Come deve cambiare il mondo degli Erp in ottica SOA

Con uno specialista del settore, l’amministratore delegato di Sap Italia, Augusto Abbarchi, abbiamo analizzato quali sono i trend che influenzeranno, nei prossimi mesi, le strategie aziendali

L’accesa competizione presente sui mercati internazionali impone alle aziende la necessità di costruire un rapporto sempre più stretto tra tecnologia e business, per essere più veloci nel rispondere ai nuovi stimoli. L’emergere, inoltre, di piattaforme innovative come le SOA (Service oriented architetture) offre la possibilità di affrontare i cambiamenti con una maggior agilità, per cui tutto il mondo dei gestionali viene necessariamente coinvolto in questa nuova ondata informativa. L’incontro con l’amministratore delegato di Sap Italia, Augusto Abbarchi, ha l’obiettivo di affrontare con un esperto, come sta cambiando il settore degli Erp e perché.


«Il business degli Erp di prima generazione, – esordisce il manager – si è sviluppato in un periodo in cui le catene del valore della produzione erano fisse, per cui il flusso era determinato con un certa rigidità, a priori. In questo contesto, la metodologia "rigida" dell’Erp era efficace, perché puntava alla massima efficienza di tutto il sistema e, quindi, un approccio a pacchetti per la catena del valore ha portato in passato concreti benefici alle aziende. Il fatto che oggi questi Erp di tipo ancora rigido, debbano essere messi in discussione, dipende dal cambiamento che è in atto nei modelli di business, in quanto le aziende hanno l’esigenza di una maggior flessibilità».

Fra l’altro, il fatto di avere un Erp rigido è una delle accuse che da tempo viene mossa su più fronti a Sap.


«Questa accusa ci segue da anni, ma per quanto ci riguarda è stata contemporaneamente un pregio e un difetto, ma anche un qualche cosa che ci è stato attribuito strumentalmente. Mi spiego. Un pregio perché le aziende, grazie a un sistema rigido, hanno avuto la possibilità di mettere sotto controllo la loro struttura. Questa rigidità ci è anche stata attribuita strumentalmente, perché con la scusa di dover implementare Sap, spesso i responsabili aziendali hanno convinto gli utenti a lavorare in modo rigido, adducendo che così richiedeva il sistema Erp, fatto che peraltro in molti casi non era completamente necessario, perché la parametrizzazione del prodotto spesso ha consentito di fare cose diverse. Ma il fatto importante in questa operazione è che un’azienda deve cercare di capire quali sono i processi al proprio interno, sui quali ha un vantaggio competitivo e dove non lo ha. Nel primo caso deve stare molto attenta a "livellare" questi plus con un sistema standard, perché andrebbe contro il proprio interesse, per cui deve spingere sulla personalizzazione. In tutto il resto del sistema, invece, deve puntare sulla massima efficienza, standardizzando. Per cui, va detto che non tutte le aziende hanno interpretato correttamente l’implementazione di un Sap».

Oggi, tuttavia, le imprese hanno l’esigenza di una maggior flessibilità per meglio soddisfare i diversi input del mercato.


«In effetti è così, per cui le aziende incominciano a muoversi e a investire sulla loro catena di distribuzione, per inserire prodotti diversi o per andare a raggiungere mercati più vasti e magari isolare parti delle loro competenze per poi rivenderle».

Mi può fare un esempio per capire meglio cosa intende?


«Per fare un esempio, le aziende del settore Oil & Gas estraggono, trasformano e vendono ai distributori di benzina i loro prodotti, per cui hanno un ciclo della catena completo al loro interno. In quest’ambito è emerso il caso di un’azienda petrolifera che ha avuto la capacità di fare qualche cosa meglio delle altre, in quanto si è anche specializzata nel progettare stazioni di servizio. Quindi ha isolato questa attività e ha iniziato a rivenderla anche alla concorrenza, aprendo così un nuovo filone di business che è completamente diverso rispetto a quello classico. In questa situazione, la società ha avuto la necessità di dotarsi di una maggior flessibilità, che un sistema Erp a pacchetto faceva fatica a seguire. Per questo oggi le architetture basate sui servizi, come la nostra Esa, tentano di dare una risposta a tutte queste nuove esigenze di business e quindi a lasciare un grado di flessibilità molto maggiore».


Ma è poi vero che l’uso delle architutture SOA abbassa costi e tempi di sviluppo, come da più parti viene pubblicizzato?


«Nessuno ha la formula magica in tasca. La flessibilità necessariamente deve avere un costo. Si abbassano sicuramente i costi rispetto al dover realizzare due sistemi Erp, ma in assoluto bisogna capire a che cosa ci si riferisce. Comunque, una cosa è certa, che un’architettura SOA tende a insistere non solo sui confini dell’azienda, ma a estendersi all’esterno, per cui pone dei problemi di sicurezza maggiore rispetto a un Erp tradizionale. Però va anche detto che SOA è un’infrastrutta che rende disponibili i Web service che, quindi, possono essere selezionati e composti in modo da rappresentare un singolo processo aziendale. Per cui, oggi, da una situazione pregressa, che vede il pacchetto Erp tradizionale con i suoi grossi blocchi funzionali, all’estremo opposto troviamo dei microatomi rappresentati da Web service offerti da fornitori di tecnologia, che propongono oggetti molto piccoli, che però spesso rappresentano un’operazione piuttosto complessa. Infatti, i sistemi che alla fine emergono sono sempre più vicini a soluzioni custom, autosviluppate, con tutti i difetti che ne derivano: notevole costo di manutenzione e notevole difficoltà nel mantenere l’integrità del sistema totale".

E Sap che fa in questo contesto?


«Sap sta cercando di trovare il livello di granularità giusto, in modo da consentire la flessibilità, ma senza perdere il controllo del sistema. Infatti, i Web service che proponiamo, sono già mirati ai processi di business dei clienti. Per cui il livello di granularità consente, in maniera relativamente semplice, di mantere la coerenza del sistema. Viceversa, altre piattaforme che troviamo sul mercato hanno Web service molto elementari, per cui la nostra perplessità è che poi il sistema risultante finirà per avere i difetti tipici del custom. Quindi, secondo Sap, definire il giusto livello di granularità sarà la questione su cui si giocherà l’efficacia di un’architettura orientata ai servizi. È chiaro che più si aggrega, più si toglie flessibilità, però noi pensiamo di mettere a disposizione una libreria di servizi che abbia già una semantica interna, coerente con la flessibilità richiesta dal business dei nostri clienti».

Va, infatti, ricordato che siamo solo nella prima fase delle architetture SOA, per cui c’è ancora molto da definire. Qual è il vostro approccio al mercato?


«In effetti si sta creando la solita situazione che nasce quando arrivano le nuove tecnologie. L’innovazione va avanti con il suo solito passo, però nel frattempo le aspettative sono enormi, per cui è facile arrivare alla fase della delusione. Dal momento che stiamo affrontando un nuovo modo di proporre gli Erp, pensiamo sia importante delineare una strada per i nostri clienti. Riteniamo, infatti, che esistano due percorsi con varie sfumature interne. Uno, estremamente tattico e pragmatico, prevede l’adozione di singoli componenti della nostra piattaforma NetWeaver, con un approccio ai progetti per step, che abbiano un loro ritorno immediato dell’investimento e che poi consentano di adottare l’intera piattaforma. L’altro approccio, invece, è estremamente visionario, in quanto punta alla full SOA. Anche qui si procede per step, ma la visione è già quella finale. Ci sono, poi, anche le visioni intermedie, per cui noi vogliamo offrire al mercato la possibilità di poter scegliere approcci diversi».

Quale interesse può avere questo approccio tecnologico per la Pmi?


«Oggi bisogna imparare a dividere la piccola impresa da quella media. Su quest’ultima fascia di mercato stiamo già operando a tutti i livelli, anche nell’organizzazione interna e qualificazione degli skill. Sul fronte dell’offerta, stiamo cercando di pacchettizzarla ulteriormente, non solo in area software ma anche nei servizi, e questo dovrebbe consentirci di accedere a un mercato potenzialmente più vasto, utilizzando in modo più spinto il canale, che però oggi, pur essendo competente, deve completare ulteriormente le proprie capacità commerciali, in quanto deve imparare a vendere anche i progetti».

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