Con meno burocrazia e tasse l’Albania cerca di attirare più capitali italiani

Il premier albanese Sali Berisha al primo forum economico tra i due Paesi: ecco la ricetta per favorire gli investimenti stranieri, aprendosi al mercato europeo

Lasciate stare la Cina e pensate, invece, a investire in Albania. Si riassume così l’intervento del premier Sali Berisha, che al primo forum economico tra Italia e Albania, organizzato dalla Camera di commercio di Milano, ha cercato di convincere i nostri imprenditori a guardare con più attenzione sulla sponda opposta del Mediterraneo. Senza risparmiare entusiasmo e passione per il suo Paese (una “Svizzera con il mare” che strizza l’occhio anche ai turisti), Berisha ha ricordato i molti sforzi che stanno conducendo Tirana verso l’economia di mercato. Aprire un’azienda in mezz’ora al costo di un solo euro è l’ambizioso traguardo dell’Albania per attirare le imprese straniere; ma ci sono tanti altri punti di forza nella piccola Repubblica che vent’anni fa era una dittatura comunista e ora si è candidata ad entrare in Europa.

La recente abolizione dei visti per i cittadini albanesi nell’area Schengen è un primo passo per avvicinarsi al Vecchio Continente; proprio l’Italia è uno dei principali sponsor di questo cammino europeo, grazie soprattutto ai solidi legami commerciali tra Roma e Tirana. Difatti l’Italia è il primo partner industriale dell’Albania, con il 33% degli scambi complessivi (dati 2009), pari a circa 1,3 miliardi di euro. È anche il primo importatore con 460 milioni di euro, il 63% del totale. Nel Paese balcanico ci sono oltre 150 imprese a partecipazione italiana, a confermare l’impegno delle nostre aziende a investire direttamente in Albania. È un Paese in trasformazione, ha spiegato Berisha in perfetto italiano (è incespicato solo sul cognome del sindaco di Milano, “Letizia Moretti”), che sta provando a cancellare tutti i pregiudizi nati sui suoi abitanti, dopo che a migliaia, negli anni 90, sono sbarcati dalle carrette del mare sulle coste pugliesi, per fuggire dalla povertà dell’ex regime sovietico.

Perché l’Albania dovrebbe essere migliore della Cina? Il primo punto a suo favore è la posizione geografica, secondo Berisha: vicino all’Italia e ponte naturale verso l’area dei Balcani e dell’Est europeo. L’economia è in continua crescita (+3,6% del Pil anche nel difficile 2009), mentre il mercato del lavoro è giovane (l’età media è 31 anni), dinamico, molto meno caro che negli altri Paesi sviluppati. Il governo sta creando un ambiente il più favorevole possibile agli investimenti stranieri, puntando in due direzioni: meno burocrazia e sconti fiscali. Come ha illustrato il vice ministro dell’Economia, Eno Bozdo, le riforme degli ultimi anni, tra 2006 e 2010, hanno semplificato la vita agli imprenditori; per esempio, c’è uno sportello unico per tutte le pratiche che servono a registrare una nuova società e ottenere le licenze. Il sistema per gestire gli appalti pubblici è interamente informatico, perché l’Albania ha fatto passi da gigante nella penetrazione del web in rapporto alla popolazione: pur essendo ancora nelle ultime posizioni in Europa, ha superato il 43% partendo da un misero 4,8% di pochi anni fa.

Le riforme fiscali, aggiunge Bozdo, hanno definito una “flat tax” del 10% per privati e aziende che fa dell’Albania uno dei Paesi più convenienti dove investire. Tra i settori più promettenti, ci sono le fonti rinnovabili con centinaia di progetti nell’idroelettrico e nell’eolico, oltre alle industrie più tradizionali come il tessile e l’abbigliamento, le materie prime e la meccanica. Intanto, la Camera di commercio italiana e quella albanese hanno firmato un Memorandum of understanding, per assistere le imprese dei due Paesi che vogliono uscire dai rispettivi confini nazionali. Al forum sono seguiti più di 400 incontri tra 240 imprese italiane e 70 albanesi; la cooperazione continuerà con appuntamenti annuali a Tirana e Milano e una missione imprenditoriale in Albania nei prossimi mesi.

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