Cio, la battaglia delle competenze

Il Chief information officer di Manpower offre la propria visione della gestione delle risorse umane strettamente legata all’It

In un recente congresso statunitense dedicato al management, Rick Davidson, Cio di Manpower, multinazionale di lavoro interinale, ha offerto una visione interessante sulle tematiche del mondo del lavoro. Una chiave di lettura proposta è che il Cio deve occuparsi delle risorse umane del proprio dipartimento come e forse più di un responsabile Hr. Motivo: i Cio oggi sono di fronte a una “battaglia soda” (come nel romanzo risorgimentale di Luciano Bianciardi) per raggiungere una nuova unità d’azienda, e devono avere la capacità di far crescere una forza di lavoro che è alle strette per budget disponibile, ma anche per competenze.


Il quadro che ha fatto il Cio di Manpower è, giocoforza, influenzato dalla contingenza del mercato americano, ma, come abbiamo capito in questi anni, una quota delle considerazioni che si fanno sull’economia statunitense è valida, da subito o in seguito, anche per la nostra realtà.


Davidson è partito dalla consueta notazione della fine dell’epoca dei “baby boomer”, ossia del vuoto che l’affievolirsi di una curva demografica del passato provoca sulla situazione occupazionale, con la scomparsa definitiva di competenze (il caso è tipico nell’area dei sistemi centrali, dei mainframe). Contestualmente, ha notato, arrivano generazioni di lavoratori con un percorso formativo (anche sul lato umano) completamente diverso. Il tutto va condito con la tendenza a un minor apporto di figure laureate sul mercato interno, a beneficio dei paesi emergenti. In sintesi: India e Cina oggi producono più professionisti It di Stati Uniti, Europa e Giappone messi assieme.


Insomma, per Davidson c’è un gap (anche questa non è una novità) che va colmato, compatibilmente con le proprie forze e andando a prendere le capacità dove ci sono. E spesso (qui sta la “rivoluzionarietà” del messaggio) sono già dentro l’azienda.


Il Cio di Manpower tratteggia tre tipologie di lavoratori dell’It staff, riferenti ad altrettante generazioni: giovani, medi e maturi.


I primi sono lavoratori sotto i 35 anni che manifestano grande capacità di apprendimento delle nuove tecnologie, sono adattabili, creativi e “tribali”. Si muovono velocemente in azienda e tendono naturalmente a occupare gli spazi lasciati dai “baby boomer”, se non altro con percorsi di carriera più rapidi di quelli dei loro padri. I secondi, lavoratori sotto i 55 anni, sono il ventre molle del problema: sono i più carichi di nevrosi e a metà di un guado che genera inefficienza. I terzi, sopra i 56 anni, non temono la nuova tecnologia, ma non ne sono nemmeno interessati. Ogni categoria, per Davidson, ha delle criticità, che vanno superate per riuscire a estrarre il meglio dai lavoratori già in forze. Per i giovani, che tendono a sopravanzare i colleghi, meglio che ci sia il coordinamento di una figura carismatica. Sui medi bisogna fare un’attività psicologica, di motivazione e coinvolgimento. Sui maturi, laddove c’è la necessità, si può agire per “prolungare la ferma”, fino ai 70 anni, riducendo l’orario di lavoro. Il fine è valorizzare al meglio le competenze It, che in azienda diventano un bene scarso, e per contribuire, con l’area It, a vincere la “battaglia aziendale” sul mercato.


Suona strano che queste cose le abbia dette il manager di un’azienda di lavoro interinale? No. Semmai onesto e realistico.


E, comunque, fra i consigli finali che Davidson ha dato agli It manager, per gestire la forza lavoro, c’è ovviamente il ricorso all’outsourcing. Ma prima di arrivare a stabilire che c’è bisogno di terziarizzare, è necessario che un It manager faccia il censimento del proprio staff collocando i lavoratori nelle tre categorie di appartenenza (giovani, medi, maturi), affronti il tema con il responsabile delle risorse umane e con gli stessi dipendenti, lavori comunque per la loro formazione, automatizzi le funzioni ove possibile e non scarti l’ipotesi di vagliare reingressi di persone con le giuste competenze.

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