Datacenter, Hp se lo farà così

Tre le direzioni: consolidamento software, omogeneizzazione hardware e sistemi intelligenti di raffreddamento.

Il datacenter del futuro provato sulla propria pelle: dallo scorso maggio Hp è impegnata in un progetto di ristrutturazione e consolidamento dei propri datacenter che può servire da best practice, da esempio anche per gli altri.

Da 85 che sono, i centri dati mondiali della società di Palo Alto dovranno diventare sei, cioè tre datacenter, più altrettanti siti di replica, ossia deputati al disaster recovery.

Obiettivo da raggiungere, nel giro di quattro, ma se possibile anche tre anni: risparmio di un milione di dollari all’anno.

Come? Seguendo tre direttive: ottimizzazione del software, omogeneizzazione dell’hardware, attenzione ai sistemi di raffreddamento.

Il primo vettore dell’operazione di consolidamento riguarda il comparto applicativo, come ha avuto modo di illustrare il Cto di Hp Software, Russ Daniels, raccontando una situazione che accomuna Hp a molte altre realtà produttive.

I datacenter, ha spiegato Daniels, sono pieni di applicazioni doppie o triple, di applicazioni diverse che però svolgono la stessa operazione, di applicazioni vecchie (legacy) non più utilizzate quotidianamente che sostanzialmente occupano spazio.

Snellire, compattandolo, il comparto applicativo è fonte di virtuosismo sul lato dei costi.

Per farlo, si ricorre anche all’arma della persuasione non propriamente “democratica”.

«Sovrattassa legacy»

Ossia, siccome il datacenter non lo disegnano gli utenti, ma i responsabili di centro sulla base di regole di conformità tecnologica, vanno fatte delle scelte anche dolorose per perseguire lo scopo del risparmio. Pertanto, se si decide che un’applicazione legacy è di ostacolo al buon funzionamento, si propone ai potenziali utenti interni di mantenerla sul nuovo datacenter, ma con un costo, da addebitare alla divisione che ne fa richiesta.

Si tratta, in sostanza, di proporre il mantenimento dell’applicazione legacy come un servizio. E, come tale, a pagamento.

In questo modo si genera consapevolezza sullo stato dell’infrastruttura e si obbliga i centri operativi a valutare con precisione l’utilità delle applicazioni che hanno in carico.

Omogeneizzare l’utilizzo del software sulla base dei criteri di scelta della capacità dei sistemi hardware diventa quindi l’operazione principale per i designer del datacenter.

Su questo fronte Hp ha scelto di far ruotare le operazioni nei nuovi datacenter su blade C-Class e su server Integrity, completandone le attività con sistemi di storage.

Ad attendere i database ci sono i Superdome, ossia sistemi standard di classe mainframe.

Il senso della standardizzazione dell’infrastruttura è spiegato bene da Lin Nease, Cto dei Business Critical System, quando paragona che la scelta di una omogeneità di fondo per privilegiare l’economia di gestione è simile, per natura, a quella che ha spinto una compagnia aerea come la Southwest Airlines a far volare solo Boeing 737, che detengono il primato degli aerei con i più bassi costi di manutenzione in rapporto all’efficienza di servizio.

Un nuovo design

La decisa ricerca di efficienza ha anche spinto Hp ad adottare una nuova visione della modularità dei sistemi, non più fondata sul singolo elemento, ma sul “branco”.
Nease ha spiegato il senso del design “a baccello”, in base al quale i server vengono installati in gruppo, per svolgere una specifica funzione, come può essere far girare applicazioni J2Ee, condividere database, animare siti Web. Collegati una volta, non si rimuovono più, se non tutti assieme (tolti ovviamente i casi di guasto singolo).

Strettamente connessa al funzionamento hardware è la tematica del raffreddamento. Da sempre argomento principe del momento gestionale di un datacenter, nell’ultimo periodo il raffreddamento è assurto alle cronache per via dell’introduzione di nuove tecnologie che fanno uso di liquidi.

Hp, però, pare privilegiare il classico metodo di raffreddamento ad aria, riveduto e ammodernato, però. Nei nuovi datacenter saranno implementati sistemi di condizionamento a fluido dinamica computazionale, che fanno uso di sensori non solo posti sul soffitto, ma anche in prossimità degli chassis, e che entrano in azione alla bisogna. Si può dire, quindi, un sistema di raffreddamento “on demand”.

In sostanza, per entrare nei nuovi datacenter di Hp non sarà necessario indossare un giubbotto, come in passato, perché non ci saà ovunque una temperatura inferiore ai 10 gradi Celsius.

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