Come contenere la spesa It. I consigli «open» di Red Hat

Nell’attuale scenario economico, per le aziende spendere in maniera intelligente è diventata una necessità. Valutare alternative che possano consentire corposi risparmi nei budget It è un’opzione da prendere in considerazione. In questo ambito di ragio …

Nell’attuale scenario economico, per le aziende spendere in maniera intelligente è diventata una necessità. Valutare alternative che possano consentire corposi risparmi nei budget It è un’opzione da prendere in considerazione. In questo ambito di ragionamento, l’esplosione nel numero di implementazioni open source degli ultimi anni conferma i vantaggi, in termini di risparmio e innovazione, di cui hanno potuto godere le aziende che vi si sono avvicinate. In alcuni casi, però, la riduzione del budget si è tradotta in un sacrificio di servizio o qualità. È fondamentale, invece, mantenere inalterato il livello delle prestazioni.

Come si può fare? Lo chiediamo a Gianni Anguilletti, country sales manager di Red Hat Italia, società che da tempo ha fatto dell’open source una bandiera.

Analizziamo un primo caso: il budget It è stato tagliato dal top management in maniera sensibile, ma l’impresa deve lo stesso ampliare la propria infrastruttura. Voi cosa proponete?

«Riteniamo che i costi possono essere razionalizzati principalmente in tre ambiti: hardware, software e personale. Red Hat può intervenire in ognuno di questi. Riguardo all’ottimizzazione delle risorse hardware, si deve partire dalla valutazione della sottoutilizzazione delle risorse stesse, problema che affligge molti clienti, e che può essere risolta in modo efficace grazie alla virtualizzazione e alle performance tipiche del software open source. Per quanto riguarda la prima opzione, occorre tenere presente che nelle distribuzioni Red Hat Enterprise Linux è già compresa la tecnologia necessaria per virtualizzare diverse istanze di sistema operativo. Inoltre, è un dato ormai assodato che con un server con Red Hat Enterprise Linux è possibile effettuare un maggior numero di operazioni in tempi inferiori rispetto a un server sul quale è installato Windows o Unix. Le licenze e la manutenzione dei software open source, poi, costano meno degli equivalenti proprietari. Venendo ai costi del personale, il discorso è più semplice, perché il rapporto tra server e amministratori per sistemi open source e Linux è più basso rispetto ad altri ambienti, in quanto uno degli aspetti tenuti in maggior considerazione dagli sviluppatori open source è proprio rappresentato dalla “gestibilità” delle applicazioni. Inoltre, Linux è più sicuro di altri sistemi operativi, per cui sono necessari meno interventi di manutenzione. Come conseguenza, le aziende possono ridurre il costo totale di proprietà relativo alle infrastrutture informatiche, liberando risorse che possono essere investite in processi di innovazione e iniziative per migliorare la propria competitività».

Un’azienda è chiamata a modificare la propria infrastruttura It, ma l’attuale clima economico la frena. Cosa fare?

«La strada della prudenza suggerisce l’implementazione di nuove tecnologie che assicurano notevoli vantaggi a fronte di rischi praticamente nulli. E le soluzioni Red Hat lo fanno. Laddove l’azienda intenda operare razionalizzazioni, pur continuando a utilizzare strumenti piuttosto datati, ecco che con la virtualizzazione è possibile migliorare l’efficienza operativa senza dover modificare l’ambiente applicativo. Per esempio, un server può essere virtualizzato con Red Hat Enterprise Linux 5 e quindi eseguire sistemi operativi e applicazioni Windows o Red Hat come ospiti virtuali, senza altri interventi. Il risultato è un uso molto più efficiente delle risorse hardware senza alcun rischio se non il tempo necessario per l’installazione. Red Hat può fornire anche tutta la consulenza necessaria per massimizzare il Roi dell’implementazione di tecnologie distribuite. E poi c’è la formazione. Grazie ai programmi di training, è possibile formare in modo completo il personale, in quanto i corsi sono di stampo pratico e insegnano ciò che veramente serve».

Torniamo ai costi. Se si ha la certezza di sottoutilizzare l’infrastruttura, come si può intervenire?

«Come già accennato sul lato hardware, una delle situazioni più ricorrenti, e fonte di maggior inefficienza, è quella di utilizzare una sola applicazione per server. La tecnologia di virtualizzazione può aiutare in questo senso, perché può virtualizzare sui server, eventualmente più potenti, numerose “istanze” di sistema operativo, Linux o altro, e permette di eseguirvi le applicazioni, senza interventi sulle stesse, permettendo così all’azienda di operare un consolidamento o riduzione del numero di piattaforme hardware operative presso il proprio data center».

Quali sono le vostre aree di focalizzazione?

«Dal punto di vista della tecnologia abbiamo fatto una scelta precisa, focalizzandoci su sviluppo, certificazione, distribuzione e supporto di applicazioni in ambito infrastrutturale, in quanto riteniamo che siano quelle che, oggi, possono fornire il miglior ritorno alle aziende che le utilizzano. Questo significa che oggi Red Hat rende disponibili: il sistema operativo Linux, corredato di strumenti atti a gestire architetture clusterizzate per operare in alta affidabilità e gestire sofisticate piattaforme di storage; virtualizzazione, sia lato server che lato desktop; JBoss Enterprise Middleware per gli application server in ambienti J2ee e Soa; applicazioni per la gestione dei sistemi. Adottando queste tecnologie, le aziende possono ottenere concreti vantaggi in termini di coerenza, in quanto un ambiente standardizzato su Linux è più facile da gestire ed è più flessibile, dato che le tecnologie Linux e JBoss operano su sistemi diversi, dagli x86 ai mainframe, per cui non è necessario avvalersi di tradizionali e costosi server Unix proprietari».

Red Hat propone un modello a sottoscrizione. Perché darebbe un maggior valore a costi inferiori rispetto a un modello tradizionale di licenze? E quali sarebbero i tempi di Roi?

«Tutti i vendor possono fornire dati sul Tco delle proprie soluzioni, il che li rende spesso poco affidabili. Quello che bisogna tenere a mente è che, con le licenze, sono necessari diversi acquisti per un’implementazione reale tra cui, appunto, il costo della licenza di base, la manutenzione, gli upgrade. Al contrario, il modello a sottoscrizione di Red Hat è pensato per semplificare e rendere il più flessibile possibile l’uso del software. Infatti tale modello non prevede costi di licenze, perché il codice sorgente open source è gratuito e fornito con licenza open source Gpl; l’utente investe quindi le proprie risorse finanziarie esclusivamente per i servizi a valore aggiunto di cui vorrà usufruire. Inoltre, riteniamo che tale modello offra alle aziende anche caratteristiche di flessibilità, in quanto il numero di sottoscrizioni può essere modulato al variare delle necessità del cliente, sia in termini quantitativi che qualitativi, a differenza di un modello di acquisizione software tradizionale».

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