Con la prevenzione si difendono i segreti aziendali

Come proteggere le informazioni dalla concorrenza e come decidere se registrare o no il proprio marchio? Un convegno di Assolombarda ha provato a sciogliere questi dubbi

Ogni azienda ha qualche segreto da difendere: pensiamo alla ricetta del Kentucky fried chicken o alla formula della Coca Cola, anche se non bisogna necessariamente scomodare marchi di livello mondiale per ricordare l’importanza di tutelare le informazioni industriali. Il problema di come sottrarre a occhi indiscreti le ricette dei propri dolci, è stato sollevato da Panarello nel seminario organizzato da Assolombarda sulla protezione dei diritti non registrati. Abbandonato il campo della proprietà intellettuale, entriamo in quello, molto più sfumato, degli elementi non brevettabili. Una ricetta va conservata con il segreto industriale o protetta con altri segni distintivi registrabili (nome della pasticceria, confezione del prodotto).

Come mantenere un segreto industriale
Il segreto industriale riguarda informazioni riservate che garantiscono all’azienda un vantaggio sui concorrenti. Si tratta, per esempio, di strategie commerciali, liste di fornitori, processi di produzione, dati, formule o nuovi prodotti da lanciare sul mercato. Il primo passo è la sicurezza interna, perché in caso di una battaglia legale su una presunta violazione del segreto industriale, occorre dimostrare al giudice che i dati rubati sono meritevoli di tutela (e perciò chiaramente identificati e protetti dall’azienda). Tornando al Kentucky fried chicken, la ricetta segreta delle “undici erbe e spezie” è custodita nel caveau di una banca; tutti i dipendenti devono tacere qualunque informazione per contratto. I vari ingredienti sono mescolati da società diverse in altrettanti stabilimenti e solo Kfc conosce la ricetta completa.

Può esserci un bivio per l’azienda: meglio il segreto industriale o un brevetto? Come difendere un nuovo prodotto dalle possibili imitazioni dei concorrenti? Il principale difetto del segreto industriale è che non ci può difendere da un’eventuale scoperta indipendente. In altri termini, se un’altra impresa raggiunge il nostro stesso risultato, in buona fede e senza averci rubato delle informazioni, può utilizzare il nostro ex segreto per le sue attività. Inoltre, per far valere le nostre ragioni in tribunale, dobbiamo dimostrare che il dipendente X ha passato una determinata formula a un’impresa concorrente. Il brevetto, per contro, garantisce dei diritti esclusivi, anche se la sua durata è limitata e dobbiamo pagare la registrazione. Il segreto industriale, allora, è la scelta migliore per prodotti dalla breve vita commerciale, come nei settori della moda, dell’informatica e dell’elettronica e quando lo sviluppo del prodotto è compiuto interamente dalla casa madre, senza imprese che lavorano per conto terzi.

Il marchio va registrato?
Un altro dubbio è se sia meglio registrare o no la propria identità. L’azienda può accontentarsi di un marchio di fatto? Per capire la tutela accordata a un marchio di fatto (non registrato), occorre valutare la sua notorietà e diffusione. Poniamo l’esempio dell’azienda vinicola Bacco, che utilizza il nome solo in ambito locale (Piemonte) e di un produttore che vuole registrare questo stesso nome a livello nazionale. In questo caso, ci saranno un’azienda Bacco in Piemonte e una società con la medesima etichetta sul mercato dell’intera Penisola. Il piccolo produttore può opporsi solamente all’introduzione di un altro marchio di fatto, identico o simile al suo. Invece, se l’azienda piemontese Bacco vendesse le sue bottiglie in molte regioni italiane, potrebbe chiedere l’annullamento del marchio registrato concorrente.

Il problema è che bisogna sempre dimostrare tutte le caratteristiche del marchio di fatto: non solo la sua notorietà e diffusione, ma anche la data del suo primo uso e l’impiego attuale. Siamo ovviamente su un terreno molto scivoloso, dove tutto si gioca nelle interpretazioni dei giudici. Il consiglio è di utilizzare un marchio di fatto solo per progetti stagionali o in ambito locale, senza fondare su di esso una strategia commerciale complessa. È buona regola conservare tutti i documenti che possano certificare l’uso e la diffusione del marchio, come fatture e cataloghi. Tra i vantaggi, l’assenza di spese e costi di registrazione (che peraltro dura solo dieci anni) oltre alla possibilità di prevalere su un marchio registrato in seguito.

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