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Cosa fa un chatbot in azienda

Il 2016 è stato l’anno delle cosiddette conversational technologies, con Telegram che è stata la prima piattaforma a offrire un servizio attraverso i chatbot. In seguito Facebook li ha sviluppati ulteriormente, implementandoli e diffondendoli tra gli utenti.

Lo sviluppo delle applicazioni di messaggistica ha reso possibile la diffusione di questi strumenti automatizzati, consentendo l’evoluzione dei bot, dapprima a livello consumer, ora anche a livello enterprise.

Per inquadrare la portata del fenomeno soprattutto a livello aziendale, ne abbiamo parlato con Arthur Alfieri, Associate Partner di Machine Learning Reply.

Di fatto, un chatbot è un software capace di interfacciarsi da un lato con l’utente finale utilizzando il linguaggio naturale, ovvero simile a quello che viene utilizzato quotidianamente dalle persone, e dall’altro con i sistemi informatici, al fine di supportare l’impresa nelle sue diverse funzioni in modo efficiente ed innovativo.

Claudio Arthur Alfieri, Machine Learning Reply
Claudio Arthur Alfieri, Machine Learning Reply

Non è solo tecnologia, ma un nuovo canale di comunicazione verso il cliente, che sfrutta gli strumenti di machine learning per mettere in contatto l’azienda con i suoi stakeholder.

Normalmente il chatbot utilizza un’interfaccia testuale, ma è anche possibile integrare meccanismi di riconoscimento della voce, per un dialogo interattivo totalmente svolto attraverso il linguaggio naturale vocale.

Chatbot evoca semplicità

La forza del chatbot è la sua semplicità, che gli consente di essere utilizzato su vari ambiti, sia interni che esterni all’azienda, a condizione che sia presente un flusso già strutturato nel quale inserirlo.

Verso l’esterno, un chatbot ottimizza le comunicazioni, offre servizi, gestisce nuovi canali di vendita o di informazioni, oppure può essere di supporto nella configurazione di prodotti. Ma la tecnologia conversazionale di un chatbot può portare benefici anche internamente ad un’azienda, ad esempio verso i propri dipendenti o verso le reti di assistenza e vendita, consentendo ad esempio un’interfaccia unica verso un sistema complesso, sempre attiva e fruibile contemporaneamente da più utenti.

Un’anima con due tecnologie

Dal punto di vista tecnologico, all’interno del chatbot troviamo due elementi fondamentali: il Natural language understanding ed il Dialog Engine.

Il primo consente di tradurre, un po’ come un interprete, una frase trasmessa sotto forma di linguaggio naturale in un’informazione più strutturata con la quale è possibile operare in ambito informatico, e viceversa, in quanto il chatbot deve poi fornire un feedback comprensibile per l’utente.

Per la selezione della risposta si utilizza il Dialog Engine che può essere semplice, ad esempio un albero di scelte che guida l’utente passo passo attraverso stati predefiniti fino alla scelta finale, oppure complesso adottando tecniche evolute di gestione del dialogo basate su Deep Learning.

A corredo di questi due elementi che consentono di realizzare chatbot molto semplici, si possono inserire moduli più evoluti che aggiungono funzionalità cognitive al sistema, rendendolo più intelligente.

Stiamo parlando di funzionalità come l’Image Recognition, per ricevere e riconoscere immagini, oppure sistemi di raccomandazione che permettono di interagire in maniera più mirata e offrendo servizi e prodotti personalizzati.

Altre funzionalità avanzate di machine learning sono il riconoscimento degli stati d’animo dell’utente attraverso l’analisi del testo, del tono di voce o dell’immagine, ma anche la possibilità di cercare ed interpretare informazioni all’interno di documenti non strutturati.

 

chatbot

Tre destinazioni d’uso

I canali utilizzati dai chatbot sono tre: le piattaforme di messaggistica istantanea, i device di interfaccia IoT e i personal robot. Ad ognuno di questi corrispondono tre livelli di complessità d’interazione.

Le applicazioni di messaggistica, come Telegram, Messenger e Skype, sono le più utilizzate e le più semplici, in quanto prevedono solo l’utilizzo di un linguaggio testuale.

Nei device con interfaccia IoT, come gli strumenti proposti da Amazon (Amazon Echo) e Google (Google Home), si raggiunge un livello di complessità maggiore, in quanto il messaggio necessita di una conversione da testuale a vocale e viceversa.

Nel caso dei personal robot, subentra una interazione anche di tipo empatico. Come si può notare, a una maggiore semplicità di utilizzo da parte dell’utente, corrisponde una maggiore complessità tecnologica nel software del chatbot.

Configurare e vendere

Andando più nel dettaglio, le principali applicazioni di un chatbot possono riguardare l’ambito del product configurator, dove l’utente viene accompagnato nel flusso di configurazione di un prodotto, o lo smart customer support, dove, grazie ad un chatbot, le richieste iniziali degli utenti vengono filtrate e risolte in modo semplice e veloce, individuando l’ambito della richiesta e accedendo a un database con le risoluzioni dei claim: solo nel caso in cui il chatbot non sia in grado di risolvere il problema di un utente, la conversazione viene inoltrata ad un operatore.

Un chatbot è anche un utile strumento di supporto alle vendite, offrendo una navigazione dei prodotti nuova e interattiva, oltre che personalizzata, sulla base dei feedback dell’utente. La vendita si può anche concludere tramite chatbot, dal momento che è possibile integrarvi all’interno un meccanismo di pagamento.

Sul fronte interno ad una azienda, il chatbot può fornire svariati servizi a supporto del buon funzionamento e dell’ottimizzazione dei processi. Ad esempio, nell’ambito delle Risorse Umane, attraverso una chatbot si può effettuare un primo screening dei candidati per le posizioni aperte in azienda.

La tecnologia chatbot si applica a qualsiasi settore di mercato, in quanto tutte le aziende hanno un customer service, un’offerta di vendita e dei dipendenti da gestire.

Dubbi superati dall’innovazione

Spesso, osserva Alfieri, le aziende hanno delle perplessità sull’effettiva realizzabilità di un sistema tanto evoluto: «dal nostro punto di osservazione, vediamo che i dubbi vengono meno non appena si comprendono la portata innovativa e l’impatto positivo sullo sviluppo del business, sulla relazione con i clienti e sull’ottimizzazione dei processi interni».

Machine Learning Reply, rileva Alfieri, non si limita all’analisi di fattibilità del progetto e all’individuazione della migliore piattaforma da utilizzare sulla base dell’utenza target, «ma propone un approccio ecosistemico, che va oltre il contesto esclusivamente tecnologico, per offrire al cliente un canale che rappresenti al meglio la voce del brand nei confronti del consumatore».

Futuro bidirezionale

La sfida infatti è dare delle funzionalità avanzate al sistema chatbot, arrivando alla gestione del dialogo e dell’utente: è il caso del servizio di continuous learning, grazie al quale il chatbot continua a imparare dall’utente implementando le sue capacità d’interazione, o degli smart analitycs, che consentono di acquisire i dati del cliente classificandone i gusti e le preferenze.

In ottica marketing infatti, la bidirezionalità del chatbot consente sia di sviluppare nuovi prodotti o servizi per richieste per cui non c’è risposta sia di ricevere dal cliente un feedback su una offerta dell’azienda.

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