Chi non intende provare

Pur alimentando le fila del fronte avverso all’outsourcing, Ups ha un approccio più morbido rispetto alle altre imprese interpellate: non si tratta, in realtà, di un vero e proprio rifiuto dettato da dubbi o pessimismo, quanto, piuttosto, di un’imposta …

Pur alimentando le fila del fronte avverso
all’outsourcing, Ups ha un approccio più morbido rispetto alle altre imprese
interpellate: non si tratta, in realtà, di un vero e proprio rifiuto dettato da
dubbi o pessimismo, quanto, piuttosto, di un’impostazione aziendale. La società,
infatti, intende continuare a gestire in house quello che ritiene uno dei propri
core aspect. Un convincimento sottolineato dalle cifre, in quanto Ups, per
supportare al meglio gli oltre 13 milioni di consegne mondiali giornaliere,
negli ultimi 15 anni ha investito in Ict circa 1 miliardo di dollari,
realizzando un’imponente infrastruttura, che si avvale, tra l’altro, del più
grande database Db2 privato esistente al mondo (120mila Gbyte di dati in
memoria). L’integrazione di networking, comunicazione e informatica è garantita
da una business unit dedicata che conta quasi 8mila specialisti It.


La nostra multinazionale è presente in oltre 200 paesi con milioni di
clienti
– ha esordito Marco Zappulli, marketing manager di Ups Italia –
e i volumi di lavoro che ci competono sarebbero un grosso ostacolo
all’esternalizzazione dell’infrastruttura tecnologica
”.
Per la United
Parcel Service l’It è un vero e proprio must e ne danno testimonianza i servizi
messi a punto negli ultimi anni. Oltre alle attività di spedizione, infatti, il
corriere è in grado di gestire e riorganizzare molti dei processi di supply
chain dei propri clienti che, se studiati approfonditamente con questi ultimi,
possono anche condurre all’outsourcing dell’intera catena logistica.


Se è possibile, quindi, pensare a Ups come alla “retroguardia” di questa
sorta di fronte ideologico contrario a esternalizzare il proprio sistema
informativo, la prima linea è, invece, costituita da Velux e da iGuzzini.
Entrambe le aziende sono accomunate da un deciso rifiuto. Se per Velux, come per
Ups, l’It rappresenta un core aspect, tale motivazione non costituisce
certamente l’unica ragione che ha convinto la società a non abbracciare il
paradigma dell’esternalizzazione. Secondo Massimo Buccilli, consigliere delegato
di Velux Italia, il problema principale è rappresentato dalla sicurezza.
Siamo leader nel nostro mercato – ha detto il manager – e
disponiamo, quindi, di dati particolarmente riservati. Siamo perfettamente
consapevoli dell’esistenza di accorgimenti e clausole presenti nei contratti di
outsourcing a tutela dei clienti, che impongono ai fornitori segretezza e
confidenzialità, ma non li riteniamo sufficienti. Il fatto che queste
informazioni, per noi estremamente sensibili, siano gestite da terzi non ci
rende tranquilli
”.


Dello stesso avviso è anche iGuzzini. A parere del responsabile It, Emilio
Alfei, “oggi nessuno può mettere in discussione l’assunto che l’It sia il
perno di tutte le attività di un’azienda, ma l’esternalizzazione del data center
è un’operazione che necessita di un’attenta riflessione e che potrebbe
comportare delle incognite per quanto riguarda la sicurezza dei dati. Potrebbe
succedere che le informazioni sensibili vengano viste da personale non
autorizzato. Non si può rischiare di far finire il patrimonio informativo nelle
mani della concorrenza
”.
Alfei ha rincarato la dose, sottolineando che
“in termini di trasmissione dati non esiste ancora la maturità necessaria per
potersi affidare a questo tipo di servizio”. La difficoltà starebbe, in primo
luogo, nella scarsa disponibilità di banda. “Le nostre dorsali interne
– ha specificato il manager – collegano i tre gruppi di uffici presenti
nell’area dello stabilimento, con tecnologia in fibra ottica a 1 Gbit. Stiamo,
inoltre, realizzando un ponte laser a 100 Mbit per mettere in rete uno
stabilimento sito a 3 km dalla sede principale. Non vedo quale sourcer sarebbe
in grado di fornire questo tipo di connettività, per non parlare dei
costi
”.


L’It manager di iGuzzini ha citato, inoltre, le difficoltà che si incontrano
nella ricerca di connessioni ad alta velocità per le filiali europee del gruppo.
Vista l’impossibilità dell’odierno Hdsl di garantire questo tipo di
connettività, l’unica soluzione risiede nell’utilizzo di linee Cdn (Content
delivey network) dedicate, ma in questo modo, i possibili benefici derivanti
dall’outsourcing troverebbero serie difficoltà a controbilanciare l’enorme
investimento
”, ha spiegato Alfei.
Altro dubbio riguarda la business
continuity per un’azienda con nove filiali in Europa, che acquisisce circa il
90% degli ordini giornalieri attraverso il sistema informatico. “Trovarsi
con i terminali bloccati significherebbe lasciare spazio alla concorrenza
”,
ha ribadito.
Anche il lato della riduzione dei costi viene visto come una
questione variabile a seconda del livello di servizio di cui si necessita. Se
l’outsourcing si lega alla sola finalità di abbattere la spesa, allora l’esborso
potrebbe essere ridotto anche continuando a gestire i sistemi in house, senza
mettere in gioco gli Sla (Service level agreement).


Quello che spesso avviene – ha concluso il manager – è che
l’outsourcing, specialmente all’interno di strutture It molto estese, con
qualche centinaio di dipendenti, svolge il ruolo di paravento quando in realtà
il fine è di operare una riorganizzazione del personale tesa a eliminare le
eventuali sacche di inefficienza
”. In questo caso, i tagli dei costi e
l’aumento delle performance deriverebbero non tanto dall’esternalizzazione dei
sistemi, bensì dall’efficienza recuperata.


Tali considerazioni non significano, tuttavia, che il secco no di Velux e di
iGuzzini si risolva nella diffidenza nei confronti delle collaborazioni esterne.
Velux – ha indicato Buccilli – non ha mai avuto problemi ad
avvalersi di partner esterni per consulenze o per lo sviluppo di particolari
progetti. Generalmente, però, se possiamo, preferiamo farlo in prima persona,
gestendo le situazioni secondo quella che è le nostra filosofia di lavoro
”.
Esempio di questo business model è la recente adozione da parte di Velux
dell’Erp di Sap, che è stato centralizzato in un data center del gruppo in
Danimarca. La società si è avvalsa degli skill e delle competenze di Accenture
per la realizzazione, e continua a utilizzare le risorse del system integrator
facendosi affiancare nello sviluppo, ma ha preferito mantenere la piena gestione
del sistema.

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