Come invecchia l’Italia

Il rapido cambiamento nella struttura della popolazione sta coinvolgendo anche l’Italia, rivoluzionando il rapporto tra lavoratori e pensionati. Nel 2025, il numero di questi ultimi supererà la popolazione attiva ed entro il 2040 la quota d …

Il rapido cambiamento nella struttura della popolazione sta coinvolgendo anche l’Italia, rivoluzionando il rapporto tra lavoratori e pensionati. Nel 2025, il numero di questi ultimi supererà la popolazione attiva ed entro il 2040 la quota dovrebbe passare dall’80 al 120%. Un dato che deve far riflettere e che, purtroppo, dalle imprese viene spesso considerato come mezzo positivo per ridimensionare l’organico e non come problema. Il prepensionamento, infatti, rappresenta una delle forme preferite per contenere la forza lavoro. "La logica di espellere chi è prossimo al termine del ciclo di vita lavorativo può presentare dei vantaggi nel breve periodo ma nel lungo non paga", spiega Marco Beltrami, Ibm Business Consulting Services associate partner. La tendenza è di non coinvolgere le persone over 40 nei percorsi di carriera e nelle attività formative. "Il giusto processo – prosegue Beltrami – sarebbe, invece, quello di capire come valorizzare e utilizzare al meglio le risorse più mature all’interno dell’organizzazione, non pensando alla forza lavoro come a un insieme indistinto. Utile sarebbe anche dotarsi di sistemi aziendali per governare la variabile età, che permettano di conoscere quanti sono i dipendenti che nel giro di pochi anni andranno in pensione".


Per gestire le fasi in cui un collaboratore si avvicina al termine della carriera e non perdere il suo bagaglio di conoscenza si dovrebbero anche adottare sofisticate tecniche di knowledge management, anche se nel nostro Paese le problematiche contrattuali complicano tale approccio.


"Da noi, il tema è ancora di frontiera – si rammarica Beltrami -. Ci si interessa alla tematica più dal lato intellettuale che non da quello del business. L’argomento potrebbe, però, diventare pregnante per le aziende entro 2/3 anni". Solo allora, forse, si prenderà in considerazione anche la questione strettamente legata ai Cio. "Ci troviamo ancora a un livello di scambio di idee con il mondo accademico e dirigenziale – conclude il manager -. L’aspetto sistemi arriverà in seconda battuta, quando le imprese saranno sensibilizzate e si discuterà precisamente di come organizzarsi per tenere sotto controllo il fenomeno". Una risposta, potrebbe essere quella di utilizzare i flussi migratori come bacino di competenze, soprattutto se provenienti dall’Asia.


Il bisogno latente di ripensare l’impostazione delle risorse umane, inizia, quindi, a fare capolino ma il mercato italiano non si è ancora espresso su come intende gestire la questione. A fare da pioniere potrebbe essere il settore pubblico (in cui le assunzioni si sono concentrate in un periodo temporale ormai lontano), mentre un comparto che, almeno per un po’, non dovrebbe essere toccato dal problema è quello delle Tlc, molto più giovane.

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