Database, la grande rivoluzione sommersa

Modelli, device e struttura frullano contemporaneamente a nuovi tipi di dato (video, social, sensor) le cui dimensioni e congruenze accelerano senza pietà.

Dopo trent’anni di orribili parallelepipedi raggomitolati, finalmente non è più logico né funzionale avere in casa o in azienda complessi sistemi informativi: basta acquistare un piccolo device sigillato ed accedere ai dati in rete.
A me sta bene e mi sembra che stia bene anche al resto del mondo.
Sembra che l’Ict si stia convertendo al modello utility. Paradossalmente ciò accade mentre il mondo dell’energia va in direzione opposta, cercando di aumentare la produzione locale di energia elettrica grazie ad impianti per il singolo edificio poi connessi alla rete, in un tentativo di social grid network. Ovviamente la differenza è che il sole ci fornisce costantemente energia elettrica ma non potere computazionale, quindi il discorso è diverso, per quanto storicamente interessante. Ma anche i social grid network per esistere producono dati. Tanti dati.

Cerchiamo le strategie
La sfida verso organizzazione, gestione e memorizzazione dei dati è davvero enorme. Il novanta per cento dei dati digitali che possediamo è stato creato negli ultimi due anni e temo molto il biennio a venire. Questa affermazione, vera con grande precisione sia per gli individui, sia per le aziende, ristruttura la realtà che ci circonda, orientandola verso un mondo di gestione e catalogazione piuttosto che verso un percorso di tattiche integrate a strategie.
Il basso costo dei nuovi sistemi di storage rispetto ai precedenti permette di non decidere né come filtrare i dati prodotti, né quali buttare dopo un periodo di abbandono. Ma dopo l’abbuffata di rimappature sociali dell’infrastruttura, e in qualche modo a contorno della fondamentale riscrittura amministrativa offerta dal cloud computing, vengono ora rilanciate le caratteristiche di partenza di qualsiasi attività che si rispetti: i dati.

Master e Big Data
Volendo fare una distinzione secca, i dati aziendali sono di tre tipi: transazionali, contenutistici e di attività. I social data rientrano nella parte non strutturata del secondo tipo, mentre i dati master vanno ricercati all’interno del terzo tipo.
Un primo esempio lo danno i Master Data, appena rilanciati da Gartner, che delimita il confine più a sud: la condivisione anche in lettura di dati master anche su su due soli processi aziendali è già Mdm anche se non ha lo stesso nome, e le politiche d’implementazione, benché basate sui metadati, riguardano principalmente l’attività e i soli dati master. Oltre che nella ricerca, questi dati sono essenziali nell’analisi economica e quindi si è alla continua ricerca di sistemi che riescano a catturarli, classificarli, analizzarli e visualizzarli.
I master data sono essenzialmente elementi semistrutturati o non strutturati all’interno del perimetro di creazione del valore: clienti, fornitori, prodotti, dipendenti e sedi.
Un secondo rilancio proviene dai cosiddetti Big Data, database di dimensioni sempre maggiori e sempre più caotici, oggi sempre più alimentati dai sensori inseriti nei dispositivi tascabili e domestici anche su scala planetaria. I big sono ancora più variegati dei master.
Insomma, che si parli di smartphone o di datacenter, la base di partenza è sempre data dalla quantità di informazioni effettivamente fruibili.

PS: Phishing sensoriale
Sempre parlando di big data, confesso di essere rimasto colpitissimo dal dispositivo Kinect della Xbox di Microsoft e dai chip che l’azienda di Redmond sta acquistando al riguardo. Scherzando sull’argomento, ma non troppo, sono terrorizzato all’idea che da qualche parte -magari in Utah- esista un database delle principali caratteristiche fisiche degli utenti di Kinect, elementi utilissimi per il marketing ma anche per il dileggio: Xbox potrebbe pubblicare direttamente su Facebook una nota tipo “Leo Sorge è 1,5 cm più largo del mese scorso” e propormi un e-store di taglie extralarge, oppure “La persona collegatasi come Leo Sorge risulta 8 cm più bassa e quindi è in atto una verifica di phishing”.

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