiva stabilizzazione della normativa per evitare sprechi e doppi adeguamenti.

Il ROI della dematerializzazione
In un periodo come questo, in cui il pubblico deve assolutamente fare cassa e il privato ha il problema della stretta del credito, la questione dei tempi di ritorno dell’investimento della dematerializzazione dei documenti si fa sempre più pressante.
Di fatto, nell’ambito della gestione e stampa del documento, l’ottimizzazione di una infrastruttura implica mettere mano all’infrastruttura stessa, quindi si tratta di investire.
Se l’investimento significa acquistare nuovi beni, allora il ritorno è mediamente in un anno, un anno e mezzo circa.
È possibile però, anziché acquistare l’infrastruttura, pagarne solamente l’utilizzo, senza cioè affrontare l’investimento iniziale.
Dipende, in sintesi, dall’approccio che le aziende decidono di avere nei confronti della dematerializzazione dei documenti: si tratta di stabilire se si intende agire sui documenti correnti oppure anche sull’archivio, inoltre si deve stabilire se mettersi in casa infrastrutture e competenze (e in questo caso è necessario un investimento iniziale) oppure se pagare un servizio a consumo.

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