Decreto Romani: le polemiche, i pareri, le proposte

Stando a quanto riportato nel decreto, l’AGCOM potrebbe essere chiamata a disporre regolamenti atti ad impedire la pubblicazione di contenuti audiovisivi di proprietà intellettuale di terzi.

Nel decreto ci sono aspetti da riconsiderare perché non coerenti con la direttiva comunitaria“. E’ questo quanto ha dichiarato Corrado Calabrò, Presidente dell’AGCOM – Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni -, dopo l’audizione in commissione Lavori pubblici del Senato. Calabrò si riferisce al decreto Romani, disposizione che dovrebbe essere lo strumento per recepire la direttiva europea 2007/65/CE, conosciuta anche come “Audiovisual Media Services“.
Stando a quanto riportato nel decreto, l’AGCOM potrebbe essere chiamata a disporre regolamenti atti ad impedire la pubblicazione di contenuti audiovisivi di proprietà intellettuale di terzi. L’avvocato Guido Scorza, uno dei più autorevoli esperti di diritto informatico e di tematiche connesse alla libertà di espressione ed alle politiche di innovazione, osserva come non si possa rischiare che Internet venga paragonata ad una grande televisione.
Disposizioni del genere potrebbero avere conseguenze ed implicazioni piuttosto importanti, giusto per citare un esempio, per quanto concerne i contenuti caricati su YouTube: in archivio sono moltissimi i contributi desunti dalle trasmissioni di televisioni italiane e straniere.

Calabrò ha aggiunto che la delega riconosciuta all’esecutivo è “molto, molto ampia, con molto pochi criteri direttivi e molto poco dettagliati” e che il decreto, così come formulato, “frammenta o addirittura sottrae competenze” ad AGCOM.

La notizia del decreto è arrivata anche negli Stati Uniti: si parla di un caso unico nel mondo occidentale con esplicito riferimento all’articolo 17 della disposizione che introduce la necessità di ottenere un’apposita autorizzazione per la diffusione su Internet di contenuti audiovisivi. Una norma che è stata bollata Oltreoceano come “anti-YouTube”.
Anche per il web, inoltre, si torna a parlare dell’obbligo di rettifica, come accade nel caso dei telegiornali tendendo a responsabilizzare i provider per i contenuti pubblicati in Rete dagli abbonati.

Come confermato dallo stesso vice ministro dello sviluppo Paolo Romani, la Commissione Europea avrebbe già avviato una procedura di infrazione contro l’Italia in merito al medesimo decreto legislativo in materia di televisione ed Internet, così come anticipato ieri da Reuters. Romani parla però di un atto formale, da parte dell’UE, che riguarderebbe esclusivamente il mancato recepimento della direttiva europea entro il 19 dicembre scorso. La procedura, sempre secondo Romani, sarebbe stata indirizzata non solo all’Italia ma anche ad altri 22 stati.

Sul versante politico, intanto, l’opposizione ha presentato a Palazzo Madama un manifesto-appello in cui si chiede la modifica del decreto Romani rimuovendo i riferimenti alla normativa sul diritto d’autore, l’obbligo di rettifica, la richiesta di autorizzazioni ministeriali per la distribuzione di materiale audiovisivo in Rete. Obiettivo: “garantire la neutralità delle reti di comunicazione, la diffusione delle nuove tecnologie telematiche e lo sviluppo del software aperto“.

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