Chiarezza e trasparenza per far crescere l’Rfid

Sull’identificazione in radiofrequenza, Siemens crede da anni, ma la tecnologia ancora stenta a decollare. L’analisi di Idc sugli sviluppi futuri 

Siemens e Rfid. Un legame che dura da più lustri e che si concretizza
in tecnologia e soluzioni. La casa tedesca, infatti, investe in sistemi e integrazione
applicativa, convinta che riduzione del lavoro manuale, velocizzazione operativa
e minori costi siano da soli un biglietto da visita incoraggiante. Ma ogni medaglia
ha il suo rovescio. Idc, infatti, invitata a esprimersi sull’argomento
da Siemens stessa, frena gli entusiasmi e sottolinea che se già parlare
di Rfid oggi non è questione da poco, guardare al futuro pare ancora
più difficile. Nell’ambito dell’identificazione basata su
radiofrequenza (dove tag, chip e antenne permettono di interrogare oggetti e
aggiornare i dati), le sfide riguardano performance, frequenze e sicurezza dei
dati, solo per citarne alcune. Certo è che la profittabilità a
breve termine non è ancora la regola, ma le possibili applicazioni sono
molteplici e in alcuni settori, come il retail, si possono anche spuntare ragionevoli
costi di progetto.
Secondo l’analista, i fattori che tendono a indirizzare un’azienda
verso l’Rfid sono, primariamente, l’ottimizzazione della logistica,
delle merci in entrata, le richieste dei clienti, un più preciso controllo
sulle operazioni, l’accelerazione dei tempi di risposta ma anche una migliore
pianificazione della capacità produttiva, mentre le aree che vengono
impattate più direttamente sono il magazzino, appunto la logistica, i
centri di distribuzione e la produzione.

Progetti complessi
In ogni caso, per i prossimi anni, Idc non si aspetta sviluppi determinanti
nella diffusione e accettazione dell’Rfid, principalmente per gli investimenti
infrastrutturali necessari. Per Idc, la tecnologia bar code non verrà,
comunque, soppiantata e solo nell’arco di 8/15 anni si potrà parlare
di una filiera completa che coinvolga anche fornitori, clienti e produttori.
La complessità dei progetti si lega al fatto che la tecnologia deve essere
integrata nei processi di business (compito che non va sottostimato) e che i
provider devono attentamente considerare la sicurezza dei dati, studiando meccanismi
di protezione che tengano però conto dell’insufficiente capacità
storage dei dispositivi Rfid.
Ma per comprendere il lungo cammino verso la diffusa affermazione dell’Rfid,
Aniello Micco, business developer della divisione Sol (Soluzioni per il segmento
manufacturing) di Siemens Business Services in Italia, mette l’accento
su un’operazione culturale non compiuta a regola d’arte: «L’esigenza
del mercato c’è, ma forse le aspettative sono troppo elevate rispetto
a quanto si realizza effettivamente
». Secondo Micco, l’interpretazione
dell’Rfid è stata troppo ottimistica, mentre introdurre questa
tecnologia comporta una serie di complicazioni, normali nel processo di adozione
di ogni tecnologia, che però hanno creato una sorta di disorientamento.
«Oggi, per fortuna, la consapevolezza è cresciuta – prosegue
il manager -, così come la competenza degli operatori, per cui l’utilizzo
dell’Rfid in alcuni settori è diventato una pratica consolidata
anche se ancora non si è giunti a creare una “internet degli oggetti”
e non per limiti tecnologici. Mettere d’accordo tutte le organizzazioni
di trasporto, logistica, produzione e utilizzare lo stesso standard non sono
questioni banali
». Di base, nell’approccio al processo, bisogna
capire quali vantaggi l’Rfid possa effettivamente fornire e magari puntare
sulle tecnologie più a basso costo. Quindi, per Siemens, rapporto stretto
con l’Rfid ma non matrimonio, visto che, nella veste di system integrator,
ha talvolta suggerito di rimanere sul barcode.

«Non sempre i clienti riconoscono la tecnologia più rispondente
al loro problema
– dice Micco -, sta a noi fare la corretta analisi
senza forzare la mano spingendo una tecnologia più di un’altra.
Bisogna essere trasparenti e dichiarare quando un problema non può essere
risolto con l’Rfid, per ragioni di costo, tecnologiche o di vincoli ambientali
».
Volendo andare nel dettaglio, la visibilità just on time delle merci
e il superamento della barriera della prossimità sono due dei vantaggi
che spingono Micco a consigliare di investire in Rfid in ambito logistico, che
resta il settore più reattivo, anche se «c’è un
po’ di confusione su come si ottengono i benefici. C’è anche
da dire che molte imprese, restano scottate perché sbagliano il campo
di applicazione. Le piccolissime, poi, possono avere risposte sufficienti dai
codici a barre, mentre la grande è più propensa all’innovazione
e ha una superiore sensibilità culturale. La difficoltà maggiore
si ha nella fascia intermedia, cioè quella che potrebbe avere vantaggi
dall’Rfid, ma non può contare su grandissimi volumi né budget
elevati per poterla sviluppare
».

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