Convergenza tra dati e contenuti nelle priorità del Cio

La necessità di uniformarsi ai dettami della legge impone una revisione delle architetture di memorizzazione. I cambiamenti devono essere votati a combinare gli approcci San e Nas, gestione di file e blocchi, in una filosofia che sia il più possibile orientata alla confluenza.

La diffusione sul mercato delle tecnologie di digitalizzazione e gestione dei documenti in formato elettronico ha portato a una proliferazione esponenziale di questo tipo di informazioni. Già a partire dal 2005, gli analisti prevedono che documenti e contenuti digitali saranno quelli che necessiteranno della maggior quantità di risorse di storage, rispetto a tutte le altre tipologie di informazione aziendale.


Ma cos’è un contenuto? Può essere definito come un insieme di informazioni non strutturate, capaci di veicolare significato direttamente all’utente. Queste informazioni vengono gestite elettronicamente come file e non possono essere manipolate da un software nella loro semantica. Grazie alla maggiore efficienza, tali contenuti stanno rapidamente rimpiazzando quelli analogici, assumendo all’interno delle aziende il ruolo di asset da valorizzare.


A questi fattori tecnici si aggiunge un quadro normativo che riconosce ai documenti digitali valenza legale, come evidenza di comunicazioni e transazioni commerciali o, laddove dotati di opportune caratteristiche, come copie sostitutive di originali analogici.

Infrastrutture "ad hoc"


La crescita dei volumi di informazioni veicolate sotto forma di contenuti digitali spinge le aziende a definire infrastrutture specifiche. In particolare, vengono adottate architetture dedicate ai contenuti "fissi", che devono essere conservati per lunghi periodi in un formato immutabile, come riferimento o per riscontri legali e/o fiscali.


Il tema viene generalmente identificato con le tecnologie di Enterprise content management (Ecm). Sotto questa denominazione rientrano tutte le soluzioni informatiche che supportano la gestione dell’intero ciclo di vita di questi documenti (come descritto nello schema). Si parte dalla loro acquisizione, creazione o modifica, conversione di formato. Rientrano in questa fase del ciclo di vita la scansione di un documento cartaceo, il montaggio di una sequenza video o la trasformazione di un file Word in un Pdf. Il processing dei contenuti è, invece, la fase durante la quale si provvede all’elaborazione, alla gestione del flusso di elaborazione e degli accessi (in base ai profili utente), oltre che al versionamento e al salvataggio del file. Al terzo stadio del ciclo di vita si colloca la distribuzione dei contenuti via e-mail, la pubblicazione sul Web, la stampa o la formattazione. Infine, l’archiviazione è la fase in cui il contenuto assume una forma definitiva e deve essere conservato immutato nel tempo. Il content management si avvale di software e hardware progettati appositamente. I sottosistemi storage integrati all’interno di questi ambienti dedicati vengono generalmente definiti "content storage".

Validare l’informazione


"La gestione di un contenuto rispetto a quella di un dato comporta differenze sostanziali – chiarisce Simone Naldi, product marketing manager di Terasystem -. Anzitutto, un contenuto digitale come una fotografia, un filmato o un file Pdf, parla direttamente all’utente e solo da quest’ultimo può essere utilizzato e manipolato in termini di significato. Inoltre, i dispositivi di storage tradizionalmente trattano i dati strutturati con un approccio a blocchi, mentre quelli per il content management lavorano sui singoli file. Questo fa sì che, nel primo caso, si prediligano architetture San e, nel secondo, Nas". La maturazione della tecnologia e la semplificazione dei processi aziendali basati sulla gestione di contenuti digitali apporta alle aziende enormi benefici, anche se il ritorno sull’investimento è vincolato spesso a un ripensamento generale delle architetture It. Tali infrastrutture, infatti, sono quasi sempre concepite per la gestione di dati strutturati e mal si adattano a risolvere le esigenze di trattamento di informazioni destrutturate. La ridefinizione deve prevedere, anzitutto, l’introduzione di funzionalità tipiche del content management, come la dotazione di sistemi di digitalizzazione massiva dei documenti analogici, così come di strumenti che consentano di attribuire validità legale a questi documenti (quali protocollazione, firma digitale o posta certificata). Occorre, poi, che l’azienda si doti di tecnologie in grado di garantire nel tempo la disponibilità e l’inalterabilità dei dati, prevenendo la possibilità di modifiche e cancellazioni, accidentali o fraudolente. Il tutto dovrà, ovviamente, essere corredato da soluzioni di gestione del workflow, per automatizzare i processi. Ma tutta l’architettura It dovrà essere ripensata, integrando i sistemi di gestione dei contenuti con le applicazioni che implementano i processi di business (quali Crm o Erp) e quelli operativi (relativi ad attività di backup/restore, gestione della posta elettronica e delle reti).

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