Chiamami Soa, sarò il tuo servizio

L’esperienza di quattro aziende che si sono aperte al modello Service oriented architecture per ottenere maggiore flessibilità e integrazione tra diversi processi, raccontata dagli uomini dell’It

Nuovi paradigmi per nuove tecnologie, per un numero di attori che cresce e deve convivere con un’ottica business sempre più pressante. Servono, quindi, sistemi informativi più flessibili e pronti a supportare le strategie aziendali. Servono le Soa. Questa, almeno, è la convinzione di alcuni uomini dell’It che hanno partecipato a un recente convegno sul tema, organizzato da Business International. Uno di loro è Walter Siri, dell’emiliana Coopservice, che offre servizi in area facility management, sanità e sicurezza. «Essendo la nostra un’azienda di servizi – ha esordito Siri -, abbiamo un approccio familiare alle Soa», utilizzate dalla società per il progetto Pant@, insieme di portali integrati cui partecipano diverse imprese collegate a Coopservice, ognuna dotata di propri sistemi informativi. A fronte della necessità di integrare questi ultimi, di poter modificare velocemente il software in funzione del business, di ottenere un maggiore dettaglio nella definizione dei processi aziendali, di poterli simulare prima di adottarli e di ottenere un controllo delle procedure in essere, Coopservice si è aperta alle Soa. «Per dare un riscontro immediato dei processi di business – ha detto Roberto Dalle Mura, chief architect della società – abbiamo individuato delle risposte basate su Mda (Model driven architecture, ndr) e Soa, con soluzioni di Business process modeler e business activity manager, creando un’architettura non complessa ma sfaccettata. Rispetto alla granularità dei servizi, gli impatti sono stati enormi». Anche la modifica delle figure degli analisti e dei programmatori, a cui ora sono richiesti skill tecnici e di business, è stata una delle mosse in ottica integrazione compiuta da Coopservice.


Le infrastrutture It hanno un indirizzo Soa anche in Poste Italiane. «C’era bisogno di un cambiamento nell’ottimizzazione dei processi interni per migliorare la velocità e la reattività delle infrastrutture nell’erogazione dei servizi al cittadino – ha illustrato Alessandro Saralli, responsabile sviluppo sistemi informativi dell’ente -. La direzione Ict, quindi, si è mossa verso le Soa, come percorso evolutivo per rispondere in modo flessibile al business». Partendo da due piattaforme (Esb, Enterprise service bus, e Bpi, Business partner integration), Poste Italiane conta tra i benefici il riutilizzo dei servizi funzionali, un minor effort di sviluppo e tempo di testing dei nuovi servizi, un numero ridotto di errori, rischi, tempi e costi di manutenzione, una maggiore integrazione e componibilità dei servizi, il disaccoppiamento dei moduli architetturali e una ridotta complessità di gestione del sistema. «L’approccio Esb, piattaforma d’integrazione che combina gli standard di comunicazione all’interno di un’architettura a eventi basata sul paradigma Soa – ha commentato Saralli -, ha seguito un approccio a isole e tra riduzione di costi di sviluppo e di manutenzione dovrebbe garantirci un saving totale del 25%, in un orizzonte temporale di cinque anni». Anche per la Business partner integration, che coinvolge 14.000 uffici postali, l’architettura è stata coerente con il modello Soa. «Introdurre un’infrastruttura Soa oriented – ha concluso il manager – significa mutare le consuetudini d’implementazione dei progetti. Il successo di queste iniziative dipende dall’integrazione degli attori, dal business plan, dalla sponsorship, da un approccio step by step e dal coinvolgimento dei business partner. Ma non solo, bisogna rendere evidente che l’It fornisce servizi a supporto del business e presidia il disegno architetturale».


Un altro grande ente di origine pubblica ha scelto le Soa nel processo di ripensamento del ruolo dell’Ict nei confronti dei processi di business. Tsf (nata nel 1997 a seguito della privatizzazione della divisione Ict del Gruppo Ferrovie dello Stato, che ancora ne possiede il 39%) ha, infatti, puntato sulle Soa per Pic (Piattaforma Integrata di Circolazione), realizzata per Rete Ferroviaria Italiana, che gestisce rete e impianti ferroviari. «All’inizio di questo progetto
– ha spiegato Marco Poggi, responsabile sistemi operativi di Tsf -, sono emersi dei dubbi legati ai necessari investimenti vista una certa obsolescenza tecnologica, ma in seguito, l’iniziativa è stata capita e condivisa. Ora il nodo di Milano è completamente gestito a servizi». Un successo di cui Poggi è soddisfatto e che ha permesso di supportare la circolazione dei treni fluidificando i processi attraverso la gestione di quelli di business. «Il modello convince – puntualizza Poggi -, al punto che stiamo lavorando nella stessa direzione per tutto il Gruppo Ferrovie dello Stato».


La possibilità di rileggere le esigenze di business in modi diversi ha convinto a modificare il modello It in ottica Soa anche Sascha Schulz, responsabile dei sistemi informativi di Arag Assicurazioni. La compagnia, che in Italia ha sede a Verona ed è specializzata in tutela legale, si rivolge a un’ampia varietà di interlocutori, agenti broker, avvocati, clienti finali e così via, con una conseguente crescita dell’importanza del Web. «Le richieste di semplicità d’uso, di disponibilità e accessibilità delle informazioni, di flessibilità tra processi e business e soprattutto di concentrazione dei punti d’accesso ai servizi – ha indicato Schulz – ci hanno portato a pensare alle Soa, anche perché in questo modo si supera il vincolo dei differenti sistemi e soluzioni che caratterizzano le diverse società coinvolte». Per rendere possibile una stretta collaborazione, Schulz ha, quindi, valutato varie ipotesi, sui cui le Soa hanno predominato. «È un approccio filosofico che è piaciuto alla nostra area It, formata da cinque persone – ha continuato il manager -, tutte con un forte orientamento di business e non solo tecnologico. All’interno del nostro Gruppo, poi, ogni nazione, può assumere decisioni indipendenti, quindi l’It varia da paese a paese». Nel suo percorso di scelta, Schulz si è confrontato con partner di business che già adottano un approccio Soa. «Non vivendo una situazione di crisi, tutt’altro – ha precisato -, ci siamo limitati a far evolvere i sistemi. In questo modo, non è stato difficile far accettare al management l’idea di aprire il nostro sistema. La strada è solo all’inizio, abbiamo ancora molto da fare».

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