Da un’esperienza tecnica a una scelta imprenditoriale

La testimonianza di Luigi Pedrotta, fondatore della società di networking Lan & Wan Solutions, offre interessanti spunti di riflessione sull’approccio delle Pmi italiane verso l’innovazione.

Molte aziende chiedono supporto all’innovazione Ict ma poi, nella continua ricerca di un contenimento dei costi, cambiano le regole del gioco, distorcendo il mercato. I responsabili It devono avere più coraggio manageriale nel scegliere prodotti e servizi, senza sfruttare i grandi brand come paravento di scelte poco focalizzate. I corsi di formazione sono importanti ma spesso nascondono politiche meramente economiche. Queste le prime considerazioni di Luigi Pedrotta, amministratore delegato di una società di networking di cui è fondatore, la padovana Lan & Wan Solutions, che dal primo gennaio di quest’anno, ha aperto una filiale anche a Milano, Lan & Wan Service, divisione operativa sul fronte dei servizi sistemistici. Idee chiare, know-how ed esperienza mixati a un certo coraggio imprenditoriale, sono le componenti della professionalità del manager.

Qual è, secondo lei, la formula oggi dello start up?


“Come imprenditore sono partito nel dicembre del ’96 a Padova con l’idea iniziale di fornire da subito servizi globali a 360 gradi sulle reti locali e geografiche. Alcuni clienti enterprise che seguivo dal precedente lavoro come responsabile sistemista, una volta saputa la mia iniziativa, mi hanno chiesto di continuare a seguirli, allo scopo di fornirgli uno skill completo in materia di consulenza informatica, supporto, realizzazione dei progetti, installazione e assistenza post vendita. Un’esperienza che mi è servita tantissimo perché oggi, in qualità di direttore commerciale, quando vado dal cliente posso parlargli di sistemi wireless, d’applicazioni di unified messagging, di sistemi per la rilevazione ambientale integrati nel loro impianto informatico, di soluzioni Lan, Wan, Man, di sicurezza a 360 gradi e via dicendo”.

Da tecnico a commerciale, cos’è cambiato?


“Ho dovuto imparare a essere sempre molto esaustivo, a dare sicurezza al cliente, a confrontarmi con diverse persone, aspetti che prima non avevo mai dovuto formalizzare. Ragionare da tecnico mi aiuta a sviluppare politiche commerciali efficaci. Non bisogna spingere soluzioni e prodotti, ma capire gli obiettivi del cliente e se vuole privilegiare determinati trend o soluzioni. La trasparenza e la correttezza, alla lunga, pagano molto di più. Oggi è cresciuta la voglia di molti Edp manager di aumentare le proprie conoscenze e chiedere l’analisi è un modo per imparare. Quando un responsabile informatico non è tanto preparato su un particolare settore, normalmente sfrutta l’analisi consulenziale del fornitore o possibile nuovo fornitore, ottenendo la soluzione migliore al minor prezzo e facendo così bella figura nei confronti del Cda. Spesso si trovano manager insicuri, che ragionano da burocrati e scelgono le aziende in base al fascino del brand, pensando così di essere giustificati se poi il servizio o il prodotto risultano essere poco validi. I responsabili It competenti, invece, hanno il polso della situazione e non si fanno incantare da politiche d’immagine. Se è vero che la rapida evoluzione delle tecnologie comporta difficoltà oggettive nel valutare la professionalità di un’azienda, chi propone soluzioni Ict ha il dovere di fornire informazioni pertinenti fin dal primo approccio tecnico-commerciale, attraverso un progetto globale che faccia capire che cosa si sta proponendo e in che modo si raggiungeranno gli obiettivi richiesti”.

Dal punti di vista Ict, le aziende sono più evolute?


“Mentre l’impresa assume quadri preposti, competenti e che sanno dare giuste indicazioni, moltissime Pmi non hanno ancora sviluppato una cultura del management e sono realtà padronali con logiche di gestione a corto raggio, per cui anche l’acquisto di un nuovo pc rappresenta una spesa inutile e per cui non si rispetta e non si ha intenzione di rispettare alcuna nuova legge, a partire dalla regolarizzazione delle licenze software. Sul fronte della sicurezza, da due anni a questa parte la media e grande impresa ha cominciato a capire che l’approccio deve essere su una soluzione di progetto e non di prodotto. Il testo unico sulla privacy del gennaio 2004, è stato un buon motore: oggi ci sono delle misure minime da rispettare sui back up, sui disaster recovery e via dicendo. Come fornitori abbiamo il dovere di fare cultura. Siamo ancora in un periodo di transizione”.

Un aspetto apprezzato dai vostri clienti è il servizio di training on the job gratuito. I vostri tecnici sono continuamente aggiornati e nella vostra nuova sede di Padova avete un’aula corsi attrezzata. La formazione per voi è uno strumento di sviluppo?


“Certamente, ma bisogna saper distinguere: ci sono aziende che organizzano formazione senza valore. Una volta ho iscritto alcuni tecnici a un corso che mi sembrava affidabile perché fatto da un’azienda che, teoricamente, doveva essere preparata sul networking. È andata a finire che sono stati proprio i tecnici a insegnare al teacher: un neolaureato davanti a 10 tecnici skillati… l’hanno praticamente divorato. Esistono associazioni che al solo scopo di dimostrare alla categoria che fanno formazione, propongono corsi finanziati dalla Ue, ma spesso la commissione preposta non ha la competenza tecnica necessaria a validare il corso e, in ogni caso, non verifica mai la qualità. I referenti più preparati sono sempre i vendor”.

Oggi l’80% del vostro fatturato viene dalla media e grande impresa, dove alla fine tutti cercano di inserirsi. Forse perché c’è maggior possibilità di guadagno?


“I progetti sono più innovativi e, soprattutto, non si perde tempo. Le Pmi tendono a vederti come un factotum. Le cose si rompono, le applicazioni possono avere dei bachi o certe performance non sono realizzabili ma per la Pmi la colpa è sempre tua. Un responsabile Edp di tipo enterprise, abituato a trattare con diversi fornitori e con tanti prodotti, capisce e riconosce che l’investimento è reciproco. Non si tratta solo di un discorso economico: tra le Pmi venete ci sono molti imprenditori che stanno bene, ma non per questo vogliono investire nell’Ict. A loro basta chiudere con un piccolo utile e sono contenti così”.

Crescere per un’azienda significa anche aumentare i costi…


“Più che dei costi, gli imprenditori hanno paura di aumentare i rischi, ma un’attività è di per sé un rischio. Il problema è che manca il coraggio. Nel Veneto sono molte le aziende che preferiscono lo status quo, tranne poi lamentarsi perché nessuno le ha supportate contro la globalizzazione. Il nodo di fondo è lagato a un problema di mentalità”.

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