Pubblicato il report di dettaglio sulle richieste governative nei primi sei mesi dell’anno. Sono quasi 38.000 gli utenti sui quali sono arrivate domande. 74 i Paesi coinvolti.
La parte del leone la fanno gli Stati Uniti, con circa 21.000 richieste in sei mesi (dall’inizio dell’anno fino al 30 giugno) relative a circa 12.000 utenti.
Poi arriva l’India, con 4.144 richieste, e poi tutto il blocco Occidentale, con l’Italia ben posizionata appena alle spalle del Regno Unito.
A leggerla in chiave di classifica, la lista resa nota da Facebook nella giornata di ieri e relativa alle richieste ricevute dai Governi internazionali sui suoi utenti offre un interessante spaccato di geopolitica mondiale.
L’operazione trasparenza, perseguita anche – se pure con significative differenze in termini di comunicazioni e dettagli – da Google, Apple, Twitter, Microsoft e Yahoo, consente di sapere quali Paesi hanno chiesto informazioni, il numero di richieste ricevute da ogni Paese, il numero di utenti o di account utenti specificati nelle richieste, la percentuale di richieste per le quali, secondo la legge, la società è obbligata a divulgare almeno alcuni dati.
Complessivamente, nei sei mesi in esame la società ha ricevuto richieste da 74 enti governativi relative a 37.954 utenti.
Non tutte le richieste hanno ricevuto risposta: Facebook dichiara di aver fornito dati in merito al 79 per cento delle richieste Usa mentre le uniche richieste ricevute da Giappone e Russia evidentemente non rientravano nei criteri di obbligo previsti dalla legge.
Dall’Italia, ed è questo il dato che forse ci interessa di più, sono pervenute 2.306 domande su 1.705 utenti e Facebook ha risposto nel 53 per cento dei casi.
Poco meno rispetto al Regno Unito, che ha presentato 2.337 domande su 1.975 utenti, ricevendo risposta nel 68 per cento dei casi.
Germania e Francia sono più distanti, la prima con 2.068 domande su 1.886 utenti (e un tasso di risposta del 37%), la seconda con 1.598 richieste su 1.547 utenti (e un tasso di risposta del 39%).
La società, che dichiara la sua intenzione di pubblicare report analoghi a cadenza regolare e che rimanda per le metodologie di risposta alle linee guida pubbliche, sostiene che le richieste pervenutele riguardano ”gli account degli utenti coinvolti in indagini ufficiali. La maggior parte di queste richieste riguarda casi penali, come furti, rapine o sequestri di persona. In molti casi, le richieste hanno come oggetto informazioni relative al servizio, come ad esempio il nome dell’utente e la durata del suo rapporto con Facebook. Altre richieste possono riguardare dati come gli indirizzi IP o i contenuti dell’account”.