Cloud, con tante scuse

Le vicende di Amazon, Aruba, Sony confermano che fare servizi tecnologici non è una passeggiata.

Esistono due denominatori comuni per le recenti vicissitudini di Amazon, Aruba, Sony. Il primo è l’interruzione, con varie forme, dei servizi online prestati. Il secondo è la profusione in scuse nei confronti dei clienti. Un terzo avrebbe potuto essere la soluzione prospettata affinché non si avesse a ripetere l’inconveniente, insieme alle proposte di risarcimento. Ma i casi sono diversi e così le soluzioni.

Partiamo da quello più eclatante, che ha riguardato milioni di persone alle prese con il gioco: quello di Sony.
Il responsabile della divisione gaming, Kaz Hirai ha indetto una conferenza stampa di domenica per scusarsi con i clienti per l’attacco alla Playstation Network che ha causato la perdita di dati (compresi quelli di carta di credito) di milioni di iscritti. I servizi sono ovviamente stati interrotti. Psn è destinato a essere ripristinato a breve, per andare a regime in un mese.
Sony inizialmente ha dato mandato a una società di sicurezza It di indagare sull’intrusione subita, incaricandone una seconda una volta maturata la certezza del furto di identità. E per il futuro ha in animo di creare la posizione di Ciso (Chief information security officer) oltre che chiedere agli utenti di cambiare gli account.
Come reazione all’accaduto, quindi, la società ha seguito una via ibrida, a metà strada fra il pratico e il programmatico.

Più del secondo tipo è stata la reazione di Amazon
relativamente all’interruzione dei giorni scorsi dei propri Web service.
Dopo il ripristino è arrivata la promessa: migliorare la comunicazione verso i clienti. Non mancheranno gli accorgimenti tecnici, hanno detto i responsabili, e nemmeno le proposte di risarcimento (un credito di 10 giorni con utilizzo totale di Ebs, Elastic block store) ma hanno insistito sul dare maggiore trasparenza a quanto accade al contesto dei servizi.

Venendo a casa nostra c’è la storia di Aruba, che ha dovuto interrompere il servizio a causa di un incendio nel datacenter provocato da un corto circuito nei rack Ups. La società aretina, che ha comunque puntato sulla comunicazione (nel fine settimana si rincorrevano gli spot radiofonici sull’affidabilità del servizio) ha preso una decisione pratica: via le pile dai datacenter. Le metterà in una stanza separata, per poter gestire per comparti eventuali inconvenienti.

Le tre storie, intersecate, ci dicono che la complessità è pane quotidiano anche nel mondo dei servizi. Quello stesso mondo, che ora si chiama cloud e che promette agli utenti tanta semplicità, per governare se stesso ha bisogno di altrettale, se non maggiore, dedizione e accortezza.
Le tante scuse e le promesse di risarcimento sono dovute, forse gradite. Ma nell’era del cloud non sono sufficienti per creare il sostrato di fiducia che abbisogna.

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