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Clubhouse verso il business, arrivano le applicazioni di terze parti

La sensazione di chi stia navigando nelle acque inesplorate del social audio più seguito del momento – l’abbiamo ripetuto più volte nei precedenti articoli – è quella di trovarsi su un magma fluido che stenti a solidificare. Un elemento in trasformazione costante a livello tecnologico e sociale, che nasconde fra le sue pieghe potenzialità incredibili, ma anche risvolti incontrollabili, a volte potenzialmente pericolosi. Ma andiamo per ordine.

Ultime da @paul

Una nuova release dell’app sarà probabilmente disponibile alla fine di questa settimana. Lo ha dichiarato Paul Davidson (@paul) fondatore di Clubhouse domenica 21 febbraio in occasione del suo incontro settimanale con gli utenti. Una stanza immensa rispetto a quanto eravamo abituati, arrivata a contenere 8.700 partecipanti (il limite di prima era 5000).

E proprio le dimensioni delle stanze del Clubhouse del futuro è stato uno degli argomenti di discussione in occasione dell’incontro: i co-fondatori stanno pensando a un possibile sviluppo di stanze a utenti illimitati, per gestire eventi come concerti dal vivo o riunioni di grandi dimensioni.

Ci sarà da lavorare sui server – ha dichiarato @paul – e sulla gestione dei flussi audio, cosa questa già in lavorazione e che permetterà ascolti limpidi non solo limitati alla voce.

Per il resto si è parlato, come la volta scorsa, di monetizzazione – vedremo l’argomento in un prossimo articolo – e di incentivare la struttura dei club per garantire alle aziende di presentarsi su Clubhouse (non si accetteranno, come sempre, account aziendali); potremo fare un’analisi più approfondita quando, finalmente, verranno attivate le procedure di rilascio degli stessi. Al momento le richieste di creazione dei club sono ancora rallentate per l’enorme numero di domande ricevute.

In occasione dell’incontro @paul ha mostrato poi grande entusiasmo per l’idea che gli utenti organizzino club dedicati a istituti scolastici/universitari e a organizzazioni istituzionali o associative. Attività queste che ricadono sempre nella filosofia che sta alla base del social audio: quella cioè di collegare le persone e di mettere a disposizione degli utenti una vera propria agorà in cui esercitare al meglio la libertà di espressione e di associazione. Naturalmente, sempre secondo le regole.

Proprio questo è uno degli argomenti importanti che sono stati toccati dal fondatore di Clubhouse: quello della fruizione multilingua dell’applicazione e dei possibili controlli su stanze in cui si parlino lingue diverse dall’inglese.

L’organizzazione creerà, secondo quanto sostenuto dal fondatore, dei team di diverse nazionalità, che avranno il compito di monitorare i soggetti trattati nelle stanze. È un magma fluido e instabile il Clubhouse che conosciamo. Convogliarlo nella giusta direzione sarà la sfida più ardua da affrontare nel prossimo futuro.

Al via le applicazioni di terze parti

Limiti di vario genere, dunque, fra cui quelli meramente tecnici. Ricordiamoci che Clubhouse è ancora una versione beta, appannaggio dei soli possessori di iPhone e che migliorerà sicuramente col tempo.

In alcuni casi la gestione del sistema è ardua dal cellulare, quindi ecco un pullulare di piccoli tool di terze parti, nati per agevolare, appunto, l’utilizzo del mezzo. Me li ha presentati Giuliano Ambrosio (@JuliusDesign) specializzato in strategie creative multicanale e molto attivo nelle stanze di Clubhouse. Vediamone alcuni.

LUMA for Clubhouse – È questo un servizio pensato per permettere la condivisione di un evento programmato mettendo a disposizione una landing page personalizzabile. La pagina può essere condivisa attraverso e-mail o social network.

Host Notes – Tool simile al precedente, forse addirittura più semplice e immediato da usare. Bisogna, come sempre, iscriversi al servizio, dopo di che – inserendo il link dell’evento programmato – viene visualizzata una one-page info provvista di una serie di funzionalità aggiuntive. La pagina può, come sempre, essere condivisa mediante twitter o altro social network.

Clubhype – Per chi volesse semplicemente inviare un’immagine della stanza programmata, da condividere sui social o via e-mail, può invece utilizzare questa piccola, ma efficace applicazione. L’anteprima dell’evento viene creata all’istante in formato .png.

Clublink – Fa sostanzialmente lo stesso servizio della precedente. Crea un’immagine dell’evento programmato e permette di inviarla via Twitter, Facebook o LinkedIn.

Clubhousebio – Un modo essenziale per farsi notare dai frequentatori di CH è quello di organizzare il proprio profilo nel modo più efficace. Non basta scrivere qualche informazione, ma sono necessari stile e inventiva. Ecco quindi un’applicazione molto utile, che agevola la compilazione della bio da computer. Si tratta poi di inviare il file di testo copiato al cellulare e incollarlo nello spazio previsto. Attenzione alle prime tre righe della bio, che sono le più importanti.

Findclubhouse – Si tratta di un servizio per cercare da computer (o da browser di telefono) i club di CH. Un po’ come nella semplice ricerca attraverso l’applicazione. L’unico vantaggio è che si possono inviare i dati di eventi propri in programmazione e fare ricerche per categorie. Una volta trovato l’evento è possibile inviarlo a Google Calendar, esportarlo in formato iCal o condividerlo secondo i sistemi più tradizionali. Un pulsante permette poi di rimandare direttamente all’applicazione di Clubhouse (se si sta usando l’iPhone o l’iPad), aprendo istantaneamente la stanza prescelta.

Direcon – E questa è l’ultima chicca che mi ha suggerito Dennys Dionigi (@dennys), uno dei miei contatti più preziosi su Clubhouse. Si tratta di un’applicazione che agevola i moderatori nella direzione della stanza direttamente dal browser del pc. Si possono gestire le comunicazioni fra i moderatori e il flusso degli eventi. Proprio quello che manca all’applicazione.

Una piccola lista che sarà destinata a crescere, vista la necessità da parte degli utenti di poter gestire con maggiore comodità l’applicazione di base. Nei prossimi articoli dedicherò uno spazio continuativo a questo argomento.

Out of darkness

No, non ho intenzione di parlare della miniserie televisiva diretta da Larry Elikann del 1994, ma della speranza che Clubhouse possa essere utilizzata con maggiore facilità anche dalle persone non vedenti.

Clubhouse è un social audio, una dimensione che dovrebbe agevolare chi non vede, eppure non è così.

Nelle stanze di Clubhouse ho incontrato Valter Scarfia (@valterscarfia), presidente dell’Unione Ciechi di Alessandria e vicepresidente regionale del Piemonte dell’IRIFOR, Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione e lui mi ha suggerito una cosa: provare la funzione VoiceOver dell’iPhone.

È stato un dramma. Ho avuto la sensazione di guidare un’automobile con i comandi rovesciati. Guardando lo schermo non si capisce niente, così mi sono trovato a chiudere gli occhi. Ma con risultati disastrosi.

L’applicazione dell’iOS si sovrappone alle app utilizzate e legge quello che noi normalmente vediamo sullo schermo. Poi, con una serie di comandi basati sul tocco o sullo swipe (con una, due o tre dita a seconda della necessità), invia i relativi comandi.

Ma come funziona Clubhouse sotto VoiceOver? “Per funzionare, funziona – dice Valter – ma i limiti sono notevoli. Ad esempio, quando sono in una stanza e alzo la mano per parlare mi compare un banner di accettazione che non è attivabile. Altro problema è la comparsa della finestra di comunicazione quando inseriamo le cuffie. Compare il banner che chiede di attivare il microfono in modo parlato o musicale, ma VoiceOver non ci avverte“.

E questi sono solo i limiti più macroscopici dell’applicazione; un’applicazione che non sembra pensata per il pubblico dei non vedenti.

È veramente un peccato che questo social, tanto congeniale per chi non ha la vista, sia ancora gestito con approssimazione nella sua configurazione VoiceOver. Una pressione, anche a livello degli organi di stampa, è assolutamente auspicabile, anche perché il pubblico dei non vedenti – su Clubhouse – sta crescendo di giorno in giorno.

Il caso Porsha Belle

Abbiamo incontrato Porsha Belle, influencer di Clubhouse con sede a Houston, Texas, in una room americana. L’ho incontrata perché volevo che mi confermasse la storia che avevo letto nell’ultimo articolo di Erin Griffith e Taylor Lorenz pubblicato sul New York Times il 15 febbraio. Si tratta di una storia che scopre uno dei lati ancora oscuri di Clubhouse.

Porsha Belle, dopo aver parlato di misoginia in una room, è stata presa di mira da una serie di persone che, non d’accordo con le sue posizioni, l’hanno denunciata in gruppo. Il suo account è stato sospeso e la cosa è naturalmente rimbalzata fra i media d’oltreoceano suscitando disapprovazione da più parti.

Ora Porsha è stata riammessa, ma – a parte lo stop della sua presenza per alcuni giorni sul social network, che per un influencer può essere causa di ingenti perdite – la gravità della situazione lascia capire quali possibili trappole si nascondano negli anfratti di questo neonato social network. E non si tratta dell’unico caso.

Come ho già citato in precedenza, il potere dei moderatori è grande e, se usato in modo distorto, potrebbe essere fonte di problemi. Sta di fatto che, per quello che riguarda la sicurezza, Clubhouse presenta ancora tanti limiti e tante falle, che non riguardano solo il livello degli utenti. Parleremo di questo argomento nei prossimi articoli.

Ringraziamo per i suggerimenti @saralaratro, @catia.s e @dennysdionigi, miei compagni di viaggio di questa settimana.

Riccardo Busetto è su Clubhouse: @riccardobusetto

 

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