Con la testa alle nuvole

Il treno del cloud computing è partito.

Il momento pare propizio per prendere decisioni in fatto di cloud computing. La convinzione si trae dalla mole di iniziative, incontri, contatti, strategie, tattiche che i fornitori di tecnologia stanno attuando in questi mesi.

Non passa giorno che non ci sia un pronunciamento e un invito all’azione in tal senso, come risulta ampiamente dai resconti offerti da 01Net.
Bene ha fotografato il contesto il responsabile italiano del software, Mario Derba, che ha eliminato dal tavolo un’antica dicotomia, quella fra il fare (investire in It) e ridurre (i costi dell’it). Nell’azienda moderna il problema è superato: si devono fare entrambe le cose, insieme: non c’è scelta.

E il cloud esiste per fare questo. Assunto semplice, anche se non sempre è semplice il contorno. Sempre parafrasando Derba, il cloud non è un pulsante da premere. È piuttosto il sintomo di una lunga evoluzione, che oltretutto non è nemmeno terminata: dai datacenter alla virtualizzazione, al cloud, passando per l’automazione.

Per altri, come Bruno Melandri di Emc, dopo il cloud ci sarà il “vero cloud”, ossia la mobility piena, in cui l’end-point diventa terminale di un’It che è passata al completo sotto servizio.

Nelle aziende manca ancora, lo si ammette, la capacità di vedere la cosiddetta “big picture”, si fatica a mettere insieme il quadro d’azione. Ma forse anche perché mancano ancora alcune parti e qualche colore. Che manchi un regolamento esplicito a tutela dalle possibili inefficienze? Alcuni lo pensano. Ma altri, come lo studio Dla Piper, invitano a conoscere e far funzionare bene gli strumenti che esistono.

Nei prossimi mesi chi ha in mano l’It potrà essere indotto a misurare il proprio lavoro con un nuovo indicatore, quello dell’elasticità dell’infrastruttura. Se ciò accadrà vorrà dire che il cloud avrà attecchito.

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