Come l’Ict, se ben gestita, può rinnovare l’attività della Gdo

La testimonianza di un manager, approdato, dopo varie vicissitudini, alla guida dei sistemi informativi del Gruppo Bennet, è la prova tangibile di quanto le nuove tecnologie possano rilanciare settori in crisi e farli emergere dalla massa.

 


 


Nata in provincia di Como, Bennet in 40 anni di attività è diventata una realtà distributiva di spicco nel panorama italiano. Con 40 ipermercati dislocati nel Centro-Nord Italia e 4 magazzini, oggi Bennet conta oltre 6mila dipendenti e un fatturato che nel 2002 si è chiuso a quota 1,195 miliardi di euro.


Adriano Visconti, che da tre anni è Ict manager del gruppo, ha utilizzato la sua vasta competenza tecnica per rinnovare il ruolo dei sistemi informativi attraverso un consistente sviluppo applicativo. Oltre a nuove funzionalità legate alla logistica, Bennet ha potenziato i servizi per il punto vendita, attraverso attività di Business intelligence come, ad esempio, reportistica erogata in Html per statistiche dinamiche dedicate ai responsabili di reparto. Nell’analizzare come si è formata la sua esperienza professionale, scopriamo che Visconti, pur potendo contare su una famiglia di imprenditori edili da generazioni, ha deciso di iniziare dalla gavetta. Il suo esordio nell’informatica è casuale: nel 1980, lavorando in un cantiere peruviano a 3.500 metri di altezza, "scopre" che l’impresa sta utilizzando un midrange Ibm per alcune attività legate all’amministrazione. "La mia curiosità è nata lì – ricorda il manager -. Al ritorno dal Sudamerica avevo maturato abbastanza know-how per scrivere una serie di programmi in Basic e risolvere alcune attività di calcolo topografico, impostando una soluzione per redigere lo stato di avanzamento dei lavori. Un successo: il cantiere poteva svolgere più lavoro in minore tempo e con maggiore precisione. Si decide l’acquisto di un pc Ibm più potente e di continuare nel perfezionamento dei programmi. Sul mercato si affacciavano anche i primi software di gestione dei testi; con l’assenso del Cda inizio a fare qualche prova e grazie ai risultati sorprendenti avvio il processo di office automation. Dalla sede di Milano mi propongono di diventare informatico a tempo pieno. In seguito decido di mettermi in proprio e apro una softwarehouse puntando sulla scrittura di applicativi verticalizzati per l’edilizia e arrivo ad avere un organico di 6 persone, con un fatturato anno che sfiora il miliardo di vecchie lire".

Come ha superato la crisi economica dei primi anni 90 e com’è approdato alla Gdo?


"Con la bufera degli appalti truccati e di mani pulite, il settore dell’edilizia ha passato un periodo buio, per cui sono ritornato a mettermi sul mercato, entrando come responsabile dei Si in Kappadoro, del Gruppo Crai. In seguito, con lo stesso ruolo ho lavorato presso il Gigante, di Bresso, poi in Esselunga e, infine, nell’estate del 2001 Bennet mi ha proposto la direzione dell’Ict della società per cui sono tornato allo sviluppo applicativo: in due anni, io e il mio staff siamo riusciti a sviluppare quello che normalmente si fa in tempi più che doppi, come un portale grafico sulla nostra intranet in architettura centralizzata".



Nei punti vendita italiani si vedono raramente installazioni tecniche diverse dagli impianti tradizionali: etichette elettroniche, di self-scanning, self-check-out, radio frequenza e via dicendo. Qual è la sua opinione in merito?


"Le famiglie, che ancora oggi sono proprietarie delle maggiori catene della Gdo Italiana, non apprezzano le novità e tantomeno gli investimenti in aree che non sono reputate come attendibili per un ritorno certo dell’investimento. Non è colpa del periodo economicamente debole: personalmente ritengo che questo sia il momento più propizio per emergere dall’anonimato. È nei momenti di crisi che l’imprenditore deve trovare le proprie fonti di rinnovamento e di distinzione, perché sono i periodi più efficaci per ottenere un forte consenso dai consumatori finali. Qui si possono innestare molte cose, anche le proposte di servizi alternativi alla classica vendita di food/no food. In particolare, catene come Tesco, Safeway, Wal-Mart, da tempo propongono servizi gestiti col proprio marchio ed erogati nelle proprie strutture che riguardano temi vari, ma molto sentiti: pensioni private, assicurazioni auto/casa, viaggi organizzati e via dicendo. Conosco, per esperienza, lo scarso acculturamento settoriale e la spiccata apprensione a una gestione basata sull’efficienza operativa, in alcuni casi addirittura a livelli patologici, con conseguente blocco non solo delle menti più vivaci, ma anche di molti processi interni, e sul controllo diretto di qualsiasi centro di costo non indispensabile al core business. Devo, inoltre, sottolineare che le criticità del settore non sono tecniche o legate ai sistemi informativi quanto, piuttosto, determinate da logiche commerciali vetuste e da una cultura d’impresa ancora caratterizzata da uno scarso interesse verso l’informatica. I pochi che si sono avventurati, non appartengono alla categoria dei retailer cresciuti da zero, come Coop o Gs, o sono stranieri, vedasi Carrefour o Auchan".

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