Home Cloud Cloud, fog ed edge: lo stato dell’arte dell’Intelligenza artificiale

Cloud, fog ed edge: lo stato dell’arte dell’Intelligenza artificiale

L’Intelligenza Artificiale, una disciplina che appartiene alla computer science, racchiude diverse tecnologie che hanno lo scopo di far fare alle macchine cose che se fossero fatte da un uomo giudicheremo intelligenti.

Anche se il termine è stato coniato durante il congresso di Darmonth nel 1956, gli albori dell’Intelligenza Artificiale risalgono al 1943 con la definizione del modello di un neurone artificiale da parte di Warren S. McCulloch e Walter H. Pitts in un articolo dal titolo “A logical calculus of the ideas immanent in nervous system”.

Dopo gli studiosi statunitensi, anche Alan Turing, nel 1950, in un famoso articolo intitolato “Computing Machinery and Intelligence” si è chiesto se una macchina può pensare, approfondendo così i concetti di macchina e pensiero.

Primi passi importanti che segnarono l’inizio di un’intensa ricerca sull’intelligenza artificiale che negli anni ha vissuto molti momenti di entusiasmo alternati da altrettanti momenti di delusione che i ricercatori definiscono rispettivamente Primavere e Inverni dell’AI.

Oggi è in atto una nuova primavera, potremmo parlare persino di estate, con ulteriori e straordinari successi, ma per continuare su questa scia positiva è indispensabile comprendere anche i limiti che dobbiamo affrontare, altrimenti rischiamo di ricadere in un nuovo inverno.

Piero Poccianti Presidente di AIxIA

Innanzitutto dobbiamo essere tutti consapevoli dell’attuale lontananza da quella che gli esperti definiscono general artificial intelligence ossia un essere senziente con capacità intelligenti in senso lato. Ad oggi siamo infatti nel campo della narrow artificial intelligence: siamo cioè in grado di sviluppare macchine che uguagliano o addirittura superano l’abilità degli uomini in campi ristretti e determinati. Siamo di fronte ad una sorta di idiot savant artificial intelligence.

Nel tentativo di definire più precisamente successi e limiti di questi ambiti ristretti dell’IA il Dipartimento per la Difesa Americano (DARPA) ha circoscritto le facoltà intelligenti in quattro specifiche categorie: Percepire, Imparare, Astrarre, Ragionare, definendo anche tre epoche dell’IA.

La prima, chiamata Handcrafted Knowledge, è contraddistinta dai successi dei metodi simbolici che forniscono alla macchina capacità di ragionamento logico e sistemi di rappresentazione della conoscenza. Le macchine hanno quindi una grande capacità di ragionare, ma scarsa capacità di percepire, imparare e astrarre. In questa fase, inoltre, è assolutamente necessario un essere umano che istruisca le macchine fornendolo loro concetti, regole, definizioni e conoscenza in generale.

La secondo epoca, nominata Statistical Learning, è invece caratterizzata dalle importanti vittorie delle deep neural network e dei metodi subsimbolici. È la fase che stiamo vivendo ora in cui le macchine hanno grandi capacità di percepire e imparare, ma ancora scarsa capacità di astrarre e ragionare. La terza ed ultima ondata, chiamata Contextual Adaptation, dovrebbe invece permettere di superare le divisioni e i limiti attuali con la creazione di macchine che avranno ottime capacità in tutte e quattro categorie sopracitate.

Pur non avendo oggi la capacità di astrarre, ossia la facoltà di applicare l’esperienza e la conoscenza ottenute in contesti completamente diversi attraverso analogie, l’intelligenza artificiale è una tecnologia, o meglio un insieme di tecnologie, potente in grado di trasformare radicalmente il modo di lavorare, imparare, comunicare e vivere di tutta l’umanità.

Proprio per questo profondo impatto sociale bisogna indirizzare la ricerca e le applicazioni dell’IA verso l’incremento del benessere, la diminuzione delle diseguaglianze e una nuova definizione del modello economico globale per evitare le conseguenze disastrose che già stanno mettendo a dura prova il Pianeta. Uno degli aspetti da considerare, nel cercare di indirizzare il modello economico verso il benessere, è infatti proprio quello dell’impatto economico e ambientale dell’IA.

Attualmente i grandi stanno fagocitando i piccoli: le grandi aziende hanno infatti le risorse per consentire l’implementazione di enormi data center in cui le informazioni, da noi stessi generate con testi, comportamenti, foto e video, vengono raccolte per “addestrare” le macchine ad azioni sempre più specializzate e complesse.

Questo modello, contraddistinto da architetture cloud di grandi dimensioni, prevede l’intera elaborazione dei dati nei grandi data center con un incredibile spostamento delle informazioni che rappresenta una delle più grandi fonti di inquinamento. Nel 2016 l’agenzia per l’ambiente francese ha affermato che trasferire un megabyte di dati su internet significa liberare 0,6 grammi di CO2 nell’ambiente.

Esistono tuttavia architetture parzialmente alternative ed estensive del cloud: Edge Computing e Fog Computing.

Con il termine inglese Edge Computing (in italiano elaborazione al margine) si indica l’elaborazione delle informazioni ai margini della rete, dove i dati stessi vengono prodotti. I benefici principali derivanti dall’utilizzo di queste tecnologie sono la riduzione della latenza di elaborazione, che permette risposte in tempo reale, e il risparmio di banda, inviando al data center informazioni già elaborate e quindi di minori dimensioni.

Il Fog computing (o Fog) è invece un’architettura orizzontale, a livello di sistema, utile a distribuire senza soluzione di continuità risorse e servizi di calcolo, immagazzinamento di dati, controllo e funzionalità di rete sull’infrastruttura che connette il Cloud all’Internet delle Cose (IoT). Il Fog rappresenta al tempo stesso un’estensione e un miglioramento del paradigma Cloud in supporto ad applicazioni IoT che debbano rispettare precisi parametri di Qualità di Servizio (QoS) per essere processati, quali latenza e banda disponibili per una certa connessione.

Queste architetture, applicate all’Intelligenza Artificiale, pur non escludendo completamente il Cloud, oltre a diminuire l’impatto ambientale dell’IA e di Internet in generale, consentono di rispettare il GDPR e in generale i problemi di privacy. Aprono, inoltre, la strada alla costruzione di un modello in cui i makers, gli artigiani digitali, possono utilizzare l’IA per costruire apparati e realizzazioni liberamente, svincolandosi così dai colossi della rete. Un modello di realizzazioni distribuito, già preconizzato dalle stampanti 3D e da molti economisti innovativi fra cui Ernst Friedrich Schumacher nel suo famoso lavoro “Piccolo è bello”.

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