Chi non investe in It sa di poter perdere dati

Uno studio mondiale promosso da Emc rivela che le aziende non confidano di poter contrastare episodi di downtime inattesi, le falle nella sicurezza e il rischio di perdita di dati. Fanno eccezione quelle cinesi.

Emc ha presentato i risultati di una ricerca indipendente in tema di strategie e progetti It adottati da società e pubbliche amministrazioni di tutto il mondo da cui emerge un dato allarmante sulla mancanza di fiducia nei confronti della capacità di contrastare episodi di dowtine inattesi, falle nella sicurezza e perdita dei dati.

A causa della riduzione degli investimenti, infatti, le infrastrutture It faticano a fronteggiare incidenti come questi, evidenziando l’assoluto bisogno di ricorrere a strategie finalizzate alla realizzazione di infrastrutture It affidabili.

Lo studio Global It Trust Curve, promosso da Emc e realizzato da Vanson Bourne, ha raccolto 3.200 interviste in 16 paesi, fra cui l’Italia.

La Cina è davanti
Il paese che ha ottenuto il punteggio più elevato in quanto a livello di maturità è stata la Cina: i decision maker It cinesi hanno infatti dichiarato di implementare la più elevata concentrazione di tecnologie sofisticate per la disponibilità continuativa, la sicurezza avanzata e le funzioni di backup e recovery integrate. Al secondo posto si sono posizionati gli Stati Uniti. Il Giappone è risultato ultimo.

I dati
In circa la metà dei casi (45%), gli intervistati riportano come i rispettivi senior executive nutrano dubbi circa le effettive capacità di garantire realmente disponibilità, sicurezza, backup e recovery. La percentuale in Italia sale al 51%.

A livello globale il 19%, cita una generale assenza di fiducia nei confronti della propria infrastruttura tecnologica; un valore che in Italia sale al 22%.

La percentuale globale di chi considera la divisione It quale motore per una futura infrastruttura resiliente e sicura è pari al 70%; ciò nonostante si scende al 50% per i business decision maker. In Italia ciò vale al 78% per gli It decision maker, al 41% per i business decision maker.

Un analogo divario di percezione emerge nelle discipline chiave, come la sicurezza. Mentre il 23% di tutti gli intervistati (28% in Italia) ha riferito di essere stato vittima di una falla nella sicurezza negli ultimi 12 mesi, la percentuale presenta variazioni se suddivisa: 27% per gli It decision maker, e solo 19% per i business decision maker, a indicare di come questi ultimi non siano consapevoli di tutti gli incidenti tecnologici che impattano sull’attività.

Il 61% delle imprese coinvolte nello studio ha subìto negli ultimi 12 mesi almeno uno dei seguenti tipi di problemi: downtime inatteso (37%), falle nella sicurezza (23%), sottrazioni di dati (29%).
In Italia, le percentuali cambiano: downtime inatteso (37%), falle nella sicurezza (28%), sottrazioni di dati (34%) per il 65% delle imprese.

Le quattro principali conseguenze ai problemi sopra elencati riguardano: perdita di produttività del personale (45%), perdita di profitti (39%), perdita di customer loyalty (32%) e perdita di nuove opportunità di business (27%).
Per quanto concerne l’Italia: perdita di produttività del personale (40%), perdita di profitti (40%), perdita di nuove opportunità di business (35%), perdita di customer loyalty (32%).

Le limitazioni di budget (52%) rappresentano a livello globale l’ostacolo primario all’implementazione di soluzioni di disponibilità continuativa, sicurezza avanzata, backup e recovery integrati.
Limiti di risorse e/o workload (35%), scarsa pianificazione (33%) e conoscenza e competenze (32%) completano le principali quattro motivazioni.

Il solo Paese a non considerare il budget come freno è la Cina, per la quale il problema maggiore è invece legato alle limitazioni di risorse e/o workload (50%).

In Italia, gli ostacoli primari sono considerati budget (48%), limitazioni di risorse e/o workload (38%), conoscenza e competenze (37%), e pianificazione e anticipazione (33%).

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