Come cambia lo spend management europeo

Ariba ha presentato il quarto studio sui responsabili acquisti europei. Sono stretti nella morsa del risparmio, della compliance e riportano direttamente al Ceo. Scontata l’induzione: gli servono sistemi di gestione del procurement aggiornati.

Ariba ha reso noti i risultati di uno studio sui comportamenti delle aziende europee in materia di acquisti, realizzato da Vanson Bourne insieme al Centre for Management Development della London Business School e con la European School of Management and Technology di Berlino.


La base di lavoro per effettuare interpretazioni, deduzioni e induzioni sono state 227 interviste a responsabili acquisti delle maggiori aziende europee di qualsiasi settore.


La prima indicazione generale che si evince dallo studio (giunto alla quarta edizione) è quella che individua un potenziale punto di rottura nello spend management, causato dal convergere di varie forze, che si ascrivono a riduzione dei costi, spinta all’efficienza, pressioni emergenti legate alle conformità normative e ricerca di nuovi fornitori.


I punti principali dell’indagine European Spend Agenda 2005, infatti, sottolineano il crescente affidamento sugli uffici acquisti da parte delle aziende e il duro loro impegno per ottenere una vera visibilità sul corporate spending.


Nei fatti, lo studio dice che il 70% dei responsabili acquisti ora riferisce direttamente al consiglio di amministrazione. Il che significa il 20% in più rispetto al 2004. Da ciò si evince come le aziende stiano imponendo agli uffici acquisti di tenere la spesa sotto controllo.


I responsabili acquisti, ergo, cercano di ridurre i costi unitari di beni e servizi e lo fanno nella misura di oltre il 13%. Un aumento di quasi il 9% rispetto allo scorso anno, e il maggior incremento dell’ultimo quadriennio.


Il rivolgersi a una nuova base di fornitori, poi, è considerato un elemento essenziale per ridurre i costi unitari, e il 70% delle aziende intende diminuire la quantità di fornitori cui si rivolge.


E con la crescente tendenza ad adottare policy di acquisto etiche, come quelle che impongono di evitare il ricorso al lavoro minorile, gli uffici acquisti si trovano ad affrontare direttamente le iniziative di Csr (Corporate social responsibility).


Il 41% degli intervistati ha poi affermato che l’oggetto degli acquisti viene indicato dai consigli di amministrazione e che nel 13% dei casi è coinvolto addirittura il Ceo in persona.


Un responsabilie acquisti su tre considera come sfida principale quella di riuscire a ottenere visibilità sui dati di spesa in modo da poter prendere decisioni migliori.


La ricerca evidenzia sia come i responsabili acquisti stiano assumendo un ruolo principale nei Cda, con riconoscimento della loro competenza nello spend management, ma anche che il nuovo status è accompagnato da fortissime pressioni verso il raggiungimento di obiettivi stressanti, tenendo anche in considerazione i fini della conformità alla normativa e delle iniziative Csr. I responsabili acquisti, indomma, devono riuscire a rispondere a più esigenze contemporaneamente.


L’indagine commissionata da Ariba conferma la crescita del controllo che gli uffici acquisti stanno guadagnando in tutte le aree della spesa aziendale: i responsabili europei affermano di disporre di diritti formali di approvazione su aree chiave come i servizi (nel 45% dei casi) e le materie prime o i beni diretti (41%).


Il ruolo del procurement nel processo decisionale, quindi, pare destinato ancora a crescere nel corso di quest’anno come conseguenza di questo nuovo livello di potere.


Lo studio rileva anche una maggiore attenzione da parte dei responsabili acquisti verso l’efficienza dei loro uffici, obiettivo cresciuto a una media del 16% rispetto al 9% del 2004, in funzione della ricerca di nuove strategie da parte delle aziende per centrare i target di risparmio complessivo.


Il sourcing strategico, infatti, è considerato come il mezzo migliore per tagliare i costi di procurement e per gestire la spesa, privilegiato dal 55% degli intervistati rispetto ad altre aree.


Il 60% delle aziende europee intende procedere a una revisione dei contratti di servizio, specie quelli riguardanti aree come il marketing, il lavoro interinale e i servizi generali.


Tuttavia si possono analizzare solo i contratti che è possibile quantificare e misurare, pertanto la visibilità della spesa nei confronti del procurement è limitata.


Ottenere la visibilità sui dati di spesa per prendere decisioni migliori è considerata la sfida principale, secondo quanto affermato dal 31% degli interpellati. Nei servizi, in particolare, il 37% ha ammesso di disporre di una visibilità inferiore al 10% della spesa, il che significa assenza di controllo sul 90% dei servizi acquistati.


La principale ragione è imputata alla necessità di sistemi migliori per monitorare le attività di acquisto (22%).


L’indagine mostra anche come la pressione sulla conformità normativa abbia incrementato le pressioni sul procurement: il 14% delle aziende analizzate dispone di iniziative per il controllo rispondente a leggi vigenti (come ad esempio quelle previste dalla legge Sarbanes-Oxley), che nel 41% dei casi hanno reso più difficile il lavoro dei responsabili acquisti e nel 25% hanno aumentato la burocrazia.


Poi, l’esigenza di essere riconosciuti con comportamento di business responsabile allineato alle procedure Csr (Corporate Social Responsibility) è diventato una parte del ruolo professionale di chi segue il procurement: il 37% delle aziende segue politiche di sourcing etiche e il 43% privilegia fornitori locali per incoraggiare lo sviluppo nel proprio ambito geografico.

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