Da cosa dipende il successo dell’outsourcing

Il mercato dell’outsourcing sta maturando rapidamente, ma i problemi legati all’erogazione dei servizi restano troppo frequenti e costosi sia per chi li fornisce che per chi li riceve

Le decine di miliardi di dollari che si spendono ogni anno nell’outsourcing
di IT e processi di business mostrano chiaramente la tendenza generale delle
aziende di tutto il mondo verso una maggiore soddisfazione del cliente, una
migliore efficienza operativa e più elevate profittabilità. Il mercato
dell’outsourcing sta maturando rapidamente, e la concorrenza tra i fornitori di
servizi è sempre più forte. L’offerta di servizi e le relative funzionalità si
fanno sempre più sofisticate, ma al tempo stesso i problemi legati alla
fornitura effettiva dei servizi rimangono troppo frequenti e costosi, sia per
chi i servizi li eroga che per chi li riceve.


Secondo una ricerca realizzata da Oblicore nell’agosto 2005 su quasi 400
grandi aziende, l’88% degli SLA siglati con service provider prevedeva sanzioni
in caso di servizi erogati in maniera inferiore alle attese. Oltre a ciò, oltre
il 75% dei service provider intervistati ammetteva di aver dovuto pagare penali
nel corso degli ultimi 12 mesi. Ma il pagamento di penali, anche se sostanzioso,
non basta ad evitare le conseguenze dei problemi legati all’erogazione dei
servizi.


Oggi più che mai, gli utenti non soddisfatti cancellano i loro contratti e
tendono a rivedere il concetto stesso di outsourcing. Nel suo “2005 Global IT
Outsourcing Study”, l’agenzia di ricerche statunitense Diamond Cluster ha
segnalato come “Il numero dei clienti che hanno interrotto prematuramente un
contratto di outsourcing negli ultimi dodici mesi è più che raddoppiato,
arrivando al 51 per cento di oggi contro il 21 per cento dell’anno passato.” Per
molte aziende però, scegliere un fornitore al posto di un altro non risolve il
problema.  Quello di cui gli acquirenti di servizi in outsourcing hanno
veramente bisogno sono metriche precise delle prestazioni, oltre ad un
meccanismo che possa monitorare continuamente e con precisione la reale
erogazione del servizio.


Misurare ciò che realmente conta
Quello che Diamond
Cluster ed altri analisti hanno messo in luce, è che sono poche le aziende che
stringono accordi di outsourcing avendo una visione reale delle effettive
metriche di erogazione di servizi. Inoltre, poche realtà valutano l’impatto dei
loro servizi sul business prima di avviare un rapporto di outsourcing. Negoziare
i contratti di servizio senza una chiara visione di quai siano i dati più
significativi porta a concludere service level agreement (SLA) o underpinning
contract (UC) basati su indicatori non realistici, non misurabili, o
semplicemente irrilevanti. E questo può portare a risultati deludenti per gli
acquirenti, ma anche al pagamento di penali per i fornitori.


Misurare le prestazioni dei servizi e valutarne l’impatto
sul business aziendale implica una gestione
efficace degli SLA ed, in qualche caso, la realizzazione di complesse
catene di servizi composte da molti UC tra loro collegati. Ad
esempio, lo SLA di un call center implica la misurazione
dei tempi di risposta legati alla soluzione di problemi. Tempi che a loro volta
sono legati alle prestazioni di un sistema CRM, di una WAN,
di un sistema di fatturazione e di tante altre tecnologie collegate. Per
raggiungere un servizio ottimale, i sistemi e processi sottostanti collegati ad ogni servizio
devono essere compresi, trasparenti e funzionare correttamente.


Molte aziende ormai riconosccono la necessità di misurare, gestire e
comunicare i livelli di servizio IT in modo più scientifico, processo oggi
definito solitamente “service level management” (SLM), o “business service
management” (BSM). Detto ciò, ancora troppo spesso il processo di SLM è
automatizzato in modo improprio, o non automatizzato per nulla – nonostante da
esso dipendano sempre più prestazioni, competitività e profittabilità del
business. Questo crea un “gap” tra i servizi e la loro effettiva erogazione, che
tocca allo stesso modo service provider e outsourcer da un lato, aziende
acquirenti dall’altro.


Come risultato di questa discrepanza, i margini degli
outsorcer si fanno sempre più ridotti. Perdono soldi quando vengono imposte penali per
impegni non rispettati. Ma i loro costi aumentano anche quando  si
trovano ad offrire, o comunque a programmare, servizi ad un livello
troppo elevato, per compensare problemi – reali o immaginati – nella
loro erogazione. Alcuni si trovano anche ad affrontare seri problemi di
immagine, se clienti noti interrompono in anticipo contratti non soddisfacenti.


Ma questo gap crea problemi significativi anche alle aziende, che invece di
risparmiare e diventare più agili, possono trovarsi con maggiori costi operativi
e di gestione, riduzioni della produttività, customer service di qualità più
bassa e, in sostanza, rischiare di perdere clienti. Le aziende che operano in
mercati regolamentati possono anche trovarsi con problemi di conformità legale
ed operativa.


Per chiudere questo vuoto, e soddisfare pienamente i propri impegni, le
aziende devono pensare in maniera molto più scientifica a come i livelli di
servizio di processi di business IT sono legati ai risultati di business
desiderati, a come si definiscono gli obiettivi dei livelli di servizio, e a
come questi obiettivi possono essere raggiunti in maniera programmabile ed
efficiente. In sintesi, le aziende devono arrivare a definire livelli di
servizio “garantiti”. Essere in grado di soddisfare costantemente i propri
obiettivi di servizio, in maniera visibile, rappresenta una parte importante del
mantenimento del proprio vantaggio competitivo.


Risolvere la questione alla radice: un nuovo
SLM

In genere, lo SLM non è
stato in grado di mantenere il livello dell’outsourcing e, invece di essere una
base per servizi migliori, si è spesso rivelato una zavorra. Uno dei maggiori
problemi per chi offre servizi di outsourcing, è tradizionalmente rappresentato
dalla convinzione da parte di vendor di enterprise service management (ESM) che
le rispettive piattaforme tecnologiche siano soluzioni SLM.


I grandi vendor ESM ritengono che i loro prodotti siano in grado di risolvere
il problema dell’erogazione di servizi in outsourcing, ma il modo in cui
approcciano il problema è sbagliato. Per oltre 10 anni hanno provato a rendere i
loro prodotti meno legati all’infrastruttura (bottom up) e più legati al
business e ai processi di business (top down).


L’evoluzione degli strumenti di ESM è stata ostacolata dalle limitazioni
proprie di architetture bottom-up basate su “element management” (derivate del
network management), che sono state sviluppate nell’era client/Server, nei primi
anni Novanta. Questi strumenti sono privi del necessario focus sul business, e
non sono né integrati né completi nel loro approccio all’automatizzazione del
processo di service management verso call center ed altri processi di business
complessi e mission-critical, che si estendono a toccare sistemi e applicazioni
differenti. Inoltre, sono privi della facilità d’uso e delle best practice che
sono necessarie per un rapido deployment.


Fortunatamente, c’è una nuova innovazione in campo SLM. Piuttosto di partire
con una piattaforma tecnologica, le aziende più lungimiranti stanno avviando il
processo SLM partendo dagli impegni business che hanno già assunto. Questo
approccio orientato sul business è supportato da una nuova generazione di
soluzioni SLM che hanno un approccio top-down costruito sui termini concreti di
ogni contratto di outsourcing. Obiettivo è quello di sapere con chiarezza su
quali livelli di servizio si è impegnata l’azienda per ogni cliente, e
successivamente monitorare e gestire i sistemi IT sottostanti, i processi e le
persone legate all’erogazione di questi servizi.


Vista la complessità degli attuali sistemi IT e di
organizzazioni sempre più internazionali, la chiave di tutto è il creare un
repository centralizzato di dati legati alle
prestazioni dei servizi, raccolti in tempo reale da tutte le aree dell’azienda,
e una console

che consenta una visibilità costante di quanto
le prestazioni siano vicine, o lontane, agli impegni. Nel momento in cui i
service provider passano a questo approccio e sviluppano soluzioni che
effettivamente automatizzano i processi SLM, possono vedere – ogni giorno o
addirittura ogni ora – se stanno facendo un buon lavoro e, se così non è,
possono capire dove sta il problema. Risultato finale di questo processo è la
possibilità di vedere i problemi non appena si manifestano, di proteggersi da
penali inattese e prevenire cattive relazioni con i clienti, che possono
ulteriormente ostacolare i servizi in outosurcing.

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