Una cifra che equivale al 17,4 per cento del Pil e che è la più elevata tra le economie avanzate. Mentre il peso reale delle tasse è salito al 54 per cento.
Secondo i
dati forniti dall’Ufficio Studi Confcommercio, nel 2012-2013 il sommerso economico in Italia è pari al
17,4% del Prodotto interno lordo (Pil). Una percentuale che porta
l’imponibile ogni anno sottratto al Fisco a 272 miliardi. Il sommerso in Italia
è più elevato che nella maggior parte
delle economie avanzate: in Messico vale l’11,9% del Pil, in Spagna il 9,5%,
nel Regno Unito il 6,7%, negli Stati Uniti il 5,3%, in Svezia e in Austria il
4,7%, in Francia il 3,9%, in Irlanda il 3,3%, il Belgio il 2,7%, in Canada il
2,2% e in Danimarca l’1,9%. In Australia, Olanda e Norvegia l’economia sommersa
è sotto l’1% del Pil. Una diretta conseguenza di questa situazione è che la
pressione fiscale si scarica su una fetta minore della popolazione.
Secondo
Confcommercio, la pressione fiscale effettiva, il gettito cioé osservato in
percentuale di Pil emerso, si attesta quest’anno al 54%, al top fra le economie
avanzate. La pressione fiscale apparente, secondo calcoli prudenziali che non
includono aumenti Iva ma solo quelli su Imu e Tares, è invece al 44,6% del Pil
nel 2013. La classifica anche in questo caso proietta il Belpaese al top tra le
economie principali. In Danimarca la pressione fiscale effettiva è al 51,1% del
Pil, in Francia al 50,3%, in Belgio al 49,3%, in Austria al 46,8%, in Svezia al
46,7%, in Norvegia al 42,3%, in Olanda al 40,8%, nel Regno Unito al 40,4%, in
Spagna al 36,7%, in Australia al 34,8%, in Canada al 31,9%. Chiudono la
classifica Irlanda (28,4%) Stati Uniti (27,9%) e Messico (26,2%). Il nostro è
poi uno dei Paesi in cui la pressione fiscale è cresciuta di più tra il 2000 e
il 2013 (+2,7%), passando dal 41,9 al 44,6%. In Portogallo il peso delle tasse
nel periodo 2000-2013 è cresciuto del 3,2%, in Giappone del 2,6% e in Francia
del 2,3%.
Secondo l’Associazione “l’alto livello della pretesa
fiscale” in Italia è “il primo incentivo all’evasione“. Tra gli
altri fattori determinanti il valore atteso della sanzione (efficienza della
giustizia civile), la percezione dell’output pubblico e la facilità
dell’adempimento spontaneo delle obbligazioni fiscali. Confcommercio ritiene
quindi che l’attuale livello
di pressione fiscale
sia definitivamente incompatibile
con una vera ripresa dell’economia italiana e indica nella riduzione della
spesa pubblica e del tasso di evasione le uniche possibilità realmente a
disposizione per affrontare e risolvere la questione: “senza una minima crescita
economica e una redistribuzione più equa del carico fiscale
l’Italia è destinata
a una progressiva marginalizzazione economica
e politica“.