Come Amsa è riuscita a fondere la tecnologia con il core business

La società milanese è la realtà nazionale, tra quelle che operano nell’ambito dell’igiene ambientale, con la maggior presenza di It nella propria attività operativa. Il progetto di rinnovamento ha coinvolto un mix di soluzioni, che oggi coprono tutte le necessità aziendali.

All’inizio degli anni Novanta, proveniente da Fininvest, Mario Pagani è approdato in Amsa. Da allora a oggi la realtà della società in cui lavora come responsabile dei Sistemi informativi e organizzazione è notevolmente cambiata, non solo sotto il profilo dell’assetto aziendale, ma anche dell’approccio verso il mercato e i clienti, che in prima battuta sono i cittadini di Milano ai quali oggi, con l’estensione del servizio sul territorio, si aggiungono anche gli abitanti di molti paesi limitrofi (si veda box). “Amsa rappresenta in questo momento, nell’ambito dell’igiene ambientale, la realtà con la maggior presenza di tecnologia nella propria attività operativa – spiega a Linea Edp, Pagani -. Penso che proprio questo sia l’elemento che valorizza maggiormente la figura di un Cio: tanto più l’informatica esce dai suoi modelli un po’ astratti e si sposta verso una tecnologia che riesca a supportare e agevolare il più possibile l’attività del business, tanto più in azienda si apprezzerà il lavoro del Cio”.

Partendo da questa situazione ottimale raggiunta e andando a ritroso, quali sono state le evoluzioni tecnologiche che hanno consentito ad Amsa di migliorare la propria attività?


“Negli ultimi anni Amsa ha fatto dei passi da gigante in fatto di efficienza, in quanto i servizi sono progettati, pianificati e resi disponibili agli utenti finali grazie a un sistema che consente in automatico di gestire l’informazione del servizio sul territorio in tempi molto ravvicinati. Per fare un esempio, oggi, quando gli automezzi escono, sono tracciati nel loro percorso da apparati che consentono di acquisire immediatamente dati e informazioni che vengono elaborati e quindi consentono di effettuare continui miglioramenti nell’organizzazione di nuovi servizi. In pratica, è un processo che va autoalimentandosi verso performance sempre più significative. Nell’ambito di questo progetto, sono associati, per esempio, indicatori di produttività che vengono misurati in quanto devono essere coerenti con il livello di servizio che garantiamo al cittadino. Servizio che poi viene monitorato anche attraverso survey periodiche e che danno un’idea della qualità fornita. Però, per oggettivizzare tutto ciò, non si poteva contare solo sulla volontà dei dipendenti, ma occorreva un sistema che tracciasse e qualificasse ogni attività. E, infatti, una volta implementato il nuovo sistema, da quel momento è aumentata da una parte la percezione di ciò che realmente stavamo facendo sul territorio e di come Amsa fosse valutata sull’attività di servizio, ma nello stesso tempo il sistema ha misurato il livello di prestazioni fornite, dando la possibilità di crescere in fatto di ottimizzazione dell’operatività stessa”.

Dal punto di vista informatico, quando è partito il progetto che ha rivoluzionato il vostro sistema It e anche l’approccio al mercato?


“Verso la fine del ’99, in concomitanza con il cambio del millennio, abbiamo completamente ripensato i sistemi informativi e quindi adottato l’Erp di Sap che oltre alle aree gestionali classiche, oggi controlla tutte le attività di supporto al business, che possono essere la gestione dei magazzini, la manutenzione degli impianti, delle officine, dei fabbricati e via dicendo. Contestualmente, siamo partiti con la reingegnerizzazione dei processi operativi, che hanno trovato nella leva tecnologica un forte supporto al business. Dal punto di vista progettuale e quindi funzionale, la reingegnerizzazione è nata all’interno dell’azienda, ma poi è stata implementata da società esterne, selezionate attraverso una gara pubblica. Il progetto era abbastanza complesso, perché non era legato all’adozione di una singola tecnologia ma a un mix di tecnologie che coprono tutte le nostre necessità funzionali. In contemporanea con questa progettualità tecnologica, è partito un sistema evoluto di cartografia, che ci ha consentito di individuare con estrema precisione gli oggetti di-slocati nell’area geografica di competenza dei nostri servizi, e quindi di conoscere nel dettaglio, per esempio, il posizionamento di cestini, cassonetti, aiuole spartitraffico, pozzetti stradali e quant’altro ancora. Mettendo, quindi, insieme la conoscenza del territorio, una progettualità tecnologica molto avanzata, la riorganizzazione dei servizi e il ripensamento dei sistemi informativi a supporto, si è creato un salto qualitativo decisamente significativo”.

L’implementazione di Sap, rispetto al gestionale di cui disponevate prima, ha creato problemi agli utenti interni coinvolti?


“Direi proprio di no, perché nel progetto i dipendenti sono stati coinvolti fin dall’inizio in maniera piuttosto pesante con corsi di formazione e addestramento relativi proprio alla loro operatività quotidiana. Quindi l’avvio delle nuove soluzioni, pur rappresentando un cambio significativo nel modo di operare, non ha creato troppe difficoltà. E tutto questo è avvenuto contemporaneamente nelle quattro sedi operative di Amsa che presidiano le quattro aree in cui è diviso il territorio di nostra competenza. Il risultato, alla fine, è stato molto soddisfacente, anche perché abbiamo rispettato i tempi previsti e in nove mesi siamo riusciti a essere operativi con il nuovo Erp”.

All’Erp di Sap quali tool sono stati associati?


“Abbiamo implementato i moduli Fi e Co, che sono di fatto l’amministrazione e il controllo, poi i moduli Mm, relativo ai magazzini, e Pm, relativo alla gestione e manutenzione degli impianti, fabbricati e officine. Al di sopra di Fi e Co, abbiamo implementato Sem, un sistema per il forecast e Sd, per la gestione dei contratti. Abbiamo, inoltre, realizzato un data warehouse aziendale, utilizzando prodotti di vendor come Oracle e Business Objects”.

Ritiene che il suo sistema It sia però diventato anche più complesso da gestire?


“No. Oggi, in Amsa, come scenario complessivo di riferimento, abbiamo un sistema che sta al centro della struttura, che noi chiamiamo Gestione Operativa, che organizza i servizi, i mezzi e gli itinerari, e che si interfaccia con tutte le soluzioni presenti: con il Gis, il sistema di informazione geografica, con Sipert Hr, il sistema che gestisce il personale e acquisisce la disponibilità delle risorse per definire i vari turni di lavoro, con l’Erp e il relativo modulo Pm, che gestisce la disponibilità degli automezzi e quindi organizza i servizi quotidiani. Al sistema core, Gestione Operativa, si collegano inoltre il nostro data warehouse, che di fatto fornisce all’alta direzione anche uno strumento di reporting, e un sistema di call center, che con il nostro sito Web consente al cittadino di verificare tutti i servizi che offriamo nella sua zona. Il call center ha anche la funzione di raccogliere varie segnalazioni, lamentele o richieste di servizi specifici. Se noi non avessimo questa struttura It così collegata, non potremmo avere una visione complessiva di tutto il traffico d’informazioni che dal call center arriva direttamente ai sistemi. Ma oltre all’attività che svolgiamo sul territorio, c’è anche tutta una serie di attività che accadono all’interno degli stabilimenti, che vengono monitorate da un altro sistema, che noi impropriamente chiamiamo ancora Pese, anch’esso collegato al sistema core. Infatti, quando al mattino gli automezzi escono dalle varie sedi per fare il loro giro di raccolta rifiuti, attraverso una tecnologia di tag attivi, installati sui mezzi, vengono acquisite le informazioni che tracciano il percorso o le attività di quel mezzo all’interno dello stabilimento. Quando esce all’esterno, il mezzo viene preso in carico dal sistema Gps, che lo segue in tutta l’attività. Quando il camion, a carico pieno, rientra negli stabilimenti per depositare il blocco dei rifiuti raccolti, riprende nuovamente a funzionare il tag, in quanto è più preciso nel caso di spostamenti limitati. Il mezzo va quindi in pesa, i cui dati sono rilevati dal sistema preposto e vanno anche ad alimentare un altro sottosistema che è dedicato agli adempimenti di tipo fiscale, in quanto per legge tutti i carichi di immondizia devono essere sempre tracciati nelle varie fasi di spostamento e identificati secondo una serie di codici definiti a livello della Comunità europea”.

In tutta questa fase di rinnovamento, qual è stato il contributo del top management e quello della sua divisione Si?


“Il top management ha dato le linee guida di quello che doveva essere fatto, ha definito i gruppi di lavoro, per la cui costituzione hanno anche partecipato alcune società di consulenza esterne, che a loro volta hanno definito quali dovevano essere i nuovi processi e le modalità operative da seguire. Poi, sulla base di questo programma, sono stati coinvolti i Sistemi informativi, per identificare quelli che sarebbero stati i contributi tecnologici migliori da adottare”.

Dal suo punto di vista, quindi, quanto è cambiato professionalmente il suo ruolo negli ultimi anni?


“Oggi, secondo me, tanto più il Cio impara a conoscere da vicino quali sono le esigenze dell’operatività dell’azienda, tanto più riesce a dare servizi e trarre benefici dalle competenze interne. Il ruolo del Cio, in questo contesto, è in continua evoluzione anche in fatto di skill. Ma deve, anche, essere in grado di valutare, con un approccio critico, ciò che avviene sul mercato e non rincorrere i prodotti sulla base delle mode tecnologiche che si diffondono. Non si deve, infatti, inserire in azienda nuovi prodotti sotto la spinta delle sollecitazioni del mercato, ma scegliere le soluzioni in base alle reali esigenze dell’azienda. Per esempio, è vero che le soluzioni pacchettizzate sono molto spesso quelle più facili da implementare, però quanto realmente rispondono alle esigenze dell’operatività della mia azienda? L’esperienza personale mi porta a dire esattamente il contrario. E, infatti, al nostro interno il 50% delle soluzioni è customizzato”.

Innovare per crescere significa anche avviare processi produttivi nuovi. E questo sembra essere l’approccio seguito da Amsa, con l’avvio del nuovo progetto Silla 2, che le ha anche consentito di aumentare significativamente il proprio fatturato.


“È così. In Amsa c’è un continuo ripensare a nuovi servizi da offrire e l’investimento elevato richiesto dal progetto Silla 2 sta già ampiamente ripagando i costi effettuati. Il nuovo impianto di termovalorizzazione o di cogenerazione, che si trova a Figino, vicino a Milano, bruciando rifiuti produce energia elettrica e calore per il teleriscaldamento. A pieno regime la centrale produce calore sufficiente a riscaldare circa 15mila famiglie”.

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