Data center «costretti» a imboccare la strada del green it

Le esigenze elaborative sono in aumento e le aziende che possiedono centri dati dovranno stare al passo adottando le nuove tecnologie. Una ricerca Coleman Parkes commissionata da Hp fa luce sulle sfide dei Cio, tra costi, efficienza e coscienza verde

È un fatto ineluttabile: dati da gestire e conservare in costante incremento, cambiamento della loro natura (sempre più multimediale) ed esplosione del social networking non potranno che accrescere il numero di pc, server , dispositivi di storage e di networking in funzione in tutto il globo. Chi possiede grandi data center, a proprio uso o a disposizione altrui in qualità di provider, non potrà non scontrarsi con questa contingenza. La trasformazione dell’It, pressata da tali necessità, comporterà allo stesso tempo l’adozione di nuove tecnologie più attente all’efficienza e al rispario energetico.
Una recente indagine commissionata da Hp e realizzata da Coleman Parkes su 500 Cio di grandi imprese a livello mondiale (37 in Italia, appartenenti a medie e grandi realtà di diversi settori) conferma che le esigenze delle aziende in tema di risorse elaborative sono in deciso aumento anche nel nostro Paese. «La ricerca dice che in Italia la media è di due datacenter per azienda, ovviamente con qualche grande realtà che ne ha sette o otto e altre che ne hanno uno, oltre al fatto che i data center possono essere di dimensioni anche molto diverse – ha raccontato Vinicio De Luca, Practice principal data center transformation, Technology services di Hp Italia – . In media ogni azienda ha in corso due progetti di data center transformation (concetto che per Hp significa cambiamenti di una certa rilevanza in termini di ampliamento o efficientamento, ndr), che tendono per i prossimi tre anni a salire a tre».
Va detto che l’indagine è stata realizzata in agosto, prima della grande crisi finanziaria, ma dalle risposte dei Cio risulta che non dovrebbe esserci un impatto negativo sui progetti. «L’informazione sta crescendo e a parità di transazioni, senza cioè introdurre elementi di business nuovi, si è automaticamente costretti a impegnare più capacità elaborativa – ha commentato De Luca -. E in questo l’Italia non è diversa, esiste un buon allineamento con i trend mondiali».

Le priorità dei Cio
Le sfide che i Cio italiani si prefiggono di affrontare secondo Coleman Parkes oggi riguardano specialmente le “tasche”: la riduzione delle spese che fanno capo al data center (una priorità per il 70% degli intervistati) e la gestione degli investimenti in corso (62%), ma anche la necessità di giustificare investimenti in nuove attrezzature, oltre al bisogno di aumentare la flessibilità e la capacità dell’It nel supportare il business (60%).
Ma se si guarda ai prossimi tre anni balzerà in primo piano il problema della mancanza di spazio a disposizione per poter installare nuove macchine, citato dal 62% del campione (allo stato attuale tale criticità è sentita solo dal 30%). In parallelo, saranno sempre di più le aziende che dovranno risolvere problemi di alimentazione elettrica (il 60%, rispetto al dato del 24% riferito all’oggi), a causa dell’aumento dei consumi generato dai nuovi sistemi installati.
«Già oggi una buona percentuale di aziende vede avvicinarsi la soglia dell’80% di capacità elaborativa nel breve periodo e prevede quindi che dovrà potenziare le infrastrutture, magari ricorrendo a un’altra sede per ospitarle – ha proseguito il manager Hp -. Maggiore capacità elaborativa significa aumento dello spazio fisico ma anche dell’energia elettrica e del raffreddamento degli ambienti. Quest’ultimo fattore spesso è limitante: se l’impianto non è in grado di raffreddare di più, non si può pensare di inserire nuovi sistemi».
Da queste considerazioni si potrebbe pensare che il rinnovamento dell’It sarà forzato solo da esigenze pratiche e non da una vera coscienza “verde”. Ma l’osservazione, ci fa notare De Luca, non è del tutto corretta: «già oltre un anno fa in alcune gare di fornitura ci è stato chiesto esplicitamente di esprimere parametri orientati al green. Le aziende volevano capire quanto consumavano i sistemi al metro quadro o in rapporto alle prestazioni. Negli Stati Uniti esistono già alcuni standard cui attenersi per potersi dichiarare green, da noi non esiste ancora l’impulso forzato dalla legge ma l’”immagine” delle aziende sul mercato comincia a includere la cura delle pratiche del green It».

Dove agire per consumare meno
Fatto 100 il consumo totale di energia di un data center, più della metà, a volte il 60%, è assorbita dagli impianti di condizionamento, che quindi sono l’elemento che incide di più sulla spesa energetica. Indipendentemente dalla soluzione tecnologica adottata, chi possiede una o più sale macchine deve quindi agire prevalentemente su questo aspetto.
Il metodo più comunemente adottato è quello di raffreddare indistintamente l’intera sala del data center. «Ma raffreddare tutta la sala significa sprecare energia – ha spiegato De Luca -. Hp ha pensato a una soluzione basata su sensori di temperatura posizionati sui rack, gli armadi che ospitano i server, che agisconof acendo entrare aria in quantità più o meno maggiore nelle zone calde. In pratica, il freddo viene convogliato solo nelle zone dove c’è necessità e, inoltre, qualora i sistemi in particolari fasce temporali consumino e scaldino meno, anche la quantità di freddo iniettata viene limitata».
Ovviemante servono anche sistemi di ultima generazione, se si vogliono potenziare le prestazioni badando all’efficienza e all’interno dello stesso spazio. Server e pc nuovi sono utili ovviamente alla causa ecologica: ormai da qualche le macchine sono valutate in base alle capacità di calcolo rispetto al consumo e rispetto allo spazio occupato, ed è possibile effettuare una scelta “a priori” basandosi su questi parametri. «Esistono inoltre soluzioni software che permettono di stabilire una soglia massima di energia consumata – ha precisato De Luca -. In questo modo si apre un nuovo dialogo tra i sistemi di gestione dell’energia e l’architettura dell’It, ed è possibile ragionare non più solo in termini di velocità di elaborazione ma anche di prestazioni energetiche, quindi proprio nell’ottica del green It».

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