Decreto Sviluppo, credito d’imposta per la ricerca e per le nuove assunzioni

il Governo ha varato due misure, sotto forma di credito d’imposta, destinate e rifinanziare gli investimenti delle imprese in due importanti ambienti aziendali: quello della ricerca e quello dell’occupazione. Vediamo in cosa consistono.

Nel contesto del decreto Sviluppo (Dl 13 maggio 2001, Gu 13 maggio 2011, n. 110), il Governo ha varato due misure, sotto forma di credito d’imposta, destinate proprio e rifinanziare gli investimenti delle imprese in due importanti ambienti aziendali: quello della ricerca e quello dell’occupazione.

Finanziata la ricerca “incrementale”
Il primo provvedimento contemplato dal decreto Sviluppo dispone l’attribuzione di un credito d’imposta a favore delle imprese che, negli anni 2011 e 2012, si impegnino in attività di ricerca commissionata all’esterno ad Università ovvero ad enti pubblici di ricerca.
Si tratta, come lo stesso decreto puntualizza, di:

  • Università, statali e non statali, e Istituti Universitari, statali e non statali, legalmente riconosciuti;
  • enti pubblici di ricerca di cui all’articolo 6 del Contratto collettivo quadro per la definizione dei comparti di contrattazione per il quadriennio 2006-2009, nonché dell’Asi (Agenzia spaziale italiana);
  • organismi di ricerca così come definiti dalla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione, n. 2006/C 323/01, lettera d), del paragrafo 2.2.

Quello previsto dal decreto in commento sostituisce, pertanto, il credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo di cui al comma 25 dell’art. 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220.
È evidente, dal tenore della legge, che il Governo abbia voluto garantirsi una sorta di “certificazione” della qualità dei progetti di ricerca implementati. Tant’è che la norma ha circoscritto alle sole attività affidate in outsourcing alle Università ed agli enti pubblici di ricerca il premio fiscale. Come si legge dalla relazione illustrativa al decreto, la quota di ricerca affidata ai predetti enti rappresenta circa il 20% degli investimenti in R&S sostenuti dalle imprese che, in genere, commissionano lavori finalizzati ad obiettivi conoscitivi di nuove metodiche o di nuovi mercati. Anche tale dato, comunque, testimonia come in effetti la ricerca esternalizzata corrisponda solo ad una parte marginale delle attività implementate dalle imprese che, in genere, preferiscono utilizzare strutture e ricercatori interni, anche per garantirsi il necessario know how abbinato alla conoscenza specifica delle peculiarità dell’impresa. A conti fatti, invece, i laboratori interni realizzati dalle poche imprese virtuose del nostro Paese sono lasciati a bocca asciutta dal provvedimento in esame.
Va, comunque, sottolineato che Università ed enti pubblici di ricerca potranno sviluppare le attività commissionategli anche in associazione, in consorzio o in joint venture con altre strutture di ricerca, anche private, che posseggano, però, un equivalente livello scientifico di qualifica. Sarà, poi, cura di un prossimo decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze individuare altre strutture cui poter commissionare i progetti di ricerca premiabili col credito di imposta.
Come detto, il nuovo bonus è inizialmente limitato ai soli investimenti realizzati nel biennio 2011-2012. L’incentivo, però, copre la sola quota di spesa che eccede la media degli investimenti in ricerca effettuati nel triennio 2008-2010. Non è ben chiaro, al momento, se il confronto debba essere operato esclusivamente con le spese in ricerca “esternalizzate” a favore di Università e Centri pubblici di ricerca effettuate nel triennio o con l’intera spesa sostenuta. In quest’ultimo caso, la norma risulterebbe sostanzialmente iniqua in quanto rapporterebbe due valori oggettivamente non comparabili.
La fruizione dell’incentivo, come spiega il decreto, sarà consentita in tre tranche annuali e andrà ad aggiungersi alla già ordinaria deduzione delle spese sostenute dal reddito d’impresa conseguito nell’esercizio.
Quanto all’importo dell’agevolazione riconosciuta, essa è di sicuro appeal. Il contributo, infatti, è attribuito nella misura del 90% della spesa incrementale di investimento.
Valgono le medesime regole ordinarie che riguardavano le precedenti agevolazioni riconosciute sotto tale forma:

  • il credito di imposta deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi;
  • il contributo non concorre alla formazione del reddito, né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive;
  • l’agevolazione non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al Dpr 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni;
  • è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del Dlgs 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, con esclusione delle fattispecie di cui al comma 2, lettere e), f), g), h-ter) e h-quater) del medesimo articolo;
  • non è soggetto al limite annuale di cui all’art. 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (si ricorda, al riguardo, che la norma indicata stabilisce che l’importo dei crediti d’imposta utilizzabile in compensazione dal contribuente non può superare il limite annuale di € 250.000. La stessa norma prevede che l’importo non utilizzato in un determinato anno, poiché eccedente il predetto limite, può essere riportato in avanti ed è comunque compensabile per l’intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l’eccedenza. Il limite specificamente previsto per tali crediti si cumula con il limite di carattere generale per le compensazioni orizzontali fissato in euro 516.456,90 dall’art. 17 del Dlgs n. 241/1997).

Per le specifiche modalità operative dell’agevolazione in commento bisognerà attendere un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.
Alla misura il decreto garantisce:

  • 55 milioni di euro per l’anno 2011;
  • 180,8 milioni di euro per l’anno 2012;
  • 157,2 milioni di euro per l’anno 2013;
  • 91 milioni di euro per l’anno 2014.

Nuova chance per le assunzioni nel Mezzogiorno
Al via anche la nuova versione del bonus assunzioni. Il decreto sviluppo, infatti, reintroduce una misura storica di incentivo all’innalzamento dei livelli occupazionali nelle aree depresse per tutte quelle assunzioni operate nei dodici mesi successivi alla data di entrata in vigore del decreto.
La misura è, ovviamente, armonizzata con i requisiti previsti dalla Commissione europea in materia e, pertanto, è riconosciuta nel rispetto delle disposizioni di cui al Regolamento (Ce) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato Ce.
In sostanza, ai datori di lavoro che, nei dodici mesi successivi alla data di entrata in vigore del decreto, incrementano il numero di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato con l’assunzione di nuovi lavoratori è riconosciuto, per ogni nuovo lavoratore assunto, un credito d’imposta pari al 50% dei costi salariali per lo stesso sostenuti nei dodici mesi successivi all’assunzione.
L’incentivo è, però, concesso per le sole assunzioni di soggetti definiti dalla Commissione europea “svantaggiati”ai sensi del numero 18 dell’art. 2 del predetto Regolamento. Si tratta, come lo stesso Regolamento chiarisce, di lavoratori privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi, ovvero privi di un diploma di scuola media superiore o professionale, ovvero che abbiano superato i 50 anni di età, ovvero che vivano soli con una o più persone a carico, ovvero occupati in professioni o settori con elevato tasso di disparità uomo-donna ovvero membri di una minoranza nazionale.
Nel caso, poi, di assunzioni di lavoratori “molto svantaggiati”, il credito d’imposta è concesso nella misura del 50% dei costi salariali sostenuti nei ventiquattro mesi successivi all’assunzione.
A tal riguardo, il decreto ricorda che per lavoratori molto svantaggiati si intendono i lavoratori privi di lavoro da almeno 24 mesi.
In entrambi i casi, l’agevolazione è attribuita anche per le assunzioni a tempo parziale, in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale.
L’incentivo è operativo nelle sole regioni del Mezzogiorno e, quindi, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Molise, Sardegna e Sicilia.
Per quanto riguarda le modalità di calcolo del bonus, il decreto ha riproposto l’usuale criterio “incrementale”, che stabilisce la misura dell’agevolazione spettante sulla base della differenza tra il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato mediamente occupati nei dodici mesi precedenti la nuova assunzione. Ovviamente, l’incremento dovrà essere assunto al netto delle diminuzioni occupazionali verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.
Si decade dal diritto all’agevolazione concessa:

  • se, il numero complessivo dei dipendenti, è inferiore o pari a quello rilevato mediamente nei dodici mesi precedenti all’arco temporale di cui al comma 1;
  • se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di tre anni, ovvero di due anni nel caso delle piccole e medie imprese;
  • nei casi in cui vengano definitivamente accertate violazioni non formali, sia alla normativa fiscale che a quella contributiva in materia di lavoro dipendente per le quali sono state irrogate sanzioni di importo non inferiore a euro 5.000, oppure violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni, nonché nei casi in cui siano emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale.

Anche per il credito di imposta assunzioni sono applicabili le regole ordinariamente previste per i bonus fiscali:

  • il credito di imposta deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi;
  • il contributo non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive;
  • l’agevolazione non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al Dpr 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni;
  • è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, con vincolo di utilizzo entro i tre anni successivi la data di assunzione.

Per conoscere le risorse attribuite al bonus in argomento e le modalità attuative, bisognerà attendere un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, con il Ministro per i Rapporti con le Regioni e per la Coesione Territoriale e con il Ministro della Gioventù, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. In ogni caso, le risorse necessarie all’attivazione della misura agevolativa sono individuate, previo consenso della Commissione Europea, nell’utilizzo congiunto delle risorse nazionali e comunitarie del Fondo sociale europeo e del Fondo europeo di sviluppo regionale destinate al finanziamento dei programmi operativi, regionali e nazionali.

 

(per maggiori approfondimenti vedi Finanziamenti e credito, Novecento Media)

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