Con la virtualizzazione e il cloud arriva l’era dell’utility computing

Il modello di pricing si avvicinerà a quello del pay per use

Spiega Alessandro Perilli, analista indipendente specializzato sui mercati della virtualizzazione e della sicurezza informatica e fondatore di virtualization.info: «I server virtuali possono essere creati, spostati, modificati durante l’operatività e possono, essi stessi, modificarsi automaticamente in funzione delle mutevoli esigenze di business. Si virtualizza il desktop per centralizzare il sistema operativo e le applicazioni e favorire una gestione semplice ed efficiente. Si virtualizza l’uso delle risorse in termini di elaborazione, ridistribuendo il carico su più processori o parti dello stesso. Lo storage non solo viene mascherato nella sua dipendenza tra collocazione fisica e disponibilità di capacità, ma diventa possibile gestire in modo indifferenziato sistemi differenti come quelli a disco e quelli a nastro magnetico in tutte le loro differenti varianti tecnologiche. Per questo le scelte a disposizione degli amministratori, gestire e allocare lo spazio su disco, sono sempre più numerose e varie».

Il gradiente virtuale oltrepassa così il livello di sistema, per diventare virtualizzazione a livello di architetture, secondo una modalità di cloud computing, in cui le infrastrutture on demand rendono l’offerta ubiqua e sempre disponibile. In sintesi, le piattaforme informatiche in modalità cloud, arrivando a includere storage, backup, data replication, data protection, security e via dicendo, evitano alle aziende di sostenere ingenti costi infrastrutturali per l’acquisto, la manutenzione, il supporto e/o l’aggiornamento delle stesse infrastrutture informatiche. Sulla base dei modelli di computing, propri di questi nuovi tipi di servizi, a livello infrastrutturale il fatto di poggiare su nuvole di computer che agiscono come se fossero un tutt’uno, consente di assegnare a ogni singola applicazione software e/o servizio Web delle risorse di elaborazione on demand in maniera altamente scalabile. Di conseguenza, il modello di pricing si avvicinerà a quello del pay per use: ciò che realmente si paga on the cloud, infatti, è ciò che davvero si consuma.

Per questo Perilli preconizza un nuovo modello infrastrutturale, battezzandolo “liquid computing”, in cui potranno coesistere diverse architetture virtuali, una dentro l’altra, che prolifereranno come una serie di dominii sempre nuovi, che arriveranno ad abbracciare persino la dimensione mobile. L’evoluzione degli hypervisor, infatti, consentirà di virtualizzare qualsiasi tipo di realtà informatica, contribuendo alla sostenibilità del business. «Considerato che l’80% dei processi aziendali in media è abilitato dall’It – puntualizza Simone Molteni, responsabile del progetto Impatto Zero di LifeGate -, andando dalle catene di montaggio, con una media pari al 65%, per arrivare al finance che raggiunge il 100%, è chiaro come la virtualizzazione e il cloud computing rappresentino un approccio capace di fare la differenza». Insomma, nel prossimo futuro, virtualizzazione e cloud computing diventeranno uno standard de facto.

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