Cnipa: rivoluzione nelle reti pubbliche

Il presidente, Livio Zoffoli, illustra l’avanzamento del Sistema Pubblico di Connettività

L’esigenza di un cambiamento è un dato ormai acquisito dai sistemi amministrativi dei paesi più avanzati, chiamati a un profondo mutamento delle strutture pubbliche in chiave d’efficienza e sostenibilità. A questo appello l’Italia sta rispondendo, in particolare, con il Sistema Pubblico di Connettività (Spc), gestito dal Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (Cnipa). Istituito e disciplinato dal Decreto legislativo del 28 febbraio 2005, n.42, il progetto si pone l’obiettivo di collegare in banda larga tutte le Pubbliche amministrazioni italiane, consentendo lo scambio e la condivisone di dati, voci e immagini.


Attualmente in fase di attuazione, l’Spc è guidato da una Commissione di coordinamento che cura la gestione strategica del Sistema attraverso la partecipazione di amministrazioni centrali e locali ed è presieduto dal presidente del Cnipa. «Il Sistema, assolutamente all’avanguardia a livello europeo e mondiale, prevede una serie di servizi di connettività e interoperabilità – ha chiarito Livio Zoffoli, presidente del Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione -. Per quanto riguarda il primo aspetto, l’iter di aggiudicazione della gara è ormai concluso e oggi la Pa italiana viene servita da quattro operatori di telecomunicazioni: Fastweb, Bt Albacom, Wind e Telecom Italia con ricadute positive sui costi per la gestione delle connessioni digitali e sulla qualità dei servizi offerti. Anche per quanto riguarda il tema dell’interoperabilità, e in particolare quello della cooperazione applicativa, tramite gara sono stati selezionati i nomi di alcuni fornitori e oggi il sistema è in pieno deployment. L’obiettivo è arrivare a una copertura massima del territorio nel più breve tempo possibile, facendo aderire velocemente anche le amministrazioni locali a questo tipo di servizi, in forza di quella visione che è stata condivisa all’interno della Commissione di coordinamento». Rispetto ad altre esperienze, con l’Spc è stato compiuto, infatti, un passo avanti importante: il Codice dell’amministrazione digitale ha fissato regole sottoscritte in conferenza unificata da tutte le amministrazioni pubbliche, anche per quanto riguarda i criteri di certificazione dei fornitori. «Questo significa – ha continuato Zoffoli – che le Pa locali, pur potendo procedere in autonomia, si devono muovere verso obiettivi comuni secondo le regole stabilite».


I tre obiettivi da raggiungere


Il processo di profonda ridefinizione degli strumenti a disposizione del sistema amministrativo italiano si pone, fondamentalmente, una triade di intenti. «Innanzitutto – ha chiarito il presidente del Cnipa -, la cooperazione delle amministrazioni attraverso lo scambio dei dati e delle informazioni che riguardano i cittadini. L’altro grande obiettivo è quello di razionalizzare in tutti i campi, ma soprattutto nelle infrastrutture elaborative e nei centri di calcolo delle amministrazioni, resi vulnerabili anche dalla loro numerosità. Il vantaggio del consolidamento non si esaurisce, comunque, nel solo incremento del livello di sicurezza, si concretizza anche in notevoli risparmi di natura economica, liberando risorse che possono essere investite in nuovi sviluppi. Il terzo obiettivo è quello della dematerializzazione. L’introduzione del Protocollo informatico ha inserito, infatti, a livello amministrativo importanti novità nella gestione del flusso documentale, un percorso che trova il suo completamento in un processo di archiviazione elettronica in grado di conservare i documenti, secondo le prescrizioni di legge, all’interno di efficienti server farm e non più in magazzini ricolmi di vecchi archivi cartacei. Attraverso l’Spc, oggi possiamo dire che sono a disposizione tutte le norme e tutte le infrastrutture di comunicazione abilitanti per raggiungere questi obiettivi, si tratta solo di utilizzare gli strumenti messi a disposizione». La dematerializzazione dei documenti cartacei è, infatti, una realtà non solo tecnologica, ma anche giuridica, in quanto il Codice dell’amministrazione digitale, in vigore dal 1° gennaio 2006, dà valore legale alla documentazione elettronica, ponendo l’Italia al primo posto al mondo tra i paesi dotati di un complesso di norme che tiene conto dell’evoluzione tecnologica, agevolandone l’utilizzo. Il tutto con l’evidente intento di innescare risparmi economici: se è vero che la gestione dei soli documenti amministrativi vale per il Sistema Italia oltre il 2% del Prodotto interno lordo, il trasferimento del 10% della carta su supporti digitali genererebbe, infatti, un risparmio annuo di almeno 3 miliardi di euro, ripetibile a ogni esercizio successivo.


Italia, leader in fatto di normative


Nello scenario internazionale la situazione italiana sembra brillare per il particolare livello di innovazione. «Dobbiamo avere il coraggio di sostenere una verità normalmente poco diffusa – ha continuato Zoffoli -. La nostra normativa è di assoluta avanguardia in Europa e nel mondo: l’Italia è l’unico paese che ha un Codice dell’amministrazione digitale e per quanto riguarda la firma digitale e l’archiviazione ottica siamo stati pionieri. Va, poi, detto che, attualmente, disponiamo già di una rete internazionale in grado di collegare oltre 500 delegazioni italiane all’estero, come consolati e ambasciate, a sua volta interconnessa con il sistema italiano. Questo ci consente di essere all’avanguardia in Europa e di adeguare facilmente il nostro paese a quelle che saranno le normative europee per le interconnessioni delle grandi banche dati amministrative a livello internazionale. Sono molte, infatti, le attività che in un prossimo futuro riguarderanno i sistemi fiscali, sanitari, doganali e di sicurezza».

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome