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Data center più freschi per un mondo che si scalda

Paolo Fontana, country manager Italy di Pure Storage, affronta il tema del raffrescamento dei data center, fra strategie smart e riduzione dei consumi energetici

Il cambiamento climatico stia innalzando la colonnina di mercurio a livello globale. In questo contesto, la sfida del raffreddamento dei data center si fa più complessa, costosa ed energivora. I consumi elettrici necessari hanno un impatto su altre infrastrutture e come si è visto nei mesi scorsi a Londra, la possibilità di edificare nuove abitazioni è limitata dalle notevoli esigenze di alimentazione dei data center. Data la crescita dei volumi di dati, questa necessità non è che destinata ad aumentare.

Per chi lavora nel settore del data processing e del calcolo, il raffreddamento non rappresenta una sfida nuova. Qualunque responsabile di data center conosce bene la necessità di bilanciare l’efficienza dei consumi elettrici e la regolarità delle temperature con i requisiti del business. La tecnologia moderna può sicuramente aiutare a raffreddare i componenti, ma può risultare complesso implementarla nei data center esistenti. Fortunatamente, nel quadro di una soluzione olistica, ci sono alcune strategie pragmatiche e sostenibili che si possono prendere in considerazione.

Circolo di aria fresca per raffreddare i data center

Non occorre dire che un buon condizionamento dovrebbe essere alla base di qualsiasi data center. Non è piacevole scoprire che in qualche struttura bisogna “ricorrere alle tubature dell’acqua” affinché i sistemi HVAC (Heating, Ventilation and Air Conditioning) possano reggere. Per chi ne ha la possibilità, costruire un data center già in climi più freschi può contribuire a ridurre l’onere del raffreddamento, ma purtroppo non è un’opzione percorribile per tutti

Garantire un’alimentazione stabile ai sistemi HVAC è basilare. Per la continuità operativa e la pianificazione delle emergenze, i generatori di riserva sono una precauzione necessaria – sia per gli apparati di raffreddamento che per le risorse storage e i sistemi di calcolo. I piani di continuità operativa e disaster recovery dovrebbero già prevedere cosa fare in caso di interruzione dell’alimentazione (e anche di quella di riserva).

In caso di aumento delle temperature, è utile disporre di un hardware più resistente e affidabile. Lo storage flash, ad esempio, è tipicamente molto più adatto a resistere all’aumento delle temperature rispetto ai dischi meccanici, in questo modo i dati restano al sicuro e le performance rimangono invariate anche a temperature più elevate del normale.

Paolo Fontana, country manager Italy di Pure Storage
Paolo Fontana, country manager Italy di Pure Storage

Consigli per ridurre i consumi

 Ci sono tre strategie che – combinate tra loro – le organizzazioni IT dovrebbero valutare per ridurre il fabbisogno di alimentazione e di raffreddamento dei data center:

  • Soluzioni maggiormente efficienti – Ogni componente hardware consuma energia e genera calore. Le aziende dovrebbero optare a favore di un hardware più versatile, pratico e dalle dimensioni più compatte all’interno di data center, per ridurre le temperature e, di conseguenza, i costi di raffreddamento. Ad oggi, sempre più spesso le organizzazioni IT ripongono l’attenzione al tema dell’efficienza energetica in relazione ai propri data center. Nel mondo dello storage dei dati e del calcolo, per esempio, le metriche principali oggi considerate comprendono la capacità per watt e le performance per watt. Poiché lo storage rappresenta una porzione significativa dell’hardware presente nei data center, il passaggio a sistemi più efficienti può ridurre significativamente l’impatto dell’alimentazione e del raffreddamento dell’intera struttura.
  • Architetture disaggregate – Consideriamo ora i sistemi DAS (Direct Attached Storage) e quelli iperconvergenti. Molti produttori sottolineano l’efficienza di combinare sistemi storage e di calcolo all’interno di infrastrutture iperconvergenti HCI. Ciò è assolutamente vero, ma tale efficienza è principalmente dovuta alla rapidità di deployment e alla riduzione del numero di team coinvolti nel deployment di queste soluzioni: non necessariamente ciò implica efficienza energetica. Al contrario, c’è un certo spreco di energia nell’utilizzare sistemi DAS e iperconvergenti.

Uno dei motivi è che raramente storage e calcolo crescono alla stessa velocità. Alcune aziende finiscono con l’avere una sovracapacità di calcolo per poter tenere il ritmo delle crescenti necessità di spazio storage. Lo stesso avviene occasionalmente dal punto di vista dello storage, ma in entrambi gli scenari si finisce con un notevole spreco di energia. Se calcolo e storage vengono separati, invece, è più facile ridurre la quantità di componenti infrastrutturali necessari, abbattendo quindi i requisiti di alimentazione e di raffreddamento. Inoltre, le soluzioni DAS e quelle iperconvergenti tendono a dare vita a silos di infrastrutture. È molto difficile rendere disponibile la capacità inutilizzata di un cluster ad altri cluster, e questo conduce a ulteriori fenomeni di overprovisioning e spreco di risorse.

  • Provisioning just-in-time – L’approccio legacy, per cui il provisioning veniva basato sulle esigenze previste per i 3-5 anni successivi, non è più efficace. Infatti, questo approccio le aziende a possedere un’infrastruttura significativamente più ampia di quella di cui hanno bisogno nell’immediato. In alternativa, i moderni modelli di consumo on-demand e i tool per il deployment automatizzato, permettono alle aziende di scalare con facilità le infrastrutture di data center nel corso del tempo. L’infrastruttura viene erogata just-in-time anziché just-in-case, evitando di dover alimentare e raffreddare componenti destinati a essere utilizzati a distanza di mesi se non di anni.

Spesso il raffreddamento dei data center dipende da un condizionamento affidabile e da una solida pianificazione delle emergenze. Ma, in qualsiasi struttura, ciascuna frazione di grado di temperatura in più corrisponde a un incremento frazionale dello stress subito dai componenti. Raffreddare i sistemi allevia lo stress di rack e stack, ma nessun responsabile di data center vorrebbe mai che quei sistemi venissero sottoposti a stress aggiuntivi – come è accaduto con le ultime ondate di calore.

Perché dunque non intraprendere le azioni necessarie a ridurre innanzitutto i volumi di apparecchiature e di calore generato? Se possiamo tagliare i costi correnti, semplificare e raffreddare i nostri data center e ridurre i consumi energetici – il tutto contemporaneamente – sarebbe una domanda che non avremmo necessità di porci.

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