Criticità e opportunità di una tecnologia che avanza

Analizzando i vari studi relativi alla tecnologia Rfid (Radio frequency identification), abbiamo trovato interessante l’analisi sulle criticità e opportunità per lo sviluppo di questa tecnologia svolta da Paolo Talone e Giuseppe Russo (ricercatori dell …

Analizzando i vari studi relativi alla tecnologia Rfid (Radio frequency identification), abbiamo trovato interessante l’analisi sulle criticità e opportunità per lo sviluppo di questa tecnologia svolta da Paolo Talone e Giuseppe Russo (ricercatori della Fondazione Ugo Bordoni) nel volume “Rfid: Fondamenti di una tecnologia silenziosamente pervasiva”.

Gli autori sottolineano, infatti, che questo mercato si trova a dover affrontare una serie di problematiche che, se potrebbero un domani essere risolte con lo sviluppo tecnologico, oggi rappresentano ancora un freno all’introduzione su larga scala dell’Rfid.

Uno dei primi problemi è la “compatibilità” a livello mondiale, dovuta alla non uniformità di frequenze operative e potenze di trasmissione utilizzate nei vari paesi.Un altro punto è rappresentato dalla difficoltà per le aziende di allestire l’applicazione, e questo per mancanza di offerta di sistemi “chiavi in mano” e degli alti costi del software applicativo.

Attualmente, inoltre, sono considerate ancora modeste le prestazioni di tag e reader rispetto alle specifiche o alle aspettative dell’applicazione: infatti è ancora scarsa la distanza operativa, mentre è più elevata la possibilità di fallimenti nelle operazioni di lettura ed è bassa la velocità di lettura-scrittura.

I tag, inoltre, hanno ancora dei limiti di applicabilità su alcune forme di prodotti o tipologie di merci.

Un’altra criticità è rappresentata dalla sicurezza e dalla protezione dei dati, per cui le aziende sono spesso diffidenti verso questi strumenti, ma alla fine su tutti sembra emergere il problema del costo dei tag, che forse viene percepito come una delle barriere maggiori da superare, in quanto incide, spesso in modo significativo, sul prezzo finale del prodotto, anche perché non sempre viene ripartito su tutti gli attori della catena della distribuzione.

Fermo restando che tutte queste osservazioni siano valide, uno dei problemi dell’Rfid è anche quello di dimostrare il reale valore aggiunto che porta, e che quindi ne giustifichi l’investimento, specie se si confronta con tecnologie ormai consolidate come i codici a barre.

A parte gli esempi di chi vanta indiscutibili vantaggi con l’utilizzo di questa tecnologia, forse la via migliore per approciarla potrebbe essere quella di non puntare al contesto aziendale per l’introduzione dell’Rfid, ma, come accaduto per i codici a barre, coinvolgere nel processo tutta la catena distributiva, ripartendo i costi e condividendo i benefici tra tutti gli attori. Così facendo, l’attenzione non sarebbe concentrata sulle prestazioni di tag e reader, quanto sulla funzionalità di sistemi di gestione e middleware e, soprattutto, sulla loro accessibilità da parte di tutti gli attori della catena. Per cui invece di fermarsi al costo assoluto dei tag, sarebbe auspicabile valutarne il costo relativamente ai benefici introdotti nelle situazioni d’impiego. Per esempio, può emergere che i tag non risultino onerosi se si fa un confronto con soluzioni alternative o con il costo che ne deriva da problematiche che vengono risolte grazie al loro utilizzo.

Attualmente, tuttavia, gli operatori sono confidenti che con il diffondersi della tecnologia Rfid, i costi dei tag diminuiranno, per cui processi oggi ritenuti troppo costosi potrebbero diventare un domani convenienti. Inoltre, le aziende produttrici di chip per tag Uhf stanno riducendo la dimensione a 0,3 millimetri quadrati, per cui anche i costi dovrebbero calare con la speranza che riescano ad avviare nuovi processi di assemblaggio per la produzione di miliardi di tag. A lungo termine si prevede, inoltre, che i chip, fatti con polimeri plastici invece che con silicio, possano essere direttamente stampati sull’oggetto, con stampanti che possono essere simili a quelle che oggi stampano i codici a barre. Nel febbraio del 2006 la Philips Research ha presentato il primo tag a 13,56 MHz che invece del silicio utilizzava un polimero plastico e sulla stessa strada è la PolyIc, joint venture tra Siemens e Kurtz (società di stampa tedesca).

Per cui nuove tecnologie applicate a materiali organici e inorganici, realizzati
su film plastici, potrebbero annullare il problema dei costi, però bisognerà aspettare ancora un po’, in quanto quelli disponibili al momento non rispondono agli standard internazionali e sono poco interessanti del punto di vista delle prestazioni.

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